Astratto
Partendo dal presupposto contenuto nel Manifesto La pittura futurista del 1910 – "noi proclamiamo che il moto e la luce distruggono la materialità dei corpi" – si individuano
nella luce e nel movimento gli strumenti dell'arte di Balla per
dominare la materia pittorica. Già nei Manifesti futuristi la
luce è al centro dell'attenzione: "I nostri occhi abituati alla
penombra si apriranno alle più radiose visioni di luci. Le ombre
che dipingeranno saranno più radiose delle luci dei nostri
predecessori. […] Noi futuristi ascendiamo verso le vette più
eccelse e più radiose e ci proclamiamo signori della luce…".
Fin dalle opere di inizio secolo, troviamo in Balla l'interesse
per la luce: le vedute di villa Borghese del 1905 con la cupola
di San Pietro e l'eucaliptus sullo sfondo, l'ombra che la sua
casa-convento getta sul prato al di là della ringhiera, le torri
della Galleria Borghese illuminate dalla luna, il volto di Elisa,
prima fi danzata, poi moglie… tutto diventa arte – nuova –
immutabile. Scrive Maurizio Fagiolo dell'Arco, nel 1967: "La
natura: vengono ora al pettine tutti i nodi della cultura di
Balla, teorico in pittura dell'Einfühlung, cioè della volontà di
trovare un equivalente fi gurativo per ogni passione umana.
Dirà il Manifesto del 1915 (Ricostruzione futurista dell'Universo),
con formulazioni prossime all'Orfismo, che esistono
‘equivalenti' astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi
dell'universo".
In questa prima sezione della produzione pittorica di Balla si
spazia, dal 1905 al 1912, dalla rappresentazione naturalistica
della luce a quella astratta dell'iride. "Mi alimento della
purezza buonissima della natura" scrive Balla in un taccuino
all'inizio del Novecento. E proprio dentro la natura di villa
Borghese, Balla trova e trasferisce sul supporto pittorico (carta
per i pastelli, olio per le tele) la sua verità, individuandola
nella semplicità: "La semplicità (parola che si usa moltissimo
ma quasi mai messa a posto) è la base della bellezza la quale
è sempre prodotta dalla perfetta verità degli elementi e tutte
le opere grandi sono manifestate con mezzi tecnici semplicissimi,
Parigi 1900". Ogni volta Balla ci propone una soluzione
diversa al suo problema visivo, anche se il soggetto è sempre
la visione di villa Borghese, come succede nelle opere presentate:
camminiamo sui prati illuminati dal sole in Alberi e siepe
a Villa Borghese, ci rinfreschiamo davanti al dipinto Fontana,
di proprietà della Banca d'Italia (esposto qui per la prima volta)
e veniamo sopraffatti dalla grande Statua accovacciata nel
pastello pubblicato su "Novissima", ammiriamo la cupola di
San Pietro sullo sfondo della veduta dei campi arati. In fondo,
la giovane moglie Elisa con un bicchiere di rose in mano ci
viene presentata in un trittico (ricordo sacrale: Maggio è il titolo
dell'opera, come maggio è anche il mese della Madonna)
conservato presso la Corte Costituzionale nel palazzo della
Consulta a Roma.
Chiude la sezione lo studio della luce sviluppato da Balla a
Düsseldorf, ospite dei Löwenstein per decorare la loro casa
in riva al Reno. La via della lettura di questi studi conservati
alla Galleria d'Arte Moderna di Torino si trova nelle lettere
che Balla scrive durante il suo soggiorno del 1912: "Immensi
spazi di piante e prati si interpongono nelle lunghe e distese
pianure; tutto diventa, per la qualità della luce, più misterioso
e velato, e la materia meno reale". Nella lettera del dicembre
dello stesso anno leggiamo la sua nuova ricerca: "Molto carissimi,
O prima di tutto godetevi un pochetto quest'iriduccio
perché son più che certo vi piacerà; dovuto tale risultato ad
un'infinità di prove e trovando fi nalmente nella sua semplicità
lo scopo del diletto. Altri cambiamenti porterà nella mia
pittura tale studio e l'iride potrà mediante l'osservazione del
vero avere e dare infi nità di sensazioni di colori. […] Me ne
sto qui nella mia camera al calduccio seduto a questo tavolino
con luce elettrica, una squadra, due scatole di colore, cannocchiale,
un compasso, calamaio lucente di terracotta fi orito,
dei libri: Dante, Leonardo, Hugo". Infi ne, lo sguardo di
Balla attraverso la Finestra di Düsseldorf, quadro recuperato
dalle fi glie dell'artista nel 1968 e ora riproposto dopo quasi
vent'anni dalla precedente esposizione: "Intanto ò aperto un
momento la fi nestra per cambiare l'aria, lontano si vede il
Reno con il ponte in ferro, ogni cosa è velata e l'Italia è così
lontana" (18 novembre 1912).
Dinamico
"Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una fi gura
non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente…
[…]. Il gesto, per noi, non sarà più un momento
fermato del dinamismo universale: sarà, decisamente, la
sensazione dinamica eternata come tale… Noi proclamiamo
che il dinamismo universale deve essere reso come sensazione
dinamica", sottoscrivono i futuristi nel Manifesto del 1910.
Dieci anni dopo, Alfredo Petrucci sottolinea la novità di Giacomo
Balla: "Preoccupazione dei futuristi fu invece la durata
dell'apparenza. E fermo in questo concetto, il Balla, prima che
Boccioni giungesse alle audaci sue astrazioni plastiche, fissò in
alcuni dipinti i suoi studi sulle fi gure in movimento".
Nella primavera del 1913, Balla sviluppa lo studio del movimento
dei rondoni contro la grondaia della sua abitazione
ai Parioli: infi niti sono gli appunti, dai taccuini ai fogli più
disparati, dove esprime simultaneamente l'analisi e la sintesi
del movimento causato dalle ali degli uccelli tra di loro. Leggiamo
il racconto della figlia Elica: "Ma ci sono i rondoni che
volano e fanno festa intorno al tetto della casa e per tutta
quella stagione fi no alla primavera inoltrata resta occupato
a studiare il volo dei rondoni, è questo uno studio diffi cile e
complesso poiché, oltre al susseguirsi dell'immagine degli uccelli
mentre volano, egli intuisce e vuole rendere le linee del
movimento dell'osservatore, mentre con passo lento si sposta
camminando".
I sei disegni incorniciati insieme (Legato Luce Balla alla Galleria
Nazionale d'Arte Moderna di Roma, 1994) presentano il
progredire delle ricerche: dai primi studi nati durante il soggiorno
a Düsseldorf (il foglio 4 presenta sul retro uno studio
per casa Löwenstein), ai disegni di stormo che preludono alle
linee andamentali, per concludersi con la composizione fortemente
astratta del volo sottolineato dalla sagoma di una
rondine che da destra si insinua verso sinistra nella sintesi cuneiforme
del volo. Per Giovanni Lista "i quadri sulle rondini
concludono l'esperienza divisionista di Balla"; poi, nel catalogo
del 2008: "In Volo di rondine utilizza una monocromia
tonale di blu con fondo di pennellate a grosse tacche, ammassate
a tasselli in basso e rarefatte, a reticolo, in alto, dove vuole
rendere la vibrazione dell'aria. Come è sua consuetudine,
completa la composizione ricorrendo alla mescolanza di due
colori primari, il rosso e il blu, per ottenere una tonalità calda
destinata a equilibrare il blu freddo delle rondini".
Il secondo tema affrontato da Balla nella primavera del 1913
è quello della disgregazione dei corpi causata dal movimento
e dalla luce, come era stato proclamato nel Manifesto La pittura
futurista: "Noi proclamiamo che il moto e la luce distruggono
la materialità dei corpi". Precedentemente Marinetti,
nel Manifesto di fondazione del futurismo del 1909, aveva
declamato che "un'automobile da corsa col suo cofano adorno
di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo… un'automobile
ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più
bello della Vittoria di Samotracia". In due delle opere esposte
ci troviamo di fronte ancora alla prima fase dove – secondo
quanto riferiva Maurizio Fagiolo dell'Arco nel corso del lavoro
per il catalogo ragionato di Balla – "le automobili procedono
sempre da destra verso sinistra e gli spessori dell'atmosfera
si ingrandiscono nella stessa direzione (in forme circolari
o diagonali)". Fedele a una osservazione scientifi ca, Balla sa
bene che lo sguardo dello spettatore entra nel quadro da
sinistra verso destra. In tal modo l'impatto tra la cosa rappresentata
e l'occhio di chi lo guarda risulta più dinamico. In
particolare, nello studio per Automobile in corsa è ancora più
nitida la cabina con il suo tettuccio nello scalare prospettico
della composizione verso sinistra rispetto alla complicazione
dei triangoli e delle ruote in movimento presenti invece in
Automobile + velocità + luce, già della Collezione Jucker, ora
al Museo del Novecento di Milano.
Chiude la sezione la molla a tempera su carta grigia della
Donazione di Luce ed Elica Balla allo Stato Italiano del 1984,
intitolata da Balla stesso Linea di velocità. Ma cosa è la "linea
di velocità"? Partendo da diversi studi particolari (il moto
relativo, il volo delle rondini, le compenetrazioni della luce,
il dinamismo dell'auto), Balla approda alla linea di velocità,
da lui stesso defi nita "base fondamentale delle mie forme
pensiero". Non è un caso che esistano ben due taccuini
(ora smembrati) dove Balla sviluppa la linea di velocità in
più di 55 studi, arrivando a unirla ad altri fattori (il vortice,
il paesaggio, il rumore). Tale motivo verrà in seguito "reso
tattile, oggettivo", nelle sculture analizzate nei progetti
presentati nella sezione Scoppiante.
Volatile
Lucia Gianotti in Balla. "Di anni venticinque, sarta, convivente
di Giovanni Balla di anni trentadue, cameriere, domiciliato
in Torino", come si legge nell'atto di nascita di Giacomo
Balla (Torino, Archivio Storico dello Stato Civile). Morirà a
Roma, in Casa Balla, nel giugno del 1937, all'età di 93 anni. Il
suo volto, a testimoniare l'importanza di questa figura femminile
nella vita del pittore, lo troviamo nel grande pastello
conservato alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma.
In questa mostra, la madre di Balla è presente in un "ritratto
di grande forza pittorica e potenza espressiva", dipinto
nell'inverno del 1925. È esposto nella sezione Trasformabile
per sottolineare la novità di Balla nel trasformare, appunto,
una semplice latta arrugginita in un grande amore: quello
per la pittura e per la madre.
Elisa Marcucci in Balla. Nata a Genzano l'11 febbraio 1878,
sposa in Campidoglio Giacomo Balla il 15 giugno 1904: il fratello
della sposa, Alessandro, e lo scultore Duilio Cambellotti
sono i testimoni. Dedita alla quiete della casa, Balla la ritrae
intorno al 1898 intenta a cucire, poco dopo averla conosciuta
proprio attraverso il fratello di lei: la luce dalla fi nestra
invade la stanza andando così a colpire gli oggetti del lavoro
di Elisa (il rocchetto del fi lo, le forbici, un gomitolo, la
scatola del cucito). In casa della famiglia di Elisa, in vicolo
Carcano, Giacomo ritrae la fi danzata in lieta attesa nel grande
pastello acquistato dall'ambasciatore Cosmelli, Elisa sulla
porta: "In questa opera è racchiuso il suo immenso amore
della verità e tutto il suo immenso amore a colei che sarà la
compagna della vita" scrive Elica Balla nel 1984. Infi niti sono
i ritratti che realizza in questi primi dieci anni: l'introspezione
psicologica della fi gura ritratta traspare dalla particolare
pennellata (spesso data anche a pastello) che dà vitalità e
luce agli occhi. È la luce la fonte principale dell'arte di Balla:
luce che illumina la stanza da lavoro di Elisa mentre ricama,
luce naturale degli alberi del Pincio dove immortala la
fi danzata nel trittico Maggio, luce della biacca nel grande
volto della madre, luce in controluce che dalla fi nestra entra
a illuminare Elisa con i veli seduta sul divano nella carta da
spolvero acquistata dal maestro Rinaldi nel 1915; luce che ci
sottolinea un dubbio alle spalle di Elisa nel capolavoro della
Galleria d'Arte Moderna di Roma Capitale, luce che permette
a Elisa mamma di insegnare a leggere alla piccola Lucia
nel trittico Affetti, visibile alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna
di Roma. Morirà a Roma, in Casa Balla, il 28 ottobre
1947 e sarà sepolta nella tomba di famiglia al Pincetto, nel
cimitero monumentale romano del Verano.
Lucia Balla. Il 13 dicembre 1904 nasce la primogenita Lucia:
nel periodo futurista il suo nome diventerà Luce. "Ora poi che
Elisa aspettava la sua prima bambina, la suocera [nonna Gianna]
inacerbiva le sue sgarbatezze perché sentiva che con la
nascita di un figlio ormai nulla poteva dividere i due giovani"
scrive la sorella Elica nel 1984. A poco più di vent'anni viene
ritratta nella sua Verginità sul retro della tela dove circa dieci
anni prima l'artista aveva realizzato uno dei quadri dedicati
all'intervento in guerra: "Vedevo mio padre studiare le trasparenze
dei veli colorati" scrive Elica Balla nel 1986. E ancora,
la primogenita è la modella di un altro esperimento balliano
legato all'interferenza luce-colore nella Figlia del sole, dove
ritrae "mia sorella che ha la pelle abbronzata e lui vuole ottenere
in pittura quel bel colore caldo e luminoso, lo dipinge
in casa dove tutto è chiaro, illuminato da grandi fi nestroni"
scrive ancora Elica nel 1986.
Elica Balla. Nasce al Policlinico di Roma il 30 ottobre 1914: nel
suo nome il pittore del movimento fi ssa l'idea dinamica della
velocità e quella guerresca del volo. Balla sperava vivamente
che gli nascesse un maschio, che potesse essere più vicino a
lui: "che le ragazze hanno altre storie per la testa" diceva…
All'inizio degli anni trenta "posavo per papà, sotto una lampada
nello studio, indossando una maglia di seta rossa e stoffe
anche rosse erano disposte nello sfondo con giuochi di luce
e ombre, quel colore così vitale incantava l'artista che osava
ritrarlo nelle sovrapposizioni del suo stesso tono" scrive Elica
nel 1986. Nell'olio qui esposto, acquistato direttamente presso
l'artista dal vecchio amico Osvaldo Pardo, Balla pone la sua
fi rma sulla lettera bianca tenuta in mano da Elica. Si spegne
improvvisamente, in seguito a un infarto, il 14 gennaio 1993
a Roma. Verrà seppellita (per sua volontà) nel cimitero di Isola
Farnese vicino a Roma, dove aveva acquistato (e decorato) una
casetta immersa nella natura e lontano dalla frenetica capitale.
Una nota. L'11 marzo 1920 Filippo Tommaso Marinetti pubblica
il Manifesto futurista Contro il lusso femminile: al punto
10 declama che "ogni donna bella, lasciando alle anziane e
alle brutte il lusso come unica difesa, deve inventare una sua
foggia di vestito e tagliarla da sé, facendo del suo corpo, semplicemente
adorno, un originalissimo poema vivente".
Drammatico
Nel Primo Manifesto politico futurista per le elezioni generali
del 1909, Filippo Tommaso Marinetti incita "noi futuristi"
che, "avendo per unico programma politico l'orgoglio, l'energia
e l'espansione nazionale, vogliamo una rappresentanza
nazionale che, sgombra di mummie, libera da ogni viltà pacifista, sia pronta a sventare qualsiasi agguato, a rispondere a
qualsiasi oltraggio".
28 giugno 1914: scoppia la Prima guerra mondiale. L'Italia si
proclama neutrale, mentre i futuristi sono a favore dell'intervento:
intendono la guerra come "igiene del mondo". Giacomo
Balla, dal canto suo, considera l'interventismo come una
posizione morale, ma anche come colorata sintesi dell'entusiasmo
giovanile. Per i futuristi si tratta di un'occasione
di rottura con il mondo passatista; le nazioni in guerra sono
defi nite "popoli-poeti" e tutto è vissuto come una colossale
operazione estetica (anche se, coerentemente, Marinetti,
Boccioni e Sant'Elia sono tra i primi a partire volontari per
il fronte). Umberto Boccioni avverte nel clima di guerra una
nuova possibilità di rottura nella resa dell'immagine, Gino Severini
approfondisce una ricerca simbolica.
Nell'estate del 1914, Balla elabora un Manifesto sulla moda
che viene in seguito adattato da Marinetti al nuovo clima
interventista. Appare l'11 settembre Il vestito antineutrale.
Manifesto futurista: è illustrato con sei disegni di vestiti futuristi
e "modifi canti guerreschi e festosi", modelli per il sarto
Giacomo Foà, amico di Balla, che realizzerà gli abiti nei colori
della bandiera italiana.
Dopo la sottoscrizione dei Manifesti pittorici, Balla si schiera
coi futuristi per l'intervento in guerra. Siamo al 1915: da un
anno si combatte la Prima guerra mondiale, l'Italia è ancora
neutrale. Balla viene arrestato ben due volte, insieme a Marinetti
e Mussolini. Nel Manifesto di Pratella dell'11 dicembre
si legge: "ANNO 1915. – Marinetti, Cangiullo, Jannelli, Balla,
Depero dirigono le dimostrazioni interventiste di Roma. 19
Febbraio. – Marinetti, Cangiullo, Jannelli, Balla e Auro D'Alba
sono arrestati a Roma davanti a Montecitorio, alla riapertura
della Camera. – 12 Aprile. – Marinetti e Benito Mussolini,
Bruno Corra e Settimelli sono arrestati a Roma". Realista
e attento alle vicende politiche, Balla resta colpito da questi
avvenimenti patriottici al punto da trasferire sulla tela le sue
"sensazioni", le sue "forme-pensiero". Sono di quest'anno le
realizzazioni delle principali opere interventiste, dove Balla
rievoca la manifestazione alla Stazione Termini del 9 maggio
1915 contro Giolitti (Le insidie del 9 maggio) o la dimostrazione
interventista del 21 maggio guidata dal sindaco di
Roma (Forme-volume del grido "Viva l'Italia").
Il 24 maggio 1915 l'Italia entra in guerra. Balla, in un appunto
riportato dalla figlia Elica, scrive: "Tutti i futuristi sempre
in prima linea danno la loro energia per la grandezza dell'Italia.
Dalla casa di Balla partono bandiere, cartelli, con scritte
eccitanti, manifesti paroliberi, simultaneità di partenze ed
arrivi". I primi quadri dedicati alle manifestazioni interventiste
appaiono in dicembre nella sala Angelelli in corso Umberto
53 a Roma (Esposizione fu Balla e Futurista, volantino
con un autoritratto, fi rma e titolo Autostato-d'animo). L'amico-
allievo Umberto Boccioni scrive: "Ho visitato a Roma lo
studio di Giacomo Balla. Ho ritrovato e studiato a mio agio le
numerose opere già esposte un mese fa nella sua esposizione
riassuntiva che ha avuto grande successo a Roma, Corso
Umberto I. L'evoluzione di questo artista è un fenomeno così
violento di personalità e di lavoro" ("Gli Avvenimenti", 30
gennaio - 6 febbraio 1916).
La tematica interventista si presenta anche nelle illustrazioni
per le copertine della citata rivista milanese "Gli Avvenimenti",
dove questi quadri vengono esaltati da Umberto Boccioni.
Il tema interventista è naturalmente frequentissimo nelle cartoline
colorate che raggiungono gli amici futuristi tra il 1914
e il 1915: i colori squillanti e le forme semplifi cate portano
anche al fronte gli incoraggiamenti e la fede di Balla. Una
profonda eco di questi quadri dalle grandi superfi ci colorate e
quasi smaltate si trova nella scena di Feu d'artifice per i Balletti
Russi di Sergej Djagilev, rappresentato a Roma il 17 marzo
1917. Nel foyer del Teatro Costanzi viene esposta la collezione
del primo ballerino Leonide Massine: al numero 4 figura
La guerre, il grande collage della collezione di UniCredit qui
esposto, realizzato da Balla con la tematica della guerra e acquistato
proprio da Djagilev per il suo primo ballerino.
Sono più di sessanta i lavori schedati sul tema dell'intervento:
vanno dai disegni preparatori alle tele del 1915, dagli
schizzi ai bozzetti fi niti per opere non realizzate (alcuni ancora
da ritrovare). In questa mostra viene presentata una
tela dipinta da Balla su ambedue le facciate a distanza di
dieci anni: da una parte il dramma della guerra con al centro
il bianco del nodo sabaudo realizzato a collage, mentre
dall'altra parte, dieci anni dopo, ritrae la figlia Luce nella
sua piena Verginità (Roma 1925).
Autonomo
Giacomo Balla
nato Torino
verde violetto – sfaccettato
uomo – intuitivo trascendentale
Pittore Futurista – dinamismo.
astrazione – stato d'animo.
equivalenti plastici – compenetrazioni
ed altro che poi si vedrà.
Vita turbine tempesta.
maree – vittorie – allenamento
lotta x lotta batte record
indifferenza contro avversità.
divertimenti o godimenti milioni
noie O x O – Soddisfazioni
esistere per dare.
difetti – semicircolari
Scrive così Giacomo Balla su un foglio di carta da lettera tagliata
a metà: è un effi cace autoritratto, databile al 1915 per
le allusioni nel testo e per la grafi a della fi rma. Rispecchiando
il suo volto sulla tela, sulla carta, sulla tavola, attraverso l'uso
dei più diversi accorgimenti tecnico-pittorici, Balla arriva
anche a sdoppiare tutta la sua vita e la sua pittura, con tutti
i cambiamenti di stile, fi no quasi alla conclusione della sua
vita. Ovviamente, questi autoritratti vanno sempre integrati
con quelli che il pittore ha realizzato con le parole e la scrittura:
soltanto in questo modo si comprenderà la sua ironia,
la sua coscienza di sperimentalista assoluto, il suo sorriso che
si tramuta in smorfi a o in ghigno. Intorno al 1922 si presenta
con il sorriso sornione e gli occhietti brillanti in almeno cinque
autoritratti: in quello presentato in mostra si traveste da cuoco,
impugnando il mestolo come un pennello. Scrive Emilio
Cecchi, volto a cogliere il valore sperimentale dell'Autoritratto
in veste di cuoco: "Documenta l'arte del Balla nell'aspetto
realistico più intenso e spiritoso. Nella fi gura e nell'ambiente,
il qual assedia e punge la fi gura con svolazzi di panni e lustri
di metalli, la ricerca del movimento e della concordanza luminosa
è così esasperata che sembra trovarsi davanti al Balla dei
notissimi ed ingegnosi esperimenti futuristi".
"Nel 500 mi chiamavo Leonardo o… Tiziano. Dopo 4 secoli
di decadenza artistica, son riapparso nel 900 per gridare ai
miei plagiatori che è ora di fi nirla con il passato perché son
cambiati i tempi. Mi dissero pazzo: poveri tonti!!!!!!!!! Ò già
creato una nuova sensibilità nell'arte espressione [cancellato
intuizione] dei tempi futuri che saranno colorradioiridesplendoridealluminosisssssssssimiiiiii.
FuturBalla": un altro
autoritratto dell'epoca del Futurismo, che va oltre gli anni
dieci, arrivando fi no a noi sulle note dello "sperimentalismo
(arte espressione dei tempi futuri che saranno colorradioiridesplendoridealluminosisssssssssimiiiiii").
Da queste note non è lontano il monito che Balla pubblica
nel 1937 sul giornale "Perseo": "Avevo dedicato con fede
sincera tutte le mie energie alle ricerche rinnovatrici, ma a
un certo punto mi sono trovato insieme a individui opportunisti
e arrivisti dalle tendenze più affaristiche che artistiche;
e nella convinzione che l'arte pura è nell'assoluto realismo,
senza il quale si cade in forme decorative ornamentali, perciò
ho ripreso la mia arte di prima: interpretazione della realtà
nuda e sana"; a illustrare questo monito, Balla stesso
cita e riproduce il suo Autocaffè, prestato dalla Galleria degli
Uffi zi di Firenze. Un ghigno contro l'arte del Novecento è
l'espressione della tavola proveniente dalla collezione della
signora Grassi di Como (la stessa famiglia che donò nel 1962
molti capolavori dell'arte italiana al Comune di Milano): tanto
ci crede Balla che si fa fotografare con la moglie Elisa e la
giovane Elica mentre tiene in mano l'Autoghigno: sul retro
scrive che "in questo tempo l'arte è assassinata – 1938". A
chiusura del periodo drammatico della Seconda guerra mondiale
(come a chiusura di questa sezione), Balla ritrova la sua
luminosità nell'Auto ballarioso della Galleria d'Arte Moderna
di Torino, realizzato nel 1946 sul suo terrazzo a Roma,
con la fi oritura dei gigli rossi, in via Oslavia: "L'arte è scienza,
scienza del reale".
Una nota personale di Elena Gigli. Autonomo = autoritratto.
Da quando ho iniziato a occuparmi di Balla, prima con la tesi
proprio sugli Autoritratti, poi seguendo gli insegnamenti di
Maurizio Fagiolo dell'Arco, studiare e inserire nelle mostre
una sezione dedicata al volto del pittore diventa il nucleo della
mostra stessa. È l'ecce homo direbbe Fagiolo, è l'autonomo
spirito che aleggia nelle sale e ci accompagna a visitare la sua
casa, la nostra mostra. Il pittore allo specchio è il Balla che, anche
qui, guarda se stesso, si guarda dentro e attraverso i pennelli
ci rende partecipi della sua festa in cucina (Autoritratto
in veste di cuoco), della sua pausa caffè (Autocaffè), della sua
smorfi a all'arte del Novecento (Autoghigno), del suo sorriso
dalla terrazza di via Oslavia (Auto ballarioso).
Trasparentissimo
Giacomo Balla – figlio della natura – ha sempre vissuto a contatto
con essa. Quando nel 1895 si trasferisce a Roma da Torino,
dopo vari, piccoli e veloci traslochi (nel 1896 lo troviamo
in via Piemonte 121), va ad abitare con l'anziana madre e la
giovane sposa Elisa Marcucci nella casa-convento tra via Parioli
6 (oggi via Paisiello) e via Nicolò Porpora: dal balcone che
unisce le varie stanze-cella, Balla studia e dipinge la natura di
villa Borghese, le statue della villa, le fontane dalle acque ricche
di rifl essi, il sole come la luna, la giovane Elisa sorridente
o la piccola Luce che raccoglie le margherite. La natura, con
i suoi cambiamenti atmosferici di luce e di colore, ha sempre
interessato Balla (non a caso non troviamo quasi mai rappresentato
l'inverno): diventa proprio "una ricerca di ritmo e di
colori, di linee forza e di stati d'animo, un modo per sentirsi
nella storia secolare dell'arte", come ne ha scritto Maurizio
Fagiolo dell'Arco nel 1998. Vediamo i capolavori delle Stagioni,
dove se nella Primavera usa ancora tinte sfumate per rendere
– con l'effetto della trasparenza – il risveglio della natura
e il divenire della vita, nel rappresentare l'Estate Balla si concentra
invece su una tavolozza dai forti colori luminosi entro
forme geometriche ben defi nite: "Una pittura giocondissima,
audace, aerea, elettricamente lavata di bianco, dinamica, violenta",
come si legge nel Manifesto del colore. Giovanni Lista
nel 2008 così defi nisce questo trittico: "Intensifi ca le forme, le
linee e i colori in Estate, dipingendo dei fasci di luce tesi verso
il cielo, mentre rovescia il movimento e i colori in Autunno,
dove i fasci sono più aperti e diretti verso il basso e i colori
freddi si trovano in lotta coi colori caldi. Cerca insomma di
visualizzare un campo d'energia disegnandone la dinamica
interna delle forze e dei fl ussi in espansione". L'espansione
vitale e allo stesso tempo ideale, l'idea luminosa appunto, viene
infi ne visualizzata da Balla nell'iconografi a di Sorge l'idea,
presente in mostra, capolavoro della Galleria Nazionale d'Arte
Moderna di Roma (Donazione Luce ed Elica Balla, 1984)
e nel bozzetto del 1920, già esposto nella mostra dedicata
al Futurismo e alla pittura metafi sica di Amburgo nel 1963.
Proprio all'inizio del 1920, Balla sottoscrive il Programma a
sorpresa pel 1920 dove attraverso un testo più politico che
artistico ci offre anche qualche illuminazione per la sua nuova
ricerca fi gurativa: "Siamo creatori geniali non articolisti. Con
la tipica elasticità futurista ci tufferemo nella nostra grande
arte sorprendente e luminosissima per poi dipingere l'atmosfera
momentaneamente grigia coi colori dei nostri cervelli
italianissimi. Sicuri di renderci così molto utili all'Italia", si legge
al centro della pagina del settimanale "Roma futurista".
La sperimentazione del tema Trasformazioni forme spiriti inizia
nel 1916, quando Balla ha concluso i cicli che hanno a che
fare con le forze celesti: dalle Orbite Celesti agli Spessori d'atmosfera,
da Mercurio che passa davanti al sole al Dinamismo
dell'elica. Ora invece l'atmosfera è soltanto spirituale, come
ricorda ancora Elica nella biografi a del padre: "Balla è anche
interessato dai fenomeni psichici e frequenta le riunioni di
una società di teosofi ci presieduta dal generale Ballatore; si
fanno in detta società anche sedute spiritiche. Un artista così
intuitivo e appassionato studioso di leggi universali non poteva
non interessarsi alle misteriose forze che il mondo invisibile
suscita in quelle visibili, ma l'equilibrio e la saldezza del suo
temperamento non lasciano che egli venga trascinato da quel
mondo psichico così affascinante". L'iconografi a di questo ciclo
è rappresentata in mostra da un lavoro realizzato a matita
che accompagna tre lavori a olio e a tempera; ci viene bene
spiegata da Elica sempre nel suo libro di memorie: "Nel dipinto
gli spiriti sotto forma di raggi, partendo dalla curvatura
della terra, attraversano spazi blu trasformandosi in altre forme
su altri piani (forse gli spiriti che ascendono si trasformano
purifi candosi). Da un lato raggi di altro colore; raggi cosmici
che alimentano quelle forme. Traccia alcuni bozzetti su quel
soggetto e poi un quadro più grande intitolato, appunto,
Trasformazione forme spiriti". Giovanni Lista, parlando della
serie Trasformazioni forme spiriti, descrive il soggetto come
la rappresentazione attraverso dei "cunei" della "salita verso
il cielo dell'anima dei morti e con dei raggi di luce la discesa
degli spiriti purifi cati per una nuova incarnazione sulla terra".
Attualmente sono noti quattordici capolavori con questo
soggetto: dalle opere colorate che fanno capo alla Donazione
Balla alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, dove
le piramidi di luce variano dal giallo al rosa, a contrasto con il
blu del cielo e i verdi delle forme celesti, ad altri esempi (realizzati
a bianco e nero) dove Balla ritorna alla semplicità dei
non-colori, come nei primi esperimenti delle Velocità di automobile.
Il movimento azzera i colori e li porta alla sublime
essenzialità della meditazione trascendentale. L'atmosfera
spirituale, indicata nel titolo, si riallaccia alla fi losofi a tedesca
dell'"empatia" (Einfühlung) e all'idea di Stimmung (che sarà
familiare a Giorgio de Chirico, come è stata essenziale per lo
Spirituale nell'arte di Kandinskij).
Coloratissimo e Luminosissimo
Siamo al 4 ottobre 1918: Giacomo Balla espone a Roma nella
galleria di Anton Giulio Bragaglia in via Condotti 21, in
quell'elegante palazzo dove ora c'è il negozio Céline. Vi
troviamo ben quaranta opere, tutte colorate: sedici quadri
sono dedicati alla serie Forze di paesaggio + sensazioni
varie; sette dipinti trattano la tematica dell'intervento (XX
Settembre, Dimostrazione antitedesca, Corazzata + vedova
+ vento, Le insidie del 9 maggio, Forme-volume del grido
"Viva il Re", Forme-volume del grido "Viva l'Italia", Battimani
+ gridi patriottici); poi le Stagioni dell'estate e della
primavera.
Aprendo il catalogo della Mostra del pittore futurista Balla, ci
soffermiamo su alcuni punti del Manifesto del colore: "2. Nel
groviglio delle tendenze avanguardiste, siano esse semi-futuriste
o futuriste, domina il colore. Deve dominare il colore
poiché privilegio tipico del genio italiano"; "4. La pittura futurista
italiana, essendo e dovendo essere sempre più un'esplosione
di colore non può essere che giocondissima, audace,
aerea, elettricamente lavata di bucato, dinamica, violenta, interventista";
"6. La pittura futurista è una pittura a scoppio,
una pittura a sorpresa"; "7. Pittura dinamica: simultaneità
delle forze. G. BALLA futurista".
Con questo Manifesto entriamo proprio nel clou del momento
artistico di Balla, ricco di lavori colorati, presentati in questa
sezione attraverso quattro capolavori del ciclo Linee forze
di paesaggio + sensazioni di varia natura. L'unione dei suoi
stati d'animo, delle sue sensazioni davanti al paesaggio nei
vari momenti del giorno e dell'anno trova nelle due opere
qui esposte – Forze di paesaggio + sera e Linee forze di paesaggio
+ giardino – la colorata rappresentazione di quello
stato d'animo vissuto da Balla quasi cent'anni fa. Colpito dal
turchese e dal cretonne, Balla esprime il suo stato d'animo coloratissimo
e luminosissimo nell'olio qui presentato ed esposto
già da Bragaglia, al n. 4: Forze di paesaggio + cretonne
e turchesi. Infi ne, il semplice gesto del taglio del cocomero
avvenuto in Casa Balla durante l'estate colpì tanto lo stato
d'animo del pittore da trasferire la sua gioia – la festa del
tricolore – nella tempera dal titolo Forze di paesaggio + cocomero,
acquistata direttamente alla mostra di Bragaglia dalla
contessa Carolina Maraini Sommaruga e passata poi con tutto
il villino di via Ludovisi all'Istituto Svizzero di Roma. Le stesse
forme colorate, le stesse linee forze di paesaggio presenti
nelle opere esposte da Bragaglia le ritroviamo non a caso nei
due progetti realizzati da Balla per la mostra, ora conservati
in Casa Balla. Vi si legge: "Mostra futurista Balla Casa d'Arte
Bragaglia via Condotti". Anche in una sua dichiarazione
autografa – Autobiograf. Balla – il pittore proprio in questi
anni (1915-1918) declama: "o' già creato una nuova sensibilità
nell'arte espressione dei tempi futuri che saranno colorradioiridesplendoridealluminosisssssssssimiiiiii".
Chiudono la sezione due studi per la scenografi a dello spettacolo
Feu d'artifice (tutti i progetti colorati e gli studi dettagliati
per realizzare le forme, oltre allo schema per la programmazione
delle luci, sono stati donati da Luce ed Elica
Balla al Museo Teatrale alla Scala di Milano nel 1978) messo
in scena al Teatro Costanzi di Roma il 12 aprile 1917. Tutto
lo spettacolo, della durata di appena 5 minuti, viene così
raccontato da Margherita Sarfatti: "Appariranno sul palcoscenico
non scenari dipinti né persone, ma niente altro che
delle forme soltanto: costruzioni in legno e stoffa, a punta, a
cono rovesciato, mostruosità geometriche, mezzo sferiche e
mezzo cilindriche, e, nel senso proprio della parola, proietteranno
sulla scena ombre e luci asimmetriche, in rispondenza
con gli accordi enarmonici dello Strawinsky. Continui e forti
giuochi di luce e sbattimenti d'ombre variate, raggi colorati
di rifl ettori elettrici potentissimi, imprimeranno espressione
di mutevole dinamica alla statica dell'apparecchio scenico. Il
singolare spettacolo durerà non più di cinque minuti" (in "Gli
Avvenimenti",1917).
"Avevo dedicato con fede sincera tutte le mie energie alle
ricerche rinnovatrici, ma a un certo punto mi sono trovato insieme
ad individui opportunisti e arrivisti dalle tendenze più
affaristiche e artistiche; e nella convinzione che l'arte pura è
nell'assoluto realismo, senza del quale si cade in forme decorative
ornamentali, perciò ho ripreso la mia arte di prima:
interpretazione della realtà nuda e sana che attraverso la
spontanea sensibilità dell'artista è sempre infi nitamente nuova
e convincente" scrive Balla nel 1937, ma questo è un altro
capitolo della sua vicenda artistica. Vicenda, tuttavia, sempre
intrisa di colore anche quando interpreta la realtà nuda e
sana nelle nature morte e nei ritratti alle fi glie (come consueta
nota cromatica accesa inserita negli sfondi colorati). E di
fronte alla frenesia quotidiana, resta sempre valido il consiglio
del vecchio caro amico di Balla, Gino Galli: "Caro lettore,
ti consiglio, quando ti senti un po' stanco, moralmente un po'
abbattuto, per le crudeli lotte della vita quotidiana, di andare
a trovare nel suo studio il pittore futurista Giacomo Balla e,
quasi sempre, lo vedrai calmo, sereno al lavoro, e, se lo vorrai,
con un entusiasmo del tutto infantile, egli ti mostrerà le sue
nuove creazioni, tutte graziose, tutte linde, vivamente colorate,
che ti metteranno nel sangue un po' di quel necessario
buon umore che occorre per fare tutte le grandi cose".
Scoppiante
Giacomo Balla si è sempre proposto la ricerca di una sintesi, ma
vuole raggiungerla dopo innumerevoli analisi: scientificamente.
Attraverso molti studi particolari (il moto relativo, il volo, le
compenetrazioni della luce, il dinamismo), ecco un probabile
approdo. Si tratta della "linea di velocità": una forma sintetica
che solo la mentalità del tutto "surreale" di Giacomo Balla può
ritenere tale. Esatta e scientifi ca come la dimostrazione d'un
manuale d'ingegneria, ma poetica come una frustata liberty,
la linea di velocità diventerà nella sua opera una specie di personale
marchio di fabbrica. La forma più importante del suo
vocabolario, tanto è vero che arriverà a qualifi carla "base fondamentale
delle mie forme-pensiero". Nel momento in cui Balla
studia la velocità astratta, non ci troviamo soltanto di fronte
all'emozione per il mistero moderno della velocità, ma anche
al tentativo del pittore sperimentalista di verifi care e trasmetterci
la struttura segreta del movimento, lo scheletro ingegneresco
del dinamismo. Negli anni seguenti, possiamo constatare
come la linea di velocità si coniughi con altri fattori naturali o
psicologici: il paesaggio, il cielo, il vortice. Come sempre, Balla
alterna il dinamismo e la stasi, il soggettivo e l'oggettivo, il
pensare e l'esistere. La gloriosa sigla della linea di velocità si
misura così con l'ambiente di sempre, con lo spazio terreno e
infi ne con i misteri del cielo (fi sico e metafi sico).
E proprio da quel primo gruppo di opere, realizzate nel 1913,
Balla estrae quella linea, tesa e compressa come una molla, ricavata
dal confronto con l'automobile in corsa, movimentando
la ricerca con le linee simboliche del rumore per verifi care
l'idea della "creazione di forme veloci". Alla fi ne di questo ciclo
sperimentale, la linea di velocità viene coniugata con altri
fattori. E saranno volta a volta lo spazio, il ritmo, il paesaggio,
le forme-rumore, il cielo: tutti elementi prima analizzati singolarmente
e poi compenetrati tra di loro. La linea di velocità
si insinua in altri cicli di Balla, si realizza con altre tecniche: si
allarga all'idea di progetto architettonico (avveniristico), viene
applicata all'arredamento (l'eccezionale paravento di Casa Balla),
diventa la struttura segreta per alcune straordinarie Tavole
parolibere, diventa il soggetto della scultura fi liforme nello
spazio come dei Complessi plastici, per diventare scoppiante
nella scultura rossa Pugno di Boccioni.
In questa sezione, quindi, si è cercato di ricostruire – a seguito
del ritrovamento di una serie di acquerelli su carta – la progettazione
di quelle tre sculture che hanno nel tema della
linea di velocità la chiara elaborazione in 3D. Enrico Crispolti,
esponendo per la prima volta nel 1963 alcuni di questi progetti,
viene a considerare Balla l'antesignano della scultura
astratta contemporanea insieme allo scultore russo Vladimir
Tatlin (1885-1953).
Nel Manifesto Ricostruzione futurista dell'Universo, Balla
pubblica la fotografi a del Complesso plastico colorato di frastuono
+ velocità, da lui realizzato nel 1914 assemblando legno,
cartone e lamine di stagno colorate a olio in una linea
di velocità che taglia come una molla scoppiante i poliedri
irregolari di cartone colorato. Giovanni Lista, scrivendo del
Complesso nel 2008 per la mostra milanese a Palazzo Reale,
defi nisce l'opera già una scultura, "poiché supera la superfi cie
piatta della tela facendo entrare le forme nella terza dimensione
dello spazio".
Già nel Manifesto di fondazione del Futurismo, Marinetti celebra
il gesto del pugno nella lotta artistica: "Noi vogliamo
esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo
di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno". Il soggetto –
Pugno di Boccioni – nasce proprio dall'analisi metaforica della
rappresentazione del pittore futurista che scaglia il suo pugno
contro il passatismo (di lì a poco la stessa lotta del bene e
del male diventerà la rappresentazione del ciclo Pessimismo e
ottimismo). Da una immagine fi gurativa e simbolica al tempo
stesso – un groviglio di linee dinamiche per il Futurismo contro
un vecchio cadente tra colonne e archi per il passatismo
– Balla sviluppa quello che diventerà l'emblema per la carta
intestata del movimento futurista: il Pugno di Boccioni. Vari
e diversi sono gli studi realizzati con questo tema: a matita
come acquerellati, piccoli e grandi, appena abbozzati o colorati
di rosso. Infi ne lo troviamo sotto il necrologio di Marinetti
per Umberto Boccioni sulla rivista "L'Italia Futurista"
(Firenze, 25 agosto 1916) e diventerà il logo del movimento
futurista attraverso la sua divulgazione sulla carta intestata
del movimento di Marinetti. Una prima versione della scultura
viene realizzata da Balla a ridosso della fine del primo
confl itto mondiale in cartone tamburato, con anima in legno
dipinto di rosso (83,8 x 78,7 x 31,8 cm). Questa scultura è visibile
per la prima volta in una fotografi a dello studio di Balla a
Roma in via Oslavia, pubblicata sulla rivista "Il Futurismo" del
2 ottobre 1932. Nel gennaio del 1958 è ancora conservata in
Casa Balla, nella parte alta dello studiolo rosso, come appare
nella fotografi a pubblicata su "L'Illustrazione Italiana" (gennaio
1958, p. 59). Nel 1959 viene acquistata da Lydia Winston
Malbin di New York: nel 1990 verrà messa all'asta con tutta la
sua collezione (Sotheby's, New York, 16 maggio 1990, lot. 18).
Trasformabile
"La casa di Balla tutta iridescente e scintillante di colori, di
vetri fracassati dal sole e da tutte le parti, in tutte le ore, la
casa di Balla traforata dall'aria e dal cielo azzurro cinguettante…
il suo studio ingombro di quadri geniali, di costruzioni
dinamiche, di svariate architetture diaboliche, fantastico di
ogni magia […]. La camera da pranzo coi piatti gialli, verdi,
rossi, le tazze viola, lilla, le mensole smaglianti di lacche
multicolori […]. Tutto un campionario fi ammante di colori in
quella casa!… magia caleidoscopica di colori aggressivi. Carte
variopinte sgargianti che si rifl ettevano in lamine di stagnole,
occhi di celluloide che lucevano tremolanti in un quadro, lampade
fantastiche di carta velina gialla e verde, accese dal sole,
studi futuristi di velocità astratte, e lacche vermiglie, vernici
cristalline di ratti e Paramatti, velluto, raso, damaschi, e Balla
che vivifi cava vertiginosamente il suo ambiente pirotecnico,
cantando ballando e suonando…". Questa è l'atmosfera che
Francesco Cangiullo respira entrando nella casa di Balla quando
abitava ai Parioli durante gli anni dieci: questa è l'idea
che Balla ci racconta nei progetti colorati per gli arredamenti,
nei mobili smontabili, nel mobiletto acchiappafumo, nei fi ori
futuristi dai colori sgargianti.
La casa di Balla – ai Parioli fi no al 1926, poi al quartiere Delle
Vittorie – si presenta sempre come una fucina dove inventare,
progettare e realizzare oggetti utili al lavoro, ma anche belli
e magici; non dobbiamo scordare gli abiti e gli accessori, anche
femminili: dall'abito asimmetrico verde e giallo indossato
da Giacomo con le scarpe bicolori, al cappello verde decorato
per Elica, alla borsa futurista per Luce.
Occorrono dei mobili per la camera dei bambini con gli angoli
smussati affi nché non ci si faccia male e si usano bambini
schematizzati a formare le gambe… occorrono dei fi ori per
rallegrare la casa e allora si tagliano dei legni e si incastrano
tra loro senza viti né chiodi fi no a darci l'immagine di un tulipano
rosa o di un cactus giallo… occorrono mobili pratici ma
anche utili ad abbellire l'utile, il mobiletto per il fumo viene
costruito insieme a un portariviste dai colori più diversi… una
proposta di semplicità e di montaggio, scomposizione e ricomposizione,
movimento e compenetrazione come in ogni
ciclo del continuare a mutare che è la vita. Quando nel giugno
del 1929 la famiglia Balla si trasferisce defi nitivamente
nell'abitazione di via Oslavia, il pittore porta con sé quadri,
oggetti, utensili, mobili. La sala da pranzo verde e gialla dei
Parioli diventa la camera da letto di Elica Balla, un piccolo
locale con la fi nestra sulle scale viene decorato in rosso e diventa
lo studiolo rosso, pieno fi no all'inverosimile di oggetti e
di quadri, di panchetti e libri, il grande salotto ospita i grandi
quadri fi gurativi prefuturisti attendendo i grandi ritratti degli
anni trenta.
Sempre, imperterrita, vigila sulla famiglia Balla l'anziana
mamma del pittore, Lucia Gianotti, ritratta sopra "una latta
arrugginita imbollettata ad una tavola", per dare "con quella
superfi cie rugosa il senso della vecchiaia". All'ingresso del
salotto, appena superato il lungo corridoio decorato con le
linee andamentali e con le tele quadrate dalle tematiche futuriste
a coprire i tubi dell'acqua calda (una trovata da "ricostruzione
futurista dell'Universo"), ci dà il buongiorno la
tela Auto balmoglie fi glie, un magico ritratto allo specchio
realizzato nell'ottobre del 1945.
Per introdurci meglio in questa magia caleidoscopica di colori
aggressivi, ecco una testimonianza di chi nel lontano 1966 è
entrato in Casa Balla, Elio Marchegiani: "Ritorniamo nella casa
di Balla tutta eseguita da lui: tavoli, sedie, sgabelli, portaceneri,
oggetti vari, pareti e paraventi, cornici, abiti. Nella coerenza,
una esecuzione parziale della ricostruzione futurista
dell'universo ad uso personale, un suo universo vissuto, anche
in diffi cili situazioni economiche, con la moglie e le fi glie alle
quali spesso soleva ripetere ‘vedrete verranno nuove possibilità
di ricostruire le mie idee. Vedrete verranno anche nuovi materiali'.
Questo raccontavano le fi glie e quando a conferma,
scritto di suo pugno, sotto un fi ore progettato in cartone lessi:
‘Ricostruitelo coi materiali della vostra epoca', esclamai sicuro:
‘Questo è un testamento futurista a cui va dato riscontro'".
Infi ne, sentiamo cosa ha da dirci lo stesso Balla: "Anche i minimi
tentativi futuristi possono essere il principio della nuova
arte futura. E con questo, con una superstrafede indistruttibile,
a rivederci tra qualche secolo!".
Info Mostra
Giacomo Balla Astrattista Futurista
Mamiano di Traversetolo
Parma
Fondazione Magnani Rocca
tel. 0521 848327 / 848148 Fax 0521 848337
info@magnanirocca.it www.magnanirocca.it
Orario: dal martedì al venerdì continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17)
sabato, domenica e festivi continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18).
Lunedì chiuso, aperto lunedì 7 dicembre. Aperto anche tutti i festivi.
Ingresso: € 9,00 valido anche per le raccolte permanenti – € 5,00 per le scuole.
Informazioni e prenotazioni gruppi:
Il martedì ore 15.30 e la domenica ore 16, visita alla mostra con guida specializzata; non occorre prenotare, basta presentarsi alla biglietteria; costo € 12,00 (ingresso e guida).
Ristorante e Caffetteria nella corte del museo tel. 0521 848135.
Mostra e Catalogo (Silvana Editoriale) a cura di Elena Gigli e Stefano Roffi.
Catalogo con saggi dei curatori, di Giovanni Lista e di Antonio Carnevale.