L'areopittura trasformativa di Pierluigi Bossi
Giancarlo Carpi
Benché di uno stile personale, a volte riconoscibile in quadri
anteriori anche uno o due decenni, le espressioni della
pittura futurista con visione dall’alto sono state caratterizzate da
alcune categorie condivise. Nell’analizzare un pittore quasi interamente
da riscoprire, come Pierluigi Bossi, la sua cifra e la categoria
che lo rende parte del discorso aeropittorico sono entrambe
spiccate. Parlando della seconda, il pittore assomiglia a altri
come Osvaldo Peruzzi, e non, a esempio, Tato, Crali - fatta salva
qualche eccezione - o Gerardo Dottori, per la rappresentazione
semplificata dell’aeroplano, come una sagoma. Con quello di
Peruzzi o a volte di Crali, inoltre, l’aeroplano di Bossi condivide
il carattere “animato”, ponendosi, così, dentro un’altra categoria
estetica dell’aeropittura (e del futurismo) che è quella della personificazione.
Che è espressa nell’aeropittura o come analogia
diretta tra parti del mezzo meccanico e parti del corpo umano -
a esempio in Korompay - o come soggettificazione, causata dalla
presenza di una sola parte dell’aeroplano stesso - come nelle eliche
di Tullio Crali. O, come, appunto, evidenza della sovrapposizione
della sagoma umana e della sagoma dell’aereo, diciamo
così, orientata dal contesto o da piccoli particolari - a esempio
la testa circolare nella posizione dell’elica in alcuni lavori di Peruzzi.
Ecco che Bossi si è ritagliato una sua particolare modalità
per far sembrare umane le sagome degli aeroplani vicina a
quella di qualche Crali1: sfruttando lo stemma aeronautico come
“occhio” dell’aeroplano stesso. O, e lo fa molto di frequente, rappresentandolo
solo su una delle ali, cosicché, quel segno cattura
l’attenzione spiccando su una superficie omogenea. L’aereo
sembra “fare capolino” dalla sua ala. Mantenendo un’essenza di
“macchina”, pare occhieggiare dalla sua natura metallica, e di
oggetto. Per altro verso, mi pare che gli aeroplani sagomati di
Bossi evochino anche vere e proprie “squadre”, perché prendono
parte al tema ricorrente dei suoi quadri, l’edificazione della città
nuova, di Littoria, di Sabaudia, di Aprilia. Ma allora, non saranno
questi aeroplani vere e proprie “trasfigurazioni” di uomini
a lavoro nella costruzione della città? Peraltro, nei quadri di
Bossi, a volte parti dell’aereo, soprattutto le ali, appaiono come,
o in strettissima analogia con, elementi delle architetture delle città. Si tratta, in questi casi, di un’altra riduzione a oggetto,
come di uomini-aerei che non solo costruiscono ma diventano
parte della città che stanno edificando. Quest’altra caratteristica
riattiva tutta la tradizione futurista della compenetrazione tra
uomo e ambiente, e più in particolare quella della teoresi architettonica,
di una archittettura-organica - a partire dalle proposte
di Enrico Prampolini negli anni Dieci. Una compenetrazione,
però, a volte non del tutto pacifica, tanto che vorrei rispendere
un termine dello stesso Bossi, “aberrazioni strutturali”4, che
calza e non solo per certi particolari delle sue aeropitture ma
varrebbe da chiave critica a ritroso per il rapporto uomo-oggetto
nel Futurismo. Tornando alle squadre, come uomini a lavoro:
questo per situarlo fuori da altre categorie come la Metafisica. È
vero anche che, l’uso ricorrente delle scie tricolori, potrebbe far
pensare a quella dimensione di festa, ottimistica, altrove spesso
suggerita, nel Futurismo, dalla rappresentazione degli aeroplani.
E certo Bossi ha fatto suo il motivo del tricolore come manifestazione
di una gioia espressa dalle forme lineari a un livello di
astrazione prossime a sovrapporle alle irrigazioni del territorio
o alle sue arature. Lo specifico originale di Bossi, la forte suggestione
di una dimensione lieta sì, ma contaminata dall’estraneità
del nuovo, risuona per l’ancoraggio al dato localizzato di
un’opera terrena, condivisa quasi da tutta l’umanità. Pensando
a uomini trasfigurati, divenuti aeroplani, infatti, il passo è breve
verso una dimensione non più terreste né del tutto aliena. Come
si vede nella, davvero unica congiunzione in un sol quadro di
terreni fertili e masse astrali6. Siamo vicini alla colonizzazione
fantascientifica, quasi che quei mondi o quelle lune orbitassero
intorno a una Neo-Terra. Su concetto di realtà futuribile, lo
stesso artista si esprimeva in una intervista del 1992: «[il dato
reale] Era alla base, certamente non era mai volutamente statico
e in alcuni lavori non era neanche apparente. Guarda tutte le composizioni dedicate alle conquiste spaziali che io ed altri
futuristi abbiamo fatto; in esse erano espresse delle situazioni e
delle sensazioni che in quel momento sembravano favole ma la
storia ci ha dato ragione, perchè dopo qualche decennio sarebbero
divenute realtà»; «le figurazioni tridimensionali futuriste
volevano esaltare il moderno, mettere in evidenza che era possibile
fare ed arrivare a certe mete di sviluppo, si esprimevano,
futuristicamente, concetti e cose appartenenti alla realtà.»; «uno
deve guardare sempre davanti a se, a un futuro che domani si
può realizzare».
Forse Forse Bossi semplificava per spirito di gruppo: è stato rilevato
come, basate sulla realtà, le sue pitture cosmiche fossero diverse
anche da quelle prampoliniane. Come mi sono trovato a verificare
criticamente se si considerano l’edificazione delle città nuove e
la trasformazione di un’intera area geografica come l’accadere del
futuro nella realtà, e vi si collega poi il tema cosmico.
Si è partiti da un’opera concretissima e riconoscibile, la bonifica
pontina, ecco perché, sono ancora differenti da rappresentazioni
come il Dinamismo di mondi di Gerardo Dottori. Ecco, Dottori,
un pittore che, come Bossi, ha avuto un soggetto reale e riconoscibile,
il lago Trasimeno come motivo ispiratore e ricorrenza iconografica.
Ma la dimensione di Dottori è diversa, contemplativa, non
in divenire, per quanto possa darsi anche in lui un certo livello di
trasfigurazione del reale.
Sul perturbante, a partire da un dattiloscritto inedito
Formalmente, i quadri e le opere su carta di Pierluigi Bossi hanno
un “disordine orchestrato”, che può tenere insieme fughe
prospettiche ben evidenti, passaggi da una prospettiva multipla a
una prospettiva naturalistica, specie nelle parti che rapprFormalmente, i quadri e le opere su carta di Pierluigi Bossi hanno
un “disordine orchestrato”, che può tenere insieme fughe
prospettiche ben evidenti, passaggi da una prospettiva multipla a
una prospettiva naturalistica, specie nelle parti che rappresentano
il lago-mare di Sabaudia. Nel tardo e prezioso scritto a macchina
intitolato “Il mio futurismo”, finora inedito, questa inclinazione
è dichiarata più volte: 7) Nel deambulare le linee prospettiche si
intersecano tra loro in una confusione geometrica causata dalle
successive simultanee visioni 12) «Le visioni si sovrappongono e
si compenetrano restando alcuni istanti attive nelle nostre retine
anche dopo cessate» 13) «Si verificano pertanto aberrazioni strutturali
dovute alle sensazioni ottiche in movimento» 15) «La visione
globale risulta spesso la somma di infinite visioni simultanee
interferenti tra loro». 16) «Va tenuto conto dell’effetto psicologico
che l’ambiente storicamente assunto può influenzare l’elaborato»
17) «Non escludere una componente emozionale raggiungibile
creando disagio nell’osservatore ad opera di voluti contrasti anomali
».
Se alcune di queste considerazioni ricordano evidentemente
gli asserti del manifesto tecnico della pittura futurista8 e alcuni
aspetti del manifesto dell’aeropittura (punto 7 e 12), che peraltro
si ritrovano nella moltiplicazione della torre di Littoria, c’è però,
a mio avviso, un’inclinazione personale per gli effetti visivi di distorsione
e per le sue conseguenze psicologiche. Lo stesso pittore,
nell’intervista del 1992, ne faceva cenno: «spesso inserisco o
dispongo più elementi o creo squilibri nelle masse per stimolare
conturbanze nel fruitore affinché la visione più viva e meno statica
».
Il punto è che Bossi ha applicato la poetica sintetica e contemplativa
dell’aeropittura, già appagata di aver trovato una nuova
prospettiva (dall’alto e in movimento) sull’oggetto - il paesaggio
- a un oggetto terrestre “in divenire” come apparivano i lavori di
trasformazione di una intera area geografica10. Per questo la visione
dall’alto di Bossi è trasformativa, non contemplativa e lirica;
una visione deformata ancorata al dato fattuale. E le stesse alterazioni
ottiche del paesaggio sono servite non tanto a ridare formalmente
l’esperienza umana del volo in aeroplano, quanto quella di
un territorio in trasformazione, il suo enorme smottamento. Con
una sovrapposizione logica tra lo sguardo dall’alto che deforma
e il territorio dal basso che si deforma, e uno sdoppiamento dei
soggetti. Si può bene immaginare la potenza sconcertante del cogliere
- con lo sguardo allargato permesso dalla visione dall’alto -
la trasformazione di un territorio vastissimo, una trasformazione
di fatto sovrannaturale, ma operata dall’uomo. Significativo di ciò,
è un piccolo lavoro a tecnica mista, Era il 1930, 1936, dove la scia
a spirale deformante dell’aeroplano coincide con una depressione
geografica, con una deformazione reale del territorio. Volendo
trovare un polo opposto nell’aeropittura, ecco le visioni iconiche,
con al centro il Colosseo, di Tato.
Questa “disarmonia”, o incoerenza, e lo dico anche confrontando
altre aeropitture come quelle appunto di Dottori, o anche di
Crali - dove le prospettive molteplici sugli elementi del paesaggio
sono riassorbiti in unità plastica di paesaggio - è, per certi versi,
molto futurista. Se il futurismo è anche senso della contraddizione
e del caotico e, soprattutto, ingerenza del concetto sulla forma,
per cogliere la contingenza. Questo disordine si spiega anche con
il carattere narrativo di alcuni quadri, dove, perciò, è importante
che gli elementi ci siano, che siano rappresentati, non tanto che siano in armonia tra di loro. Anzi, questa loro importanza, l’importanza
del loro esserci, risalta proprio nella loro indipendenza dalla
regola formale. Ed ecco che così essi esprimono anche la gioia del
semplice rappresentarli. A volte, il sole, a esempio, ingigantito.
Si può forse parlare di una disposizione infantile, in questo incontrarsi
discordante senza una regola di unità, e in questa predilezione
dell’invenzione all’armonia formale? D’altra parte, Pierluigi
Bossi è stato un notevole colorista, e un certo livello di unità nei
suoi lavori è provocato proprio dalla ricerca di colori caldi, verdi,
gialli, arancio, delle terra fertile, e dal maggiore valore strutturante
dei colori rispetto alle forme. Il colore è unitivo in alcune aeropitture
che fanno uso degli accorgimenti prospettici dell’aeropittura
come la curvatura dell’orizzonte, e la sintesi plastica del territorio
in una deformazione ottica - a mo’ di Tato - benché anche in questo
quadro si legga un, quasi simbolico contrasto tra la zona di
edificazione di Littoria, resa a linee e forme più geometriche, e la
natura vergine del paesaggio in profondità.
La quadridimensionalità e lo sguardo dal futuro
Dalla terra in trasformazione, e dalla terra fertile, è giunto a
fertilizzare l'universo. Nella sua particolare rilettura dell'Idealismo
cosmico prampoliniano, incentrata, a partire dalla commessura
tra organico e cosmico, sulla fertilità e fecondità della
vita vegetale, delle sementi. Pure tramite un recupero del linguaggio
divisionista di forme punteggiate, feconde, produttive.. Come
in La conquista dello spazio, 1938, forse esposto alla BDalla terra in trasformazione, e dalla terra fertile, è giunto a
fertilizzare l’universo. Nella sua particolare rilettura dell’Idealismo
cosmico prampoliniano, incentrata, a partire dalla commessura
tra organico e cosmico, sulla fertilità e fecondità della
vita vegetale, delle sementi. Pure tramite un recupero del linguaggio
divisionista di forme punteggiate, feconde, produttive. Come
in La conquista dello spazio, 1938, forse esposto alla Biennale di
Venezia quello stesso anno. La sovrapposizione immaginaria tra
le stelle e le gemmazioni, in questo universo florido, è una originale
sintesi del macrocosmo e del microcosmo. I bulbi/mondi
dai quali dipartono delle curve organiche, di ascendenza prampoliniana,
sono felicemente ambigui. Non rinuncia, il pittore, a
inserire in questo contesto l’aeroplano - cioè l’uomo. Significativamente,
è dallo stemma aeronautico che, come da un occhio,
diparte un’altra spirale nelle stelle.
Si può ipotizzare un’influenza di Bossi su Prampolini, confrontando
Dall’Agro al Cosmo, 1938, e Bonifica cosmica, 1939, per
la circoscrizione del terreno arato come fosse parte della pompa
di bonifica. Gli esiti però sono quasi opposti, laddove Prampolini
sottolinea il risucchio della macchina come acqua e vuoto cosmico,
Sibò vi inserisce un elemento apparentemente sentimentale
come il promontorio del Circeo - risultando a prima vista di un
sentimentalismo che sarebbe dei siciliani, D’Anna, Rizzo. Si tratta
di un quadro che ha più senso leggere in modo non narrativo,
come giustapposizione. O, come uno sguardo rammemorante -
ma “estraneo”, gettato dal cosmo e dal futuro verso la nostra Terra.
Voglio suggerire che, partendo da un’opera reale avveniristica, la
bonifica pontina, sviluppandone il motivo nel tema cosmico, e
mediando il concetto di relatività spazio-tempo dalla teoresi futurista,
Bossi ha forse rappresentato realmente la simultaneità del
futuro e del presente - che, come si sa, nel Futurismo nacque come
nesso bergsoniano tra memoria e presente -: la realtà scientifica
della relatività. Quello sguardo sarà dunque quello gettato dal
nostro futuro comunicante con il nostro presente, da un’umanità
evolutasi dalla realtà. Forse non abbiamo ancora conquistato
le stelle ma senza dubbio se così interpretate alcune visioni cosmiche
di Pierluigi Bossi hanno prefigurato a pieno titolo alcune
espressioni a noi contemporanee, film come “Interstellar”.
Sibò: mio padre
La vita, con me, è stata molto generosa: mi ha fatto nascere figlia di Sibò.
Purtroppo ho acquisito la consapevolezza di questa fortuna solo
dopo la sua morte, evento che ha segnato la mia esistenza più di
quanto potessi immaginare. Quando il destino inesorabilmente
ci separò , infatti, le emozioni furono egoisticamente e semplicemente
stravolte dal dolore, mio e solo mio, per la perdita di un
papà che, nonostante la cospicua differenza di età che ci separava,
era sempre stato presente, con grande discrezione, nella mia La vita, con me, è stata molto generosa: mi ha fatto nascere figlia
di Sibò.
Purtroppo ho acquisito la consapevolezza di questa fortuna solo
dopo la sua morte, evento che ha segnato la mia esistenza più di
quanto potessi immaginare. Quando il destino inesorabilmente
ci separò , infatti, le emozioni furono egoisticamente e semplicemente
stravolte dal dolore, mio e solo mio, per la perdita di un
papà che, nonostante la cospicua differenza di età che ci separava,
era sempre stato presente, con grande discrezione, nella mia turbolenta
e complicata vita riuscendo, vista la prematura scomparsa
di mia madre quando avevo solo 19 anni, ad essere per me anche
un riferimento materno ed accogliente.
Poi, piano piano, ho messo ordine in quelle emozioni cercando,
nei limiti del possibile, di guardare a Sibò non solo come
padre, ma come uomo, da un punto di vista che non fosse solo
il mio, limitato dall'egoismo della rabbia che provavo per la sua
perdita (che non riuscivo ad accettare, quasi fosse stato possibile
nutrire la speranza che questa separazione potesse non avvenire
a dispetto del ciclo della vita che invece la impone) ma fosse il
più possibile al di sopra, oggettivo. Ho cercato di mettere ordine
fra tutto il materiale che mi aveva lasciato in eredità (documenti,
quadri, ritagli di giornale, la sua biografia scritta da un laureando
in Storia dell'arte come tesi di laurea nel 1992, libri, manoscritti,
colori, pennelli, appunti, fotografie…) ed ho conosciuto prima
ed approfondito poi la sua vita, quando io ancora non c'ero, vita di
cui papà non mi aveva mai parlato e di cui io, purtroppo, non gli
avevo mai chiesto.
Ed ho scoperto un uomo meraviglioso, umile, ma coltissimo,
soprattutto un artista a tutto tondo, o meglio un cultore dell'arte,
che aveva vissuto una vita lunga “un secolo (o quasi), il secolo forse,
per l'uomo, il più interessante di tanti trascorsi e l'ho percorso
ad occhi aperti…”.
A quel punto ho sofferto, se possibile, ancora di più, per le
cose non sapute o non apprezzate appieno quando lui era ancora
in vita, i rimpianti per le cose non dette o non fatte nella illusoria
certezza che, tanto, ci sarebbe stato ancora tempo.
È il tempo, che all'improvviso mi venne rubato dalla sua dipartita,
che ho voluto ricreare in sua memoria, forse anche e soprattutto
perché avevo, ed ho, bisogno di sentirlo ancora con me,
nel momento in cui ho deciso di condividere, con tutti coloro che
potessero apprezzare, questa memoria, questa storia, questa vita,
questo percorso, che, obiettivamente, non erano, e mai avrebbero
potuto essere, solo miei.
Perché le sue opere gli sopravvivono a testimonianza della sua
immortalità.
È la sua immortalità che coltivo, attraverso la ricostruzione,
peraltro non facile, della sua eredità di cui, dopo una “tappa” della
mia vita che si è conclusa impetuosamente una decina di anni fa,
sto ancora operando per rientrare in possesso.
Ma da papà, il grande Maestro Sibò, ho ereditato anche la tenacia
e, spero!, l'intelligenza per proseguire in questa opera, attraverso
la quale ho trovato anche la mia strada, il mio metro di
paragone nella vita. Perseguire una grandezza pari alla sua, per
me, è diventato “il sogno della vita”, ambizioso e stimolante, ma
realizzabile. Si, realizzabile grazie all'essenza della mia natura e del
mio essere, risultato dei “geni” e degli insegnamenti del mio papà,
perché Sibò è stato un Futurista, nell'arte come nell'approccio alla
vita ed al progresso.
Le sue opere possiedono la magia di tutte le emozioni che
hanno rappresentato per lui e che oggi rappresentano per me.
Possiedono l'energia della Storia e la forza del movimento. Il loro
valore non riguarda solo l'autorevole firma, ma abbraccia le Storie
ed i sentimenti della vita di Sibò e della mia vita.
Questi quadri rappresentano sì il movimento, ma soprattutto
la vita. Quella vita che i futuristi sapevano vivere a testa alta con
fierezza, guardando solo avanti, con la straordinaria capacità di
rappresentare, attraverso l'arte, il vortice delle sensazioni e della
ricerca del futuro. In una parola la vita stessa, la visione a colori
europea e mondiale, il coraggio e l'orgoglio dell'uomo, l'infinito
al di là di qualunque confine o limite dello spirito umano, la volontà
sopra gli ostacoli, l'intelligenza contro qualunque barriera o
pregiudizio.
Così io ho imparato a guardare sempre al futuro, ma ho respirato
e per certi versi fatto miei i ricordi della vita di mio padre
senza nostalgie. Il Futurismo per me si è tradotto in uno stile di
vita che, attraverso le numerose testimonianze che ho ereditato da
papà, posso toccare con mano. Libri, manoscritti, quadri (moltissimi
quadri) che rappresentano la produzione artistica di una vita
di Sibò. E poi quadri di altri autori, tra cui tre di Giacomo Balla,
uno a doppia firma con Enrico Prampolini ed altri Amici con i
quali papà scambiò dei lavori per suggellare il valore ed il senso di
un'amicizia che allora aveva davvero un sapore profondo, diverso
da quello delle amicizie dei nostri giorni e di cui ho il ricordo nei
racconti di mio padre, quando capitava che si trovasse a riprendere
in mano queste opere e la Storia tornava ad essere protagonista
insieme alle emozioni di quella porzione di vita che ciascuna opera
rappresentava per lui.
Io ricordo papà quando mi spiegava l'utilizzo dei colori per
“dare vita alla carta” o quando mi raccontava degli amici futuristi,
in particolare del creatore del Movimento Futurista Filippo Tommaso
Marinetti, tutti uomini che hanno firmato il più grande impulso
culturale dell'epoca moderna ed hanno posto la loro firma
anche sulle vite dei loro figli, con l'insegnamento di una visione e
di valori che oggi fanno davvero la differenza.
Questa è Storia, sentimento, arte, cultura: Vita.
Dott.ssa Simona Bossi
Dei Conti Bossi di Montonate
A modo mio un po' Sibò anch'io
Cenni di Vita del Maestro Sibò
1907 Pier Luigi Bossi, in arte Sibò, nasce a Milano il 16 Dicembre da Gian Guido Bossi ed Angela Maria Carcano, entrambi appartenenti alla borghesia milanese. 1914-1919 Pier Luigi frequenta le scuole elementari a Milano. 1919 La famiglia di Bossi si trasferisce in Toscana e precisamente sul Monte AmiataCenni di Vita del Maestro Sibò
1907 Pier Luigi Bossi, in arte Sibò, nasce a Milano il 16 Dicembre da Gian Guido Bossi ed Angela Maria Carcano, entrambi appartenenti alla borghesia milanese.
1914-1919 Pier Luigi frequenta le scuole elementari a Milano.
1919 La famiglia di Bossi si trasferisce in Toscana e precisamente sul Monte Amiata in un paese nella provincia di Siena: Abbadia San Salvatore, dove il padre lavora come condirettore alle miniere di mercurio. Sibò da questo anno al 1922 frequenta a Montepulciano le scuole tecniche (oggi scuole medie).
1923-1926 Frequenta l'Istituto Tecnico Tommaso Pendola a Siena. Contemporaneamente prende lezioni d'arte private da Dario Neri e pubbliche da Arturo Viligiardi frequentando “abusivamente” le sue lezioni presso l'Istituto di Belle Arti di Siena.
1927-1929 Esercita la libera professione di geometra per progettazioni e direzione di lavori per la Società “Monte Amiata” e per la Provincia di Siena.
1929-1930 Frequenta il Corso Allievi Ufficiali e il Servizio “Prima Massima” a Torino nei Ferrovieri del Genio. In questa città ha modo di avvicinarsi, senza prenderne direttamente parte, al gruppo dei futuristi torinesi.
1931-1934 È a San Casciano dei Bagni dove collabora alla stesura del progetto generale per la Bonifica della Val di Paglia, divenendone Capo Sezione. In questi anni comincia a disegnare progetti architettonici di stampo futurista e aeropitture consistenti in disegni a matita colorata su carta. È del 1932 il primo lavoro aerofuturista rappresentante la Bonifica della Valle del Paglia.
1934 Nel mese di marzo viene trasferito a Littoria come Capo Sezione del Comune. Stringe amicizia con il collega Dario Di Gese condividendo con lui l'entusiasmo per l'arte futurista.
1935 A Littoria progetta e sistema il giardino in Piazza del Littorio.
1936 Dal 3 al 10 maggio partecipa alla I Mostra di Arte Provinciale di Littoria tenutasi a Sabaudia con le seguenti opere: La grande bonifica (con Di Gese), Paesaggio italico, Sabaudia, Traslazione, Rustico, Frate francescano, Teatro lirico (con Di Gese), L'ombra della torre, Poesia del golfo, La battaglia dei campi. Conosce F.T. Marinetti che gli cambia il suo nome in Sibò e gli permette di frequentare la sua casa a Roma. Sempre in maggio si costituisce il Gruppo Futurista di Littoria di cui fanno parte Di Gese e Bossi, che viene presentato in una trasmissione radiofonica del 22 maggio da Benedetta. Nel settembre, insieme a Di Gese, Sibò esegue una pergamena in ricordo della Legione degli Italiani all'estero reduci dall'Africa Orientale Italiana, commissionata dagli ufficiali per offrirla al console Grillo. Realizzano poi l'opera: Nel Vortice della Gloria. Sintesi plastica dell'apoteosi di Giorgio De Blasi, donata il 16 ottobre dal Comune di Littoria a S.E. prof. Dante De Blasi, padre del pilota aereo deceduto presso Capo Portiere vicino a Littoria. Nell'ottobre-novembre a Roma partecipa, in coppia con Di Gese, con due bozzetti: La guerra in A.O. e L'Assedio economico, presso i Mercati Traianei, alla II Mostra di Plastica Murale, firmandone anche il Manifesto pubblicato nel catalogo della mostra. In dicembre ordina e organizza la Galleria di Arte Moderna di Littoria, inaugurata dal Capo del Governo il 18 aprile dello stesso mese.
1937 In febbraio allestisce, insieme a Di Gese, nei saloni dell'Albergo Littoria, tre pannelli polimaterici in occasione della festa organizzata dal Dopolavoro rionale “Gattuso”. I temi trattati sono: Marcia su Roma, nella Sala della Rivoluzione; La Bonifica della Palude Pontina, nella Sala della Bonifica; La conquista dell'Impero, nella Sala dell'Impero. In marzo partecipa al Congresso di poesia ed arti corporative che si tiene a Littoria. È firmatario del manifesto insieme a Benedetta, Brizzi, Buccafava, Carta, Tullio D'Albissola, Di Gese, Farfa, Pino Masnada, Prampolini, Luigi Scrivo, Sanzin, Ignazio Scurto, Tedeschi e Trecca. In maggio partecipa alla Mostra Nazionale delle Colonie Estive, a Roma, ed espone due pannelli polimaterici in coppia con Di Gese: La Bonifica; Forza, Luce, Aria; e un modellino della Colonia estiva di Torre Olevole. A novembre in occasione del XIX annuale della Vittoria il Comune di Littoria prepara una pergamena commemorativa per la quale Sibò cura decorazione ed esegue le miniature.
1938 In marzo allestisce la Mostra delle Massaie Rurali a Littoria nelle sale dell'Albergo Littoria. A maggio, insieme con Di Gese, fornisce alcune rappresentazioni grafiche per l'allestimento della Mostra della Produzione Pontina tenutasi a Littoria. Da maggio a settembre partecipa con il gruppo dei futuristi aeropittori d'Africa e Spagna alla XXI Esposizione Internazionale Biennale di Venezia con un'opera: La conquista dello spazio.
1941-1945 Partecipa alla guerra nei Ferrovieri del genio.
Sibò - Agropontino
Sibò - Dall'agropontino al cosmo
Prampolini, Di Bosso, Tato e Littoria
Info Mostra
LITTORIA - Sibò
FUTURISM & CO Art Gallery
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Rome, Italy
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