FORTUNATO DEPERO E PETER HALLEY
L'astrazione geometrica e energetica come soggetto confinato
Giancarlo Carpi
Nel redigere il testo per questa mostra dove abbiamo accostato quadri di Fortunato Depero e di Peter Halley
ripenso alla prima mostra che sullo stesso tema curai con Graziano Menolascina nel 2014 nella Galleria In
Arco di Torino. Questa potrebbe esserne non tanto una riproposizione ma quasi un remake o un reboot.
Nel senso che cercando con opere diverse di attivare lo stesso dialogo di rapporti e consonanze, usando di fatto lo
stile di uno per interpretare l'altro e viceversa questa volta stiamo riproducendo l'estetica di quell'accostamento con
quadri diversi. Non si tratta di una seconda puntata dell'incontro tra questi due artisti ma appunto di un remake.
Una certa aria di famiglia tira tra il remake e la "simulazione" artistica pur non essendo la stessa cosa. E appunto
nel contesto della "simulazione" degli stili artistici del passato, nella New York degli anni Ottanta, prende avvio il
lavoro e la riflessione di Peter Halley, nel clima di un astrattismo pop concettuale che ebbe come centro espositivo e
propulsore la International With Monument e poi la galleria di Ileana Sonnabend che nel 1986 presentò la storica
mostra con Peter Halley, Jeef Koons, Ashley Bickerton e Meyer Vaisman e poi la definizione di Neo-Geo. Nel primo
articolo che scrissi sulle ragioni e sul tema di questo inedito accostamento ero mosso dalla volontà di sottolineare
alcuni legami e assonanze intorno al tema della personificazione, del feticcio e delle merci, muovendo sostanzialmente
dal carattere "animato" dell'astrattismo deperiano degli anni 10 e poi dalla definizione, in Depero, di
un vero e proprio "personaggio" applicato a contesti diversi sia nel quadro che applicato appunto all'industria,
nell'editoria. Credo che quella riflessione possa essere valida anche oggi sintetizzando il fatto che la Neo-Geo, e
gli anni Ottanta, appaiono anche come un momento di passaggio tra l'estrema anticipazione pop di Depero, dai
Venti ai Quaranta, basata su relazioni di personificazione delle merci e di oggettificazione dell'uomo, e il ritorno di
questi temi nel Neo-Pop giapponese, che dalla Neo-Geo in qualche misura prende le mosse nei primi anni Novanta.
Neo-Pop che, soprattutto, ripropone la simulazione degli "stili" del passato, praticata appunto da Vaisman, da
Halley, ma anche da Sherrie Levine, come simulazione del personaggio commerciale. Il Dob di Takashi Murakami
simula Mickey Mouse con un effetto di "fallimento" dell'emulazione che coincideva con la riproduzione amatoriale
e emarginata degli otaku movimentando un'intera storia culturale, iniziata con il dopoguerra e la "colonizzazione
culturale" americana del Giappone. In chiave di "alienazione", intesa come resa del soggetto vivente in forme
semplici, elementari, quindi "semi-astratte", mi spingevo in quella riflessione anche a sottolineare certo carattere di
vita della "conformazione astratta" sia nell'astrattismo futurista di Depero che nelle griglie delle composizioni di Peter
Halley. Ma osservo ora come questo fil rouge dell'alienazione nella Neo-Geo fu davvero evidente piuttosto nei
celebri anch'essi lavori di Ashley Bickerton, Tormented Self Potrait 1987-1988. Dove inoltre mi sembra fondamentale
l'affacciarsi di un legame di alienazione specificamente tra Logo e "animazione" - vedendosi un feticcio, un
oggetto non chiaramente riconoscibile come fosse un corpo umano o una faccia, forme alienate, dunque. Alienate
dai loghi che le tappezzano. Un rapporto come di umanità alienata dentro un logo sarà realizzato da Murakami
pochi anni dopo in Signboard Tamiya, 1991. È qui che, con uno scatto ulteriore, l'effetto di emulazione - il logo
Murakami che simula il logo Tamiya sostituendovisi - si presenta come emulazione fallita e questa con il carattere
della presenza umana alienata.
Mi rendo conto di aver messo sul tavolo una certa quantità di riferimenti anche cronologicamente distanti
tra di loro. Tuttavia quelle enucleate sono le coordinate e le categorie che a mio parere appaiono e ritornano 1)
nell’estremo sperimentalismo pre-pop, o di fatto pop ante litteram, di Depero, 2) nell’astrazione simulazionista di
Halley, e poi 3) nel neo-pop di Takashi Murakami. Ci sono aspetti di Kitsch dentro questo “concettualismo pop”
(definizione ampia valida almeno per Neo-Geo e Neo-Pop) che sono caratteristici solamente della Neo-Geo, e ne
fanno un’estetica specifica. Come ci sono forti aspetti di cuteness nel Neo-Pop, ma anche una comunanza e una
continuità tra i due. Si può scrutare il legame tra Depero e Peter Halley a partire da un livello soprattutto simbolico e
iconografico, come pure si può fare con profitto rileggendo l’astrattismo geometrico deperiano dell’arte meccanica
futurista alla luce del Fascismo e le “prigioni” o “celle” di Peter Halley come metafora del vivere umano condizionato
dalla struttura capitalistica della società4. Credo sia soprattutto importante, però, riportare questo motivo profondo
alla tipologia di un astrattismo che è comune per due ragioni: la compresenza di un livello figurativo e di un livello
astratto, e poi la presenza umana come impaginata dentro l’immagine. L’astrattismo meccanico e geometrico
futurista degli anni Venti non nacque solo con un intento ricostruttivo dell’immagine, ma anche all’interno e come
sviluppo della poetica futurista del rapporto di compenetrazione tra l’uomo e la macchina, articolata da Marinetti
già nei primi anni Dieci. Sicché molto spesso le composizioni geometriche di un Depero, di un Diulgheroff o di un
Prampolini negli anni Venti sembrano condizionare un soggetto organico, e in Halley le celle non sono solo celle
ma anche condizione e rappresentazione dell’essere umano. Proprio qui il rifermento ad Halley, in queste griglie e
condotti nelle cui geometrie l’essere umano è insieme rappresentato e confinato, e nei quali può vedersi appunto,
un soggetto “sottostante”, o rappresentato nei termini di una composizione astratta che lo limita. In particolare le
campiture piatte, il cromatismo acceso di Depero sono più prossimi ad Halley, tanto che proprio nell’uso del colore
l’americano ha affermato di sentirsi vicino a Depero5. Inoltre credo che le “strutture di collegamento, i “conduits”, i
“condotti”, essendo in essi anche un valore energetico, siano un altro motivo di vicinanza precisamente con il carattere
energetico dell’astrazione geometrica futurista e in particolare di Depero. Si tratta in altri termini anche di guardare
le composizioni di Halley a partire da un’idea di circolazione ed emanazione dell’energia, come ci suggerisce
il suo interesse in senso lato per le nuove tecnologie digitali degli anni Novanta e per i videogames, e poi con l’uso,
esteticamente motivato solo nel quadro della Neo-Geo, di un livello stordente e repulsivo, di vernici fluorescenti.
Ma si può vedere una continuità anche tra l'antigrazioso futurista e i colori fluo e i materiali lowbrow di Halley.
FORTUNATO DEPERO E PETER HALLEY
Una scena illuminante
Graziano Menolascina
Prima di parlare della mostra Depero-Halley, e delle eventuali analogie che vedono entrambi protagonisti in
questa esposizione, mi soffermerei sulla modalità pittorica altamente intellettuale di Peter Halley. Sin da ragazzo
ha sempre amato dipingere, appartenendo a quella generazione di tradizione geometrica americana.
Le sue composizioni raffigurano condotti e percorrono palazzi, rappresentano la civiltà moderna, un risultato artistico
dalle cadenze labirintiche e meccaniche. Interessato ad un certo tipo di astrazione, molto vicina a Mondrian,
Barnett Newman o Frank Stella. Gli autori con i quali ha condiviso lo stesso pensiero sono i filosofi Foucault, Baudrillard
e Debord, che come lui in un'altra disciplina stanno cercando di esaminare lo spazio della nostra società.
La maggior parte del suo apprendistato e della sua formazione artistica avviene proprio a New York, dove tutt'ora
vive e lavora, ma scavando nel profondo della sua carriera, si può intuire che avendo osservato molti personaggi
che in quel periodo guardavano l'Europa, sia nato in lui un modo di fare arte molto vicina alla maniera europea
rispetto agli altri artisti americani.
Albers e Max Bill sono stati dei riferimenti importanti proprio perchè presupponevano l'idea di una relazione tra
l'astrazione geometrica e la teoria sociale. Questa teoria può essere vista come una tendenza europea dagli anni
Venti ai Sessanta, ad intervalli. Infatti proprio negli anni Sessanta si vedeva la tecnologia come qualcosa di liberatorio,
e il fallimento della fede nella stessa è probabilmente la maggiore illusione di quegli anni. Lo stesso fenomeno
accadde per il Neoplasticismo e il Costruttivismo, che teorizzavano la tecnologia e la geometria razionale come un
idea che avrebbe portato migliorie nella società. Come d'altronde nel movimento futurista che basava la propria
concezione estetica sul dinamismo, sul culto della modernità e della tecnica in contrasto polemico con ogni forma
di tradizionalismo nelle arti.
Per Halley il concetto di astrazione definisce una situazione ancora inesistente, un ambiente totalitario e
razionalizzato.
Credo che questo sia uno dei punti d'incontro con le teorie artistiche di Fortunato Depero che sin dagli anni
Dieci sviluppa una forma astratto-analogica e la rappresentazione di quel mondo ancora inesistente.
È evidente che il rapporto Depero-Halley è la messa in atto di una modalità esperenziale e conoscitiva del tutto
sinestetica. Una percezione della realtà quasi musicale. Le loro impressioni visive, si tramutano in eventi sonori,
o meglio in sinfonie di rumori. Un incontro tra solidi e liquidi dai colori vivacissimi che rappresentano simbologie
dell'infinito. Nonostante la diversità cronologica, entrambi si prefiggono di realizzare uno spazio stereometrico, di
effetti cromatici che scaturiscono movimenti coreografici, solo in parte previsti, che trovano il loro naturale completamento
nella vegetazione urbana, tropicale e meccanica.
Infatti il Day-Glo, invezione industriale utilizzata nell'ultimo decennio da Halley, come ad esempio l'opera "Gray
Cell" del 1999, ci rimanda all'autunno del 1928 quando Depero si imbarca per gli Stati Uniti attratto da quella
terra che molti artisti consideravano l'emblema di modernità e progresso. New York la città d'acciaio, una vera e
propria metropoli futurista, descritta dallo stesso Depero come in " The New Babel" del 1930 attraverso una serie di
rappresentazioni di ingranaggi, tubi, scale e grattacieli che esplodono in ogni direzione. La descrizione di ambienti
notturni, mai dormienti in continua evoluzione, tunnel sotterannei, l'immagine di una situazione quasi caotica e
rumorosa lo stesso rumore che si percepisce nelle composizioni di Halley.
Si pensi anche alle numerose copertine pubblicitarie realizzate per Vogue e Vanity Fair nelle quali Depero utilizza
colori con la stessa funzione commerciale e pratica presente nel Day-Glo. Un concetto di colorazione utilizzato
addirittura sulle auto della polizia londinese, inoltre ha una tradizione culturale legata sia alla psichedelia che alla
Pop art. Infatti Andy Warhol o lo stesso Frank Stella lo usavano abbondantemente. Halley sperimenta con la volontà
di realizzare opere che esprimessero una luce quasi tecnologica, insieme all'utilizzo del Roll-a-Tex soprattutto per
la definizione dei condotti rappresentati in maniera intellettuale e non schematica. Una delle premesse è proprio
quella di rappresentare lo spazio diagrammatico, piatto, bidimensionale più importante degli oggetti tridimensionali
che vi si trovano. Infatti Halley definisce i suoi lavori pittorici: sculture piatte.
Accostando i due artisti in questione si giunge quasi alla visione di una scena teatrale, alla visione di un grande
palcoscenico a volte sovra-popolato a volte desolato.
Un prodotto robotico e meccanizzato come le rappresentazioni di Anton Giulio Bragaglia che concepiva il
teatro come un momento di fusione della pittura, della scultura, e dell'arte dei suoni. Tutte azioni che ritroviamo
sia in Depero che in Halley. La creazione di una struttura scenica dalle rapide successioni, dai molteplici luoghi
e atmosfere magiche, sfiorano quasi l'assurdo. Direi inoltre che entrambi rappresentano in maniera compiuta le
sensazioni e le emozioni derivanti dal dinamismo della vita moderna, con una spiccata nota di lucidità, mediante
la visualizzazione del continuo movimento tende a farsi spettacolo, ossia dramma. Entrambi creano una scena
apparentemente semplice ma che nasconde una struttura architettonica elettromeccanica incolore, vivificata potentemente
da emanazioni cromatiche di una forte luminosità generale, prodotta da riflettori artificiali, multicolori,
coordinati analogicamente alla psiche. L'irradiazione luminosa di questi fasci e piani di luce colorata, le combinazioni
dinamiche di queste fughe cromatiche, danno risultati meravigliosi di compenetrazioni e di intersecazioni di
luci e ombre, creando vuoti d'abbandono e corporeità luminose di esultanza.
La scena illuminata da Fortunato Depero si accosta alla scena illuminante di Peter Halley che porta ad una
espressione luminosa che irradia di tutta la sua forza emotiva i colori necessari all'azione della vita.
DEPERO - HALLEY
Ambiti diversi, ambiti simili
Maurizio Scudiero
Sarebbe stato facile accostare semplicemente le opere di un futurista convertitosi all'astratto come Giovanni
Korompay e quelle di Peter Halley: stesse strutture geometrizzanti, linearismo, tinte piatte, più pacate quelle
di Korompay e più elettriche quelle di Halley. I confronti e le convergenze sarebbero state esemplari e comprensibili
anche ai più distratti.
E invece Giancarlo Carpi e Graziano Menolascina già nel 2014 avevano pensato ad un accostamento ben più
(apparentemente) azzardato, se non equilibrista, come quello tra Fortunato Depero e Peter Halley, e vi avevano
anche organizzato una mostra a Torino.
Questo accostamento viveva, e vive oggi, qui, a Roma, sulla base di "sintomi", "concetti" e "pensieri", piuttosto
che per sinergie iconiche, anche se, a prima vista, sembra che fra i due artisti vi sia proprio un fil-rouge di natura
iconica in gran parte dovuto al medesimo uso delle tinte piatte, una modalità flatness che Depero usò principalmente
per le sue creazioni pubblicitarie realizzate a collage di carte colorate.
Data la permanenza di Depero a New York sul finire degli anni Venti (1928-1930) va considerata la non remota
possibilità che i lavori venduti all'epoca in seguito possano essere stati visti dai primi Pop-artisti, e dunque che
grazie alla loro azione di recupero sia stato possibile che il nome di Depero nel corso degli anni Ottanta, sempre
a New York, sia entrato di fatto in quel clima di "simulazione degli stili artistici del passato", simulazione operata
tra gli altri anche da Peter Halley.
È chiaro che giunti a questo punto non si può più parlare di sinergie iconiche, ma piuttosto di rielaborazione
concettuale dell'attitudine pubblicitaria di Depero.
Questo riferimento a Depero era anche mosso da presunti link (assonanze) intorno al tema della personificazione,
del feticcio e delle merci, muovendo sostanzialmente dal carattere "animato" dell'astrattismo deperiano
addirittura degli anni Dieci del secolo scorso. Dove, io suppongo, per carattere animato ci si riferiva alle astrazioni
animali di carattere analogico che Depero realizzò quando era in un certo senso "a bottega" da Giacomo Balla tra
il 1914 ed il 1916, piuttosto che ai personaggi tipo "cartoons" dei Balli Plastici.
Passando poi agli anni Venti, si potrebbe anche citare la "natura meccanico-robotica" dei personaggi deperiani,
che certo non trova corrispettivi in Halley per il semplice fatto che quella di Halley non è una pittura figurativa, ma le
sue "griglie" sono peraltro il sintomo di una società architettonicamente programmata ed industrializzata, dunque
a sua modo meccanica.
Inoltre, data anche l'adesione di Halley al Neo-Geo, ed alla sua riflessione sull'alienazione delle società moderne,
non si può non pensare alla visione futuribile, ed a suo modo istantanea di una società alienante, presente
in un'opera di Depero come Anihccam del 3000, del 1926, (dove Anihccam sta per Macchina letto a ritroso) che
vede un'umanità d'acciaio che litiga come degli ubriachi all'osteria.
Meccanica e futura... fredda come l'acciaio e alienata... si... ma con una nota di ironia in Depero.
Scrive Depero nel 1927, "Mi dispiace non essere costruito d'acciaio e somigliare alla macchina e prolungare a
10 secoli la mia esistenza"... ed anche "La macchina ha ispirato un'arte nuova, nostra ed originale, monda d'ogni
sussidio tradizionale"... ed ancora "La nostra arte sarà figlia delle macchine". Sono solo alcuni passaggi da un
lungo testo, anzi un manifesto programmatico titolato W la Macchina e lo Stile d'acciaio appunto pubblicato nel famoso
"libro bullonato", libro meccanico per eccellenza. Si tratta di un brano di una chiarezza "metallica". Un'affermazione
di pieno amore non solo per l'aspetto meccanico del mondo moderno, ma anche per i suoi possibili futuri
sviluppi robotico-meccanici, e, se visti da un'altra angolazione, anche l'avvento di una società alienata e distopica.
È in quest'ottica che l'idea futuribile di Depero può trovare un contraltare in Halley, nelle sue griglie, che determinano delle celle non in quanto tali ma in forma simbolica, rappresentativa della condizione dell'essere umano.
E poi vi è, infine, il dato cromatico. Se le campiture di Halley sembrano troppo accese oggi, nel terzo millennio, si
pensi ai collage di Depero per Campari, agli accostamenti dei viola con i gialli che già all'epoca avevano fatto sentenziare
ai redattori di una rivista come "Il Pugno nell'occhio" che "un cartello Depero si può vedere anche dall'altra
parte della strada" e inoltre che "la sua tavolozza ci arresta di colpo come se ci ficcassero le dita negli occhi".
E infatti che l'acceso cromatismo di Depero trovi un corrispettivo in quello di Halley, è confermato dallo stesso
Halley che in occasione della mostra di Torino del 2014 ha appunto affermato di "sentirsi vicino a Depero".
Quindi, questa mostra, oltre a ribadire l'attitudine pre-Pop di Depero, fa un ulteriore balzo in avanti e, complice
Peter Halley, proietta l'eredità del futurista fin dentro le avanguardie statunitensi degli anni Ottanta.
Insomma, Depero e Halley: storia di un incontro mancato, ma comunque ricostruito oggi.
D H
E A
P L
E L
R E
O Y
F
O
R
T
U
N
A
T
O
D
E
P
E
R
O
P
E
T
E
R
H
A
L
L
E
Y
Info Mostra
Depero Halley
FUTURISM & CO Art Gallery
Via Mario de' Fiori, 68
Roma, Italy
Tel. +39 06 6797382 +39 339 7945092 (Francesca)
+39 33+39 335 5333793 (Alessandro)
Mail: info@futurismandco.com
Sito web: http://www.futurismopisa.it/
Date della mostra:
11 ottobre 2019 – 9 febbraio 2020
Orari
Lunedì: 14.00 - 19.30 Martedì - Sabato: 11.30 - 19.30
Domenica e festivi solo per appuntamento