MISSONI

L’ARTE IL COLORE


Gallarate (VA), MAGA Fondazione Gallarate d' Arte Moderna e Contemporanea


19 aprile – 8 novembre 2015


A cura di Luciano Caramel, Luca Missoni, Emma Zanella











Missoni





















Missoni, l’Arte, il Colore. Tra visibile e non visibile


Intitolare al colore questa mostra dedicata ai celeberrimi Ottavio e Rosita Missoni e alla loro creativa e fertile Maison, universalmente nota nel mondo della moda, e non solo, non sorprenderà nessuno, dato che i Missoni col colore si identificano da decenni, come è ben noto a tutti i livelli generazionali, dagli adolescenti ai fruitori più longevi. Meno immediato e generale potrà essere il richiamo, primario, sempre nel titolo, all'arte, anche se, fortunatamente, è sempre meno diffusa la distinzione limitante tra arte come pittura, scultura, architettura, e anche musica, letteratura e poesia e arti applicate, o addirittura cosiddette "minori", retaggio di un'estetica filosofica paleo idealistica. Del resto, se in un primo tempo qualcuno si interrogò dubbioso sulla possibile attribuzione delle opere tessili di Ottavio Missoni, appunto in quanto tali, all'arte intesa auto riflessivamente come arte arte, ben presto l'equivoco fu contraddetto dai fatti. Fin dagli anni Settanta, quando nel settembre 1975 Renato Cardazzo espose con ottimo esito, di pubblico e di critica, i suoi tessuti come quadri, appesi alle pareti, in una mostra personale nell'importante Galleria Naviglio Venezia, con la prestigiosa presentazione di Guido Ballo', titolare della cattedra di Storia dell'arte nell'Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, pubblicata negli apparati di questo volume. Successo particolarmente significativo, dato che la mostra, intitolata Missoni e la macchina mago, accanto a una ricca serie di appunti e studi di lavoro, di schizzi, disegni e campionature di materiali, colori, testimonianza diretta dell'impegno di ricerca e progettazione su di un piano artigianale, proponeva opere eseguite a macchina, seppur «con accortezza estrosa» scriveva Ballo, che «fa sentire il valore del tessuto a maglia, quasi fosse eseguito a mano» non distruggendo quelle premesse artigianali «nella trama spesso larga, senza pedanterie anonime di macchina» essendo per Missoni «la macchina stessa ancora una prosecuzione della mano [...], macchina mago». Per cui, concludeva il critico, anticipando la risposta a prevedibili interrogativi e cogliendo l'intelligente apertura di Missoni alla realtà contemporanea, anche nella produzione artistica «in un periodo in cui le manifestazioni estetiche si sono allargate fino a straripare, questo valore della mano mente e della macchina mago non è un ritorno, un passo indietro: è semplicemente una presa di coscienza delle possibilità che le premesse artistiche, in piena civiltà tecnologica, possono ancora offrire con naturalezza»2. Attenzione all'attualità peraltro sensibile alle proprie radici culturali e tecnico operative e alla loro proiezione nel presente, pure, opportunamente, considerate da Ballo in quel breve testo, dell'agosto 1975, in cui si legge che «il fascino dei tessuti di Missoni, in un particolare momento di revival del Liberty, è nel valore materico che accentua l'origine artigianale e anche nel colore mitteleuropeo. Missoni è di Zara» proseguiva il critico «ha operato nell'area dalmata e triestina, attratto fin dalla prima formazione dalle assonanze secessioniste di Vienna» allora «ancora vive nell'atmosfera di tutto l'ambiente». Così come «la [sua] tavolozza, e anche i disegni in nero» di quel tempo «richiamano i tessuti di Mackintosch, Klimt e la Scuola Viennese, ma anche certo. Klee e certo Kandinsky del Cavaliere Azzurro di Monaco»3. Pregnante soprattutto il rimando a Klee, fondamentale per la comprensione della complessa cultura e pratica pittorica di Missoni e per questo sinteticamente evocato fin dal titolo di queste righe con quel "Tra visibile e non visibile" che, aggiunto a "l'Arte, il Colore", vuole evidenziarne, anche in Missoni, il carattere non descrittivo né narrativo, come appunto in genere le immagini di Klee, per il quale — sono sue parole —«l'arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è», essendo suo fine appunto il «rendere visibile», piuttosto che il «riprodurre il visibile». Un assunto che, in particolare negli anni Venti, nella fase del rapporto dell'artista col Bauhaus, di Weimar e poi di Dessau, è certo, con la poetica a esso sottesa e naturalmente con le stesse sue opere —queste peraltro, per il loro radicarsi nelle sensazioni ed elevarsi nell'evocazione, mai autoreferenziali —, nel rispetto delle ovvie differenze conseguenti alle radici e alle coordinate del contesto temporale e quindi anche sociale e culturale, «il più autentico riferimento immaginativo e formale di Ottavio Missoni», come ha fondatamente affermato Enzo Di Martino in appendice al volumetto della nota, fortunata Storia di Aladino e della lampada incantata edito, con la Fondazione Cesare Pavese, dalla Fondazione Ottavio e Rosita Missoni ed espressamente voluto da Ottavio M issoni.4 Che lo legò a una significativa serie selezionata di 24 suoi studi/disegni originali eseguiti tra gli anni 1970 e 2010 con matite e pennarelli colorati su carta quadrettata, presentandolo nel 2012 a Maribor (Slovenia), allora elevata al rango di Capitale europea della cultura, in occasione della mostra Ottavio Missoni. Il Genio del Co/ore. Titolo in cui, nel significativo richiamo al colore, v'è, almeno parzialmente, la risposta al perché della scelta dell'edizione di quel libro singolare ambientato nel clima araboislamico de Le mille e una notte, variopinto e vivace, anche nelle abitudini quotidiane, con quelle radici mediterranee che, nonostante i ripetuti spostamenti della residenza e le dolorose vicissitudini vissute per gli sconvolgimenti politici e bellici, sono rimaste vive in Missoni, nato a Ragusa (oggi Dubrovnik) da padre di origine friulana e madre dalmata, come significativamente, e con calore, egli stesso ci ricorda nella scheda biografica della terza pagina di copertina del volume, in cui scrive: «Il colore è parte integrante del mio DNA. Dalla Dalmazia e da Ragusa ho portato con me i blu, che profumano d'oltremare, e i rossi aranciati dei tramonti sull'Adriatico; i gialli caldi screziati d'ocra e marrone parlano di rocce e sabbie, lambite, rimescolate ed erose dalle onde. Non possono mancare i neri, che amalgamano. E poi il viola, mio colore prediletto, in tutte le sue sfumature. Se si guarda bene c'è sempre, anche se non compare a prima vista». Seppur, non diversamente che in Klee, fuori dell'autoreferenzialità, come s'è appena detto, il linguaggio di Missoni è infatti sin dall'avvio della sua attività, ancora negli anni Cinquanta del Novecento, innanzi tutto il colore in quanto tale, esso stesso, col segno, espressione e comunicazione. Ossia tout court Missoni: il colore come valore', secondo la sintetica identificazione di Di Martino dell'autore col suo fare, e di questo col suo strumento, secondo suoi codici interni segnici e materici significanti, ancora come in Klee, in relazione dialettica con l'altro da sé, in primis con lo spazio/luce, attraverso le fondanti componenti percettive e psicologiche, oggettive e soggettive, anche debitrici, va ribadito, del contesto naturale in cui s'era svolta la sua formazione. In cui spicca, non ultima, Venezia, dalla cui pittura, «pur senza rifarsi direttamente, limitativamente a Carpaccio, al Veronese, a Tiziano, viene Missoni, e proprio da quella gloria di colori che da Venezia scendendo verso l' Istria e la Dalmazia si stemperano, si attenuano, si screziano, come è detto in Dora Markus da Montale, in una dolce ansietà d'Oriente» afferma Giancarlo Vigorelli in occasione della mostra di Missoni, nel 1978, a Trieste, nella Galleria Torbandend, seguita l'anno successivo, per ricordare i 25 anni di lavoro dei Missoni, da una grande esposizione alla Rotonda di via Besana a Milano, subito trasferita, evento eccezionale, al Whitney Museum dl New York, in riconoscimento del ruolo culturale significativo della textil art missoniana nella storia dell'arte tout court, europea e internazionale, in accordo con gli itinerari e gli sviluppi degli altri linguaggi, dalle avanguardie protonovecentesche alle espressioni contemporanee, dal recupero dell'arte "primitiva" al rigore progettuale e all'astrazione del Bauhaus, allo stesso "informale" europeo, autonomamente e innovativamente ripresi da Missoni7. Ruolo in seguito ribadito in alcuni dei maggiori musei d'arte contemporanea, in Europa, negli Stati Uniti e in altre, molte nazioni, a cui si aggiunge ora questa mostra, nel MA*GA di Gallarate, nel territorio da sempre sede dei Missoni e della loro eccezionale vicenda artistico culturale e produttiva tuttora viva e propositiva, a cui questa mostra è dedicata, in occasione, e nel quadro, del planetario evento Expo 2015. Illuminante, in essa, la prima sala, con l'opera video Casa di moda dell'artista turco Ali Kazma, che introduce il visitatore nel mondo creativo dei Missoni, anche come azienda, tra sapienza artigianale e design avanzato, a cui seguono più sezioni, sul duplice percorso delle Radici e dei Dialoghi/Assonanze. Rivolto il primo, nello spirito della mostra, a una serie di autori che i Missoni hanno preceduto, anche di decenni, con ricerche, progetti e risultati che, con presupposti, modalità e risultati diversi, hanno aperto quella via che Ottavio e Rosita, con l'intera azienda, hanno continuato e originalmente sviluppato, come altri, in differenti settori, nella dinamica, proprio anche temporale, che della ricerca scientifica, anche nel campo dei linguaggi, e quindi dell'arte, è propria. Quarantatre sono gli artisti documentati, tutti di rilevante livello, e alcuni di eccezionale spessore, quali Albers, Balla, Depero, Sonia Delaunay, Lucio Fontana, Licini, Melotti, Kandinsky, Klee, Prampolini, Severini, Sophie TaeuberArp, Veronesi, tali da consentire un panorama non uni direzionato, neppure cronologicamente, degli svolgimenti internazionali della ricerca artistica dall'inizio del Novecento a oggi, presentati nel loro divenire diacronico, incrociato con quello sincronico, per consentire informazioni e valutazioni più attendibili. Ispirato alle stesse intenzioni, ma differentemente impostato, il secondo percorso, che mette gli artisti, pure qui numerosi e di alta qualità, a cominciare da Ottavio Missoni, in confronto diretto, proponendo un dialogo illuminante tra un centinaio di opere di Ottavio Missoni e di altri maestri che hanno rinnovato le ricerche sul colore, lo spazio, il ritmo, il segno e la materia, anche in anni più recenti, da Burri e Tancredi ai cinetici Gianni Colombo e Varisco, evidenziando e invitando a valutare assonanze e contrasti, fuori di statici schemi accademici e di considerazioni solo, o prevalentemente, teoriche o tecniche.







Le radici


Le radici chiariscono le origini della ricerca dei Missoni, le prime risorse e fonti d'ispirazione, nel campo delle arti visive e della moda. Il quadro di riferimento è quello della nascita delle avanguardie storiche in Europa, dall'astrattismo lirico di Sonia Delaunay, imprescindibile insieme a Kandinsky e Klee, al Futurismo di Balla e Severini, all'affermazione, negli anni Trenta di gruppi, riviste e ricerche volte alla definizione di una pittura e di una scultura geometrica, di carattere costruttivista e concretista. In questo contesto si afferma un linguaggio espressivo basato sulla ritmica composizione di forme e colori utilizzati in modo puro, linguaggio che i Missoni traducono e rielaborano nei motivi centrali del proprio processo creativo.







Senza titolo
Sonia Delaunay, Senza titolo, 1924





Ballerina
Gino Severini, Ballerina, 1957 ca





Compenetrazione iridescente n 4
Giacomo Balla, Compenetrazione iridescente n 4, 1912-13





Spessori di atmosfera
Giacomo Balla, Spessori di atmosfera, 1920 ca





Linee spaziali
Giacomo Balla, Linee spaziali, 1929 ca





Simultaneità architettonica
Enrico Prampolini, Simultaneità architettonica, 1921 ca





Architettura sintetica di uomo
Fortunato Depero, Architettura sintetica di uomo, 1916-17





Appuntinto tondo
Wassily Kandinsky, Appuntinto tondo, 1925





Studio per bilico
Osvaldo Licini, Studio per bilico, 1932 ca





Senza titolo
Atanasio Soldati, senza titolo, 1935





Composizione G.R.U.
Mario Radice, Composizione G.R.U., 1937





Composizione 43
Manlio Rho, Composizione 43, 1936





Study for homage to the Square
Josef Albers, Study for homage to the Square; Still Remembered, 1954-56





Superficie 172
Giuseppe Capogrossi, Superficie 172, s.d





Composizione
Carla Accardi, Composizione, 1950





Composizione
Enrico Prampolini, Composizione, 1952





L'urto
Emilio Vedova, L'urto, 1949-50






Il colore, la materia, la forma


La mostra prosegue con una serie di installazioni immersive, progettate da Luca Missoni e Angelo Jelmini, caratterizzate da una profonda fusione tra ricerca di materia e colore, propria del fashion design, e dimensione ambientale, mutuata dalle arti visive. Realizzare abiti per i Missoni significa, infatti, dare spazio al colore, alla materia e alla forma, immaginate e plasmate secondo una rigorosa e personale ricerca estetica. Lo confermano queste grandi e scenografiche installazioni che avvicinano il visitatore all'elasticità della materia e alla ricerca delle tonalità del colore, mostrando l'eleganza e la morbidezza del filato e del tessuto a maglia, principale cifra stilistica della Maison documentata anche dagli oltre cento abiti storici esposti.







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I dialoghi


I dialoghi tra l'intensa attività creativa di Ottavio e Rosita Missoni e la cultura visiva italiana sono, tra gli anni Cinquanta e Ottanta, intensissimi. Un'ampia selezione di opere, provenienti anche dalla stessa collezione del MA*GA, documenta questa costante relazione: i riferimenti, le persistenze e le variazioni di motivi sono ricorrenti opera dopo opera. Troviamo così le tele di Ottavio Missoni confrontarsi con i grandi maestri dell'astrattismo italiano del secondo Dopoguerra, dagli autori di Forma 1, come Dorazio e Accardi, al MAC di Munari e Dorfles, fino alle sperimentazioni optical e cinetiche di Dadamaino e Colombo. Notiamo poi come tra anni Settanta e Ottanta l'uso di segno e colore si faccia più rarefatto e concettuale conferendo una chiave di lettura del tutto inedita e autonoma ai molteplici studi e bozzetti realizzati dallo stesso Ottavio Missoni.







Struttura Spaziale in tensione
Nino Di Salvatore, Struttura Spaziale in tensione, 1952





Negativo Positivo giallo-rosso
Bruno Munari, Negativo Positivo giallo-rosso, 1951





Senza titolo
Ottavio Missoni, Senza titolo, 1971





Composizione
Mario Nigro, Composizione, 1951





Serpente
Piero Dorazio, Serpente, 1968





Acoma I
Piero Dorazio, Acoma I, 1963





E dietro infiniti spazi
Achille Perilli, E dietro infiniti spazi, 1951





Senza titolo
Tancredi, Senza titolo, 1953





Bianco plastica 1
Alberto Burri, Bianco plastica 1, 1961





Concetto spaziale
Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1960





Concetto spaziale
Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1965











Gli arazzi


Nell'ultima sala espositiva, la mostra presenta un'inedita installazione che permette di confrontare, in un unico grande ambiente, le opere più significative di Ottavio Missoni. Si tratta di una serie di grandi arazzi realizzati in patchwork di tessuto a maglia, allestiti in uno spazio immaginato da Luca Missoni e Angelo Jelmini come scenografico e suggestivo. Questo per sottolineare l'importanza che gli arazzi hanno avuto per Ottavio Missoni il quale, a partire dagli anni Settanta, li elegge come esclusiva tecnica di espressione artistica, capace di concentrare in modo peculiare gli interessi trasversali, sia nella moda che nell'arte, per materia e colore.







Arazzo
Ottavio Missoni, Arazzo, 1985





Arazzo
Ottavio Missoni, Arazzo, 1981







Info Mostra
Missoni l'arte il colore

MAGA Fondazione Gallarate d' Arte Moderna e Contemporanea
Gallarate (VA)


Data della mostra
19 aprile – 8 novembre 2015