Futurismo e Treni
Collaudo
di Maurizio Scudiero
Il termine “collaudo” deriva dal latino ed è composto
da ‘cum’ e ‘laudare’, cioè ‘riempire di lodi’.
In tempi moderni, però, la parola ha assunto un
significato tecnologico, sperimentale: “controlla e vedi
se funziona, se ha i requisiti richiesti” (e non è il nostro
caso) ed un altro ‘figurato’ che sta a significare anche
la verifica di una ‘cifra poetica e figurativa’ (e questo è
propriamente il nostro caso).
È un significato, quest’ultimo, che fu spesso praticato
dal fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti,
quando doveva presentare una mostra o scrivere una
presentazione ad un libro futurista. Ottenere, insomma,
il ‘collaudo’ da parte di Marinetti era non solo un grande
onore, ma anche la conferma del valore del proprio lavoro,
pittorico o poetico.
E dunque, qui, sulle tracce di Marinetti, mi appresto
molto più modestamente a collaudare questa mostra
a tema su Futurismo e treni, un rapporto certo non inventato
per l’occasione, ma che ha una precisa motivazione
‘in nuce’, cioè nei dettami, o meglio nel DNA, del
Futurismo.
Il treno, infatti, fu il primo mezzo di locomozione che,
verso la metà del XIX secolo (in alcuni casi anche prima,
come la linea Napoli-Portici del 1839) andò ad alterare,
se non a violentare, la tranquillità dei siti naturali.
Il treno con il suo rumore di ‘ferro su ferro’ squarciò il
millenario silenzio che regnava nelle valli, sulle pianure,
ed anche nelle periferie delle città. Al rumore del treno
si ispirò Luigi Russolo autore del libro “L’Arte dei rumori”
ed inventore della ‘musica futurista’, appunto ‘composta
e suonata’ con i rumori prodotti da macchinari da lui
concepiti e denominati ‘intona-rumori’. Del resto, quale
poteva essere la colonna sonora della modernità se
non quella dei rumori… rumori di treni, automobili, motociclette,
aerei, fabbriche ed altri macchinari. Insomma
il rumore del Progresso!
A ben vedere l’innovazione più futurista di tutte fu
proprio quella della ‘musica futurista’.
Ma il treno non è solo ‘rumore’. Il treno è anche una
macchina che si muove in velocità, e la velocità, se analizzata
pittoricamente, è il fondamento del ‘dinamismo’
e produce effetti di simultaneità.
Insomma, nel treno troviamo il vero DNA del
Futurismo, proprio perché a differenza dei ritratti dinamici
o dei paesaggi scomposti, il treno racchiude appunto
la triade degli effetti propriamente futuristi connessi
alla velocità.
E questa mostra, sul tema del treno e correlati, presenta
una serie di opere esemplari.
Il treno, infatti, campeggia frontalmente sul pannello
centrale degli ‘Stati d’animo’ di Boccioni, sia nella versione
dipinta che in quella xilografica (1911), perché
il treno è il tramite della situazione in essere, cioè la
partenza, e l’addio, con il conseguente stato d’animo…
Invece molto più attinente al personaggio (il treno) è il
dipinto di Russolo (sempre del 1911) che appunto vuole
rappresentare il ‘Dinamismo di un treno in corsa’, ma
nella notte, con una scomposizione dell’immagine che
vuole suggerire il movimento simultaneo di un corpo
nello spazio.
Sempre in corsa sono anche i treni di Baldessari
(del 1916), di Corona (del 1919) e di Pippo Rizzo (del
1929), ma ognuno nella sua specifica, e differente,
resa dinamica. Baldessari non vuole de-figurare il treno,
ma piuttosto suggerirne il movimento con l’uso delle
‘linee-forza’ Boccioniane, che sono come dei tagli che
intersecano l’immagine e ne determinano come degli
sfasamenti ottici quasi a scomporre la forma stessa del
treno. E questo effetto rende l’idea del movimento.
Quello di Corona, invece, dal punto di vista della
‘leggibilità dell’immagine’ è certamente il più complesso
ma al tempo stesso forse quello che più di tutti fa veramente
pensare alla scansione del movimento, cioè alla
forma del treno che viene fissata più volte, in sovrapposizione
ed anche in successione, ed il tutto come se il
treno fosse infilato nella galleria del vento: fatto questo
suggerito da tutte le linee andamentali della velocità.
Infine, Pippo Rizzo: alla fissità del ‘muso’ della locomotiva,
il futurista siciliano aggiunge la fila dei vagoni colti
in una lunga curva, anche qui, nella loro scansione dinamica
a suggerirne la velocità.
E per questi tre autori e le loro opere il collaudo è
più che positivo.
Ma veniamo ora a chi io ho più volte definito
‘il più statico dei futuristi’: Fortunato Depero.
Che tipo di treno in velocità potrà mai essere il suo? E
infatti, Depero non lavora sugli effetti dinamici del treno,
ma piuttosto su quello che il treno sta ‘futuristicamente’
a significare in quanto segno forte della modernità. E si
veda, prima fra tutti, la sua “Subway” altrimenti titolata
anche “Folla ai treni sotterranei”, e si capirà immediatamente
come il treno sia qui il paradigma della città futura
e moderna, una modernità riaffermata anche nel dipinto
“I bevitori e la locomotiva” nel quale si assiste all’incontro
tra il ‘mezzo meccanico’ e gli ‘uomini meccanici’, fulgido
esempio di un futuro d’acciaio. Ma Depero, spesso, è
anche spiazzante e ne è un esempio il plastico disegno
del “Treno partorito dal sole”. Ma può un treno essere
partorito dal sole? Per il Depero che alla soglia del 1924
è in pieno clima di ‘riflussi naturali’, cioè di abbinamenti
meccanici e flora tropicale pare che la cosa sia fattibile,
e se sortisce questo tipo di opere, probabilmente lo è…
Ma, quel ‘mago del colore’ che è Depero è subito
tallonato da alcune opere rutilanti di Giulio D’Anna, che
usa il treno per attraversare la Sicilia in lungo e in largo
e regalarci visioni di sogno, fatte di luce e colori mediterranei.
Fra le sue opere in mostra una su tutte: “Treno
in velocità + stazione + paesaggio” che è esemplare del
suo scomporre lo spazio visivo in forme e colori come
in un mosaico.
La mostra però vede altri artisti che in maniera
più o meno esplicita hanno usato il treno per
le loro opere. Ad esempio nel disegno di Carlo
Carrà del 1913 il treno non c’è! Però c‘è una
“sintesi di paesaggio di velocità da un treno”, ovvero
il treno è stato il mezzo per ottenere un nuovo senso
della visione, che poi è questo paesaggio irriconoscibile
proprio perché deturpato dalla velocità che ne ha
mescolato le forme per una nuova idea di visione.
Allo stesso modo Futurluca (un allievo di Balla) ci
regala una visione multicolore e un po’ astratta di una
stazione ferroviaria. Anche qui il treno non c’è, ma il
turbinìo di forme e colori ne suggerisce comunque la
presenza dinamica.
Per chiudere questo ‘collaudo’ degli artisti più rappresentati
nella mostra (ma ve ne sono altri ancora di
interessanti, tra i quali Conti, Ciacelli, Erba e Sironi),
va citato l’articolato, e quasi futur-surreale “collage di
paesaggio urbano” di Vinicio Paladini, nel quale il treno
dialoga a distanza con un’automobile in un paesaggio
spoglio ma floreale. È questa forse l’opera più geometrica,
quasi asettica nel suo rigore costruttivo, un rigore
che attraversa del resto tutta l’opera di questo artista
tra Futurismo e Costruttivismo.
Fine del Collaudo.
“ Avevamo vegliato tutta la notte – i miei amici ed io –
sotto lampade di moschea dalle cupole di ottone traforato…
Sussultammo ad un tratto, all’udire il rumore formidabile degli enormi
tramvai a due piani, che passano sobbalzando,
risplendenti di luci multicolori…
Soli coi fuochisti che s’agitano davanti ai forni infernali…
soli coi neri fantasmi che frugano nelle pance arroventate delle
locomotive lanciate a pazza corsa...
Noi canteremo… le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle
rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi… ”
Filippo Tommaso Marinetti
dal Manifesto di Fondazione del Futurismo
(pubblicato su “Le Figaro”, Parigi, 23 febbraio 1909)
OPERE
Info Mostra
Railways in Art
dal 20 aprile al 30 settembre 2023
Roma, Futurism & Co. Art Gallery Rome