BRUNO MUNARI ENRICO PRAMPOLINI
MOVIMENTO, LUCE E CREATIVITA' INFANTILE
Graziano Menolascina
L'idea di mettere insieme in questo progetto espositivo Bruno Munari ed Enrico Prampolini,
nasce dall'aver scoperto un vecchio articolo pubblicato da A. M. Giannella nell'ottobre
del 1927 su La Domenica del Corriere, la quale parlava di un giovane artista che si definiva
futurista. Uno di quei giovani che avevano l'ambizione di collocare il proprio nome
accanto a quello di Boccioni, di Carrà, di Russolo, di Severini, di Balla, Prampolini, Dottori
e addirittura di Braque, Wlaminch e Pablo Picasso cubista quello di "L'Abreuvoir" o de
la "Femme à la mandolino", con più e in meglio una evidente chiarezza di espressione
interpretativa. Già un'opera all'epoca quell'ù un puntino rotondo come la palla di una
colubrina, le tre lettere onomatopeiche non sono un colpo di artiglieria, ma la firma posta
sulle opere da Bruno Munari. Non ha che diciannove anni ed è milanese, con la b e la m
minuscole, come si può leggere nelle sue carte da visita. Disegnatore meccanico e innamorato
della sua tecnica, egli ha cominciato dalla semplicità delle linee che vedeva nei
complicati congegni, gli elementi di un arte, che pur inquadrandosi nella catena futurista,
ha già manifestazioni simpaticamente personali, attraverso una limpida sensibilità umoristica,
aderente alla vita che si svolge sotto gli occhi osservatori dell'artista.
Ecco ad esempio, dei disegni suggeriti dagli aspetti dello sport, nei due "Boxeus" appare
evidente il gioco della forza muscolare dell'uno, le cui membra sono tutte tese all'impeto,
e l'effetto del colpo sull'avversario, che si capisce subito destinato ad essere knocked out;
e la stessa tensione, il medesimo impeto, l'eguale precisione di movimento scattato dal
calcio che in "Foot-baller" vibra al pallone; dalla travolgente fuga del "Motociclista", curvo
sopra il suo Pegaso d'acciaio, con gli occhi aggottati fieramente a guardare dinanzi la via
che deve divorare. I risultati pittorici sono ottenuti con dei coni e dei tronchi di coni, il più
semplicemente possibile; e si rivelano ancora, con viva agilità interpretativa, nelle contorsioni esatte dell'equilibrista. L'umorismo, che è spontanea base a codesto genere di
pittura, trae però le sue aspirazioni da tutte le fonti: un ricordo carducciano, forse balzato
tra le conversazioni degli amici del caffè, suggerisce a Munari una salda testa bovina "T'amo
o pio bove" ove i coni sono armonizzati con altri elementi geometrici, raggiungendo
un'espressività che prende del grottesco e insieme della naturalezza, e che s'accentua
nell'enorme bocca spalancata del "Vecchio", il quale sbadiglia portandosi lentamente la
mano tra il labbro sottile e il naso ciranesco; nella fisionomia aroma, sbucciante dell'impiegato
statale. Bum invade anche il campo del ritratto, e supera felicemente le formidabili
difficoltà che tale arte presenta: ne è esempio il ritratto di "Re Faud".
La gentile nota di poesia non manca, e il giovane pittore la trae dal giorno più sacro
dell'anno, la "Natività Cristiana", stilizzando a coni un presepe sopra una base a ferro di
cavallo, illuminata dalla stella che fu guida ai Magi adoratori. Bruno Munari è un temperamento
sincero, nella sua arte d'eccezione, ed è acceso da un inflessibile amore per
essa. Adorava Tommaso Filippo Marinetti, creatore del movimento futurista, come un dio;
e non si spaventava delle avversioni che incontrava. Egli creò perfino delle vere e proprie
sculture servendosi di pezzi di macchine, e ricavando da codesta armonizzazione di
elementi metallici gli stessi effetti di umorismo e di verità che attesta la sua pittura. Negli
anni a venire Designer, scultore e scrittore. Allontanandosi dal movimento futurista Munari
dedicandosi alla ricerca e all'approfondimento delle forme e dei colori ma soprattutto
all'autonomia estetica degli oggetti.
Oggi considerato uno dei massimi protagonisti dell'arte, del design e della grafica del 20°
secolo, ha mantenuto inalterata la sua estrosa creatività a sostegno dell'indagine costruttiva
della forma attraverso sperimentazioni visive e tattili, insieme, alla sua grande capacità
di comunicarla attraverso parole, oggetti, giocattoli. Tra le realizzazioni più emblematiche
le "Macchine inutili", congegni meccanici presentati come modelli sperimentali che indagano
sulle possibilità percettive, che fecero di Munari un precursore dell'optical art. La
ricerca non inquadrabile nelle categorie consuete, tende a una sorta d'ironico analismo,
mediante la continua sperimentazione di sempre nuovi strumenti di comunicazione.
Una poetica che si risolve in processo inventivo attraverso forme astratte semplici e pure,
per offrire all'uomo oggetti utili, non solo in senso materiale, ma anche intellettuale ed
estetico, nel tentativo di riassumere in essi le contrastanti istanze della tecnica, dell'arte,
della necessità e della libertà e dell'imprevisto nel ripetitivo.
Parallelamente Enrico Prampolini, nasce come pittore, scenografo e scrittore d'arte. Fu
uno dei più noti rappresentanti del futurismo, cui aderì dal 1912, contribuendovi con «manifesti
» e scritti polemici, caratterizzando fin dall'inizio la sua ricerca col prediligere come
mezzo espressivo il collage polimaterico. Dopo un periodo preparatorio in cui assimilò,
assieme agli elementi futuristi, quello del cubismo e dell'astrattismo, Prampolini si avviò
gradatamente attraverso forme puramente astratte e mezzi polimaterici, verso una rappresentazione
di visioni fantastiche di forte luminosità, oggetti e corpi cosmici, che simboleggiano
di fatto il potere dello spirito umano sulle forze naturali, attraverso i mezzi della
civiltà moderna e la sua compenetrazione con esse. Quella di Prampolini è stata una figura
fondamentale per quanto riguarda l'autonomia espressiva nell'arte, dedicatosi al Teatro
e ad alcune produzioni cinematografiche d'avanguardia come "La Principessa Olga,
Perfido incanto, Thais", in tutte le sue opere mirava a tramettere un equivalente visivo del
dinamismo moderno e la stessa essenza dinamica del reale, tenendo al superamento
dello spazio euclideo e dei tradizionali limiti della scultura e della pittura.
Come afferma nel manifesto "Un'arte nuova?" Costruzione assoluta di motore-rumore, se
si vogliono rappresentare in maniera compiuta le sensazioni e le emozioni derivanti dal
dinamismo della vita moderna, non sono più sufficienti i mezzi a disposizione delle singole
arti. A tal fine, bisogna realizzare delle costruzioni che ne comprendano tutte le caratteristiche,
ossia dei complessi plastici o costruzioni assolute moto e rumore, che compendino,
esprimano con equivalenti astratti la sensazione, l'emozione suscitateci da un qualunque
elemento realistico. Prampolini rifiuta il giocattolo meccanico caro a Depero e a
Balla, ma la sua moto-rumorizzata rimane un oggetto meccanico, che come giustamente
sottolinea Filiberto Menna è presente una notevole componente ludica che, mediante la
visualizzazione del movimento, tende a farsi teatro, ossia dramma plastico.
Nelle opere di Prampolini si evince l'amore per la scenografia, si crea una sorta di procedimento
analitico che sfocia in una composizione scenodinamica quadrimensionale,
caratterizzata dal predominio dell'elemento architettonico-spaziale e dall'intervento del
movimento ritmato quale elemento dinamico essenziale, creando delle vere e proprie
architetture cromatiche di grande suggestione.
Analizzando attentamente le opere di Enrico Prampolini, come ad esempio in: "Isole nello
spazio" e "Bonifica cosmica" entrambe degli anni trenta, ci sembra di entrare quasi in
un'altra dimensione. Sembra come essere all'interno di un grande globo scenico mai statico,
ma sempre in movimento, che crea una contorsione di superfici orizzontali, verticali,
oblique, polidimensionali, ritmate nello spazio.
È evidente che siamo difronte a due rivoluzionari considerati avanguardisti, sempre pronti
a sviluppare in ogni occasione quel modus di fare arte fuori dai canoni tradizionali. Sia in
Prampolini che in Munari ritroviamo sempre quegli elementi che ci riportano ad una sorta di astrattismo geometrico, dove i ritmi degli oggetti scandiscono sempre una grande
musicalità nello spazio, dando vita a delle composizioni pittoriche uniche e sole nel loro
genere, stimolando sempre nello spettatore movimento, luce e soprattutto tanta creatività
infantile.
PRAMPOLINI E LA COMPENETRAZIONE
MECCANICA E ORGANICA ANNI VENTI
Giancarlo Carpi
Nel 1967 scriveva Filiberto Menna, nella monografia ancor oggi la più leggibile e chiara sulla pittura del modenese: "per il suo atteggiamento irriducibilmente laico di fronte ai fatti del mondo moderno, tale cioè da non ammettere nessuna ulteriorità trascendente le forze fisiche e psichiche dell'uomo, ma soprattutto per la disponibilità sempre aperta a nuovi modi di espressione, apre piuttosto la via alle esperienze molteplici di Munari, il quale per altra via si dimostra subito diverso per l'ironia e l'humor sottile che egli attingeva direttamente dalla poetica dadaista." Viene ora concentrarsi in breve per questa occasione espositiva, che pure traccia la produzione di Prampolini dagli anni venti agli anni trenta, con un due puntate nei dieci e nei cinquanta, qui presentando, sul rapporto di compenetrazione tra l'uomo e l'ambiente, o la macchina, nei suo ripensamento alla metà degli anni Venti. Se, infatti, la poetica futurista della compenetrazione, e dello scambio di caratteri tra due oggetti o soggetti diversi, veniva in ambito di "arte meccanica" non solo a esplicitare un rapporto di interdipendenza teorica tra l'uomo e la macchina che risale agli inizi del futurismo stesso, accade però che alla metà dei Venti, mediando la linea organica dal surrealismo e da Arp, Prampolini ripensi questo rapporto di compenetrazione come superamento della distinzione dei due termini di partenza. È già vero che, rispetto a una interdipendenza, in chiave di compenetrazione, tra due soggetti ben distinti, come la praticava Depero nei Venti (si veda ad esempio Uomo + Casa), Prampolini già aveva posto un nuovo ruolo di "modello" della macchina, la quale macchina non veniva tanto a esplicitarsi come soggetto compenetrato e compenetrante con l'essere umano, bensì come metro, principio stilistico della rappresentazione stessa. Anche in questa chiave ideativa, però, persisteva spesso proprio nel soggetto, visibile, una ambiguità tra essere umano meccanizzato, e macchina umanizzata, come ad esempio in Architettura femminile, 1925. Su questo punto, che mi è capitato di ribadire con insistenza negli ultimi anni, proprio a partire dalle idee di Marinetti, ma poi anche su Depero, mi pare ora opportuno riprendere la concorde osservazione di Menna "la stessa immagine umana, là dove sussiste come soggetto dell'opera d'arte tende ormai anch'essa ad assumere la oggettività di un congegno meccanico", e in particolate "a confrontarsi con esso anche a costo di subire uno scacco e di dover denunciare, con un accento tra l'ironico e il grottesco, la propria irriducibilità all'universo rigorosamente oggettivo e razionalizzato della macchina". Ed è allora, dicevamo appunto, proprio cercando di superare questa inconciliabilità strutturale tra l'uomo e la macchina che Prampolini volge in senso organicistico e biomorfico, conservando tuttora, sì, il "soggetto umano" come punto di partenza, come, notava ancora Menna, "in un rapporto di reciproca compenetrazione come avveniva nel tema canonico della 'figura + ambiente'" . Come nel bell'esempio in mostra, Paesaggio di Capri, 1932, dove la svolta in senso organicista, e para-surrealista può però essere vista in chiave prettamente futurista se la si osserva come tentativo di superare ma in qualche modo di mantenere, l'irriducibilità dell'uomo alla macchina e, viceversa della macchina all'essere umano. Nella nuova immaginazione fantastica di organismi biologici spaziali che sono parte stessa della materia naturale, il conflitto tra soggetto e oggetto, centrale nel futurismo tutto, trova una prospettiva ulteriore.
Enrico PRAMPOLINI
Bruno MUNARI
Info Mostra
BRUNO MUNARI / ENRICO PRAMPOLINI
MOVIMENTO LUCE E CREATIVITÀ INFANTILE
Galleria in Arco
Piazza Vittorio Veneto 3 - Torino - Piemonte
Curatori:
Graziano Menolascina
Date della mostra:
03/11/2018 - 02/02/2019
Vernissage
03/11/2018 ore 18,30
Orari
su appuntamento