Il Bel Paese. Le ragioni di una mostra
Claudio Spadoni
Le linee guida che hanno ispirato le esposizioni del Mar fin dalla sua ridefinizione istituzionale, hanno puntato da un lato sulla messa a fuoco di figure capitali della storia e della critica d'arte italiana, dall'altro sulla riconsiderazione di stagioni e motivi se non proprio inediti poco sondati e di fatto per buona parte elusi dal sistema sempre più convulso delle mostre degli ultimi decenni. Così, alle ricostruzioni dei percorsi critici di studiosi quali Corrado Ricci, Roberto Longhi, Francesco Arcangeli, Giovanni Testori, si sono alternate le rassegne dedicate alla Grande stagione dell'acquarello inglese, ai Preraffaelliti e il sogno italiano, all'Artista viaggiatore, la rivisitazione del sogno esotico dall'Otto al Novecento; quindi l'Italia s'è desta, ovvero la ricostruzione analitica delle vicende del secondo dopoguerra. Poi Borderline, vale a dire il complesso rapporto tra arte e alienazione dall'insorgere delle avanguardie fino ai giorni nostri; infine L'incanto dell'affresco. Capolavori strappati, una sintesi del tutto inedita, per quanto auspicata da Roberto Longhi oltre mezzo secolo fa, della storia dello strappo degli affreschi. A queste mostre si sono aggiunte vaste antologiche di protagonisti del secolo scorso, da Casorati a Giacometti, col corollario di altre dedicate ad artisti tuttora attivi. Un campo di indagine — poiché questo è stato l'obiettivo di una programmazione estranea ad altre ragioni e finalità — che ha attraversato soprattutto gli ultimi due secoli, e che vede ora con Il Bel Paese — palese la citazione dall'abate Antonio Stoppani — un ulteriore tassello che mira a riconsiderare un ampio tratto di storia italiana.
Un campo di indagine decisamente vasto, oltre mezzo secolo, dal culmine dell'epopea risorgimentale alla grande guerra del 1914 che, giusto cent'anni fa, nel 1915, vide la partecipazione al conflitto anche dell'Italia. Nessun intento celebrativo, s'intende, poiché non si celebrano le tragedie, e semmai si dovrebbero rammemorare nella rinnovata, per quanto quasi sempre delusa speranza che la storia "magistra vitae" possa esserla davvero. Un racconto, se così lo si vuole intendere, che prende avvio dal compimento del sofferto processo di unificazione di un Paese quale il nostro, che se non era affatto, come era stato brutalmente definito, nient'altro che "un'espressione geografica", ben poco aveva comunque di unitario. E ancor meno la consapevolezza della condivisione di un carattere identitario unificante, fosse anche riconducibile, più che a una coscienza diffusa, ad una mitologia che aveva mosso tanti letterati, artisti, figure più o meno illustri, protagonisti per alcuni secoli del grand tour. Una mitologia che proprio quei viaggiatori europei avevano a loro volta contribuito ad alimentare e a diffondere. Un motivo su cui si è accumulata una bibliografia vastissima e che ha ispirato o accompagnato esposizioni mirate che in qualche modo si intrecciavano con altre, di taglio diverso ma volte comunque a mettere in luce aspetti ben definiti della vicenda artistica in particolare di fine Ottocento.
Tempi che vedono il motivo ispiratore del grand tour mutare decisamente di segno, con l'attenzione preminente rivolta alle vicende artistiche, al loro procedere sempre più speditamente sulla via di una "modernità" europea diversamente intesa e prefigurata. E sporgendo ormai su un nuovo secolo subito alle prese con l'insorgere impetuoso delle avanguardie, e la nascita di una loro quasi inedita, duratura, mitologia.
Occorreva rivisitare con un'attenzione sgombra da pregiudizi e in una prospettiva europea — che voleva poi dire con un occhio particolare alla Francia, indiscussa dominatrice artistica del secolo — le vicende italiane più determinate a liberarsi da persistenze regionalistiche, spesso rimpicciolite fino all'aneddotica, alla nota di folclore. Vale a dire da tutto quanto Roberto Longhi, con una buona dose di sarcasmo, avrebbe sintetizzato in una sequenza impietosa ancora nel 1937. « [] ci si ostina ad impiegare un metro invece che un doppio decimetro (e ne avanza) per le misure degli adorabili ottocentisti. Quella loro minutezza mentale, quello spicinio di aneddoti fuciniani, quelle maniere da erboristi innamorati, da garibaldini in congedo illimitato, da allevatori di piantine nane, da guardiani di ciuchini in pelliccia [ ]».
E nemmeno azzardare anche il più timido raffronto con certe, ai suoi occhi inattingibili, figure, dell'Olimpo francese. Una più credibile riconsiderazione del nostro Ottocento è storia recente. Assieme alle diverse mostre che riguardavano questo secolo, ormai liberato da tenaci, perduranti complessi e finalmente recuperato ad una dignità internazionale, altre hanno posto l'attenzione sulle vicende che sporgevano sul Novecento. Fino alle immancabili iniziative promosse in occasione del centenario della nascita del Futurismo, che orchestrò le sue puntate più audaci giusto alle soglie della Grande Guerra, in un pensiero della modernità che riguardava ogni aspetto della cultura e della vita.
Quanto di più inatteso in un Paese quale l'Italia, ma con effetti dilagati ben oltre i confini, come confermano i suoi diversi proseliti dall'Europa alle Americhe. E se non poteva stupire che le celebrazioni del centenario del Primo manifesto futurista, redatto nel febbraio del 1909 da Filippo Tommaso Marinetti, raccogliessero significativi riscontri anche in autorevolissime istituzioni internazionali notoriamente votate — e in tal senso si certificava una volta ancora il ruolo del suo più controverso ma anche più totalizzante movimento all'avanguardia — più sorprendenti sono invece giunti i riconoscimenti del nostro Ottocento, contro cui proprio i futuristi avevano rivolto le loro più feroci invettive.
D'altra parte è pur vero che anche agli occhi di nostri autorevoli studiosi la grande storia dell'arte italiana sembrava essersi esaurita con le ariose narrazioni di favole antiche, di allegorie e fasti olimpici dipinti dal Tiepolo, o con la Grecia risognata e offerta all'attualità del Canova. Campioni di un mondo perduto, e ritenuti ormai estranei ad un divenire che germinava oltre le Alpi. Una prospettiva critica, da molto tempo dismessa, e che non varrebbe più il tempo di rievocare se non per un'ipotetica "storia della Storia dell'arte".
Questa mostra e il presente catalogo che l'accompagna, non accampano alcuna pretesa, che giungerebbe comunque tardiva, di risarcimento, e neppure di una risistemazione di un tratto di storia dell'arte italiana più spesso rivista per singole tendenze, per gruppi, per vicende insomma circoscritte; ai fini di una più approfondita analisi. Piuttosto, attraverso una sequenza di sezioni tematiche nelle quali convivono e sono messi a confronto autori e soluzioni linguistiche di-verse, si è inteso offrire un'immagine del Bel Paese che assieme alle sue peculiarità paesaggistiche e storiche ne documentasse anche i motivi ricorrenti di vita quotidiana, i costumi, i riti, consumati tra vistose disparità sociali. A questo riguardo, trattati di storia a parte, sarebbe utile leggersi magari i trattatelli sul saper vivere pubblicati da Matilde Serao proprio allo scoccare del Novecento. "Norme di buona creanza" che riguardavano, per fare solo un esempio, la villeggiatura, un privilegio allora di pochi e che rimarcava significativamente una distanza fra classi che pareva incolmabile. Un manuale di comporta-mento con l'indicazione anche dei tessuti degli abiti a seconda delle stagioni, una "piccola farmacia di viaggio", il corredo e gli oggetti immancabili nella valigia delle signore e in quella del signore. Non erano consigli per le folle di emigranti stipate nei bastimenti per le Americhe. La buona ritrattistica, nelle sue diverse tipologie e interpretazioni, è uno specchio fedele della borghesia più agiata, quanto quella discriminante, ma anche solidale, con le figure più miserevoli. Così come certe immagini dei più umili lavori quotidiani, che insistono sulla vita nei campi, nelle stalle, nei luoghi dove il tempo pare essersi fermato, in scene di genere di un Paese ancora lontano dal progresso industriale.
Dal paesaggio colto nelle sue molteplici fisionomie naturali e storiche, attraverso soluzioni espressive che si diversificano nelle distinte personalità degli artisti e nelle tendenze che si intrecciano e si susseguono nel corso dei decenni — dai Macchiaioli alla Scapigliatura, dal Divisionismo al Futurismo, — con tutte le diverse anime, e le inflessioni anche regionalistiche del realismo ottocentesco, fino al verismo più crudo quanto più lontano dalle eleganze di area liberty, si passa ai motivi della vita nei suoi diversi aspetti. Non senza un apparato fotografico che pur nel suo carattere documentario offre anche una significativa traccia della diffusione del mezzo, in un complesso intreccio di rapporti di dare e avere con le vicende della pittura.
Un percorso di immagini scandito da sezioni tematiche, che dunque non segue una ricostruzione cronologica delle vicende artistiche, ma che vuole piuttosto offrire uno spaccato storico-sociale del tempo considerato. Fino ad assumere il carattere più specifico di una stagione artistica nel passaggio, per molti aspetti cruciale, da un'eredità ottocentesca ancora attiva e diffusissima, all'irruzione futurista che per un lustro, fino all'entrata in guerra del Paese, di manifesto in manifesto, nell'icasticità delle opere e la perentorietà dei proclami, si pone tutta nel segno di un cambiamento radicale.
Della sensibilità individuale, delle prospettive sociali e di tutte le espressioni della cultura, a cominciare, s'intende, da quella visiva e del suo potenziale simbolico caricato di una deliberata violenza provocatoria: «Non v'è più bellezza se non nella lotta».
E scriveva nel 1914 Russolo, anche a nome di Marinetti, invitando l'amico Pratella a visitare gli studi di giovani artisti da reclutare: « [ ] siamo certi che sceglierai le opere più audaci, più coraggiose, più sconquassate e più violente». E di rincalzo Boccioni: «Scegli roba avanzatissima, ti raccomando la più mossa la più dinamica la più sconquassata, grottesca, schifosa». Che è tutto dire. In realtà la ventata futurista dava la misura di un passaggio, che si sarebbe voluto tanto repentino da risultare traumatico come ogni atto rivoluzionario, da una condizione ancora improntata ad una perdurante tradizione agricola, a una modernità tutta all'insegna del progresso tecnologico, dei processi industriali. Ecco, della macchina, nuovo idolo per un secolo nuovo. L'interventismo sostenuto dai futuristi, a parte le rivendicazioni nazionaliste, ben rappresentava un'idea di palingenesi che comportava la rimozione del passato, del "vecchio", quale appariva, appunto, la "podagrosa" cultura ottocentesca. La guerra poi, con la morte prematura di alcuni protagonisti, i ripensamenti di altri, e l'inevitabile mutare di clima, ha posto sotto altra luce anche le utopie dell'avanguardia, schiudendo la via ad un ripensamento dell'antico che ben poco comunque aveva a che vedere con la tradizione ottocentesca. Ed è questo anche il confine cronologico della mostra.
Info Mostra
Il Bel Paese
Museo d’Arte della città di Ravenna
Orario
fino al 31 marzo: martedì - venerdì 9-18, sabato e domenica 9-19
dal 1 aprile: martedì - giovedì 9-18; venerdì 9-21; sabato e domenica 9-19
aperture festive: Pasqua, Lunedì dell’Angelo, 25 Aprile, 1° Maggio e 2 Giugno
la biglietteria chiude un’ora prima
chiuso lunedì
Enti organizzatori
Comune di Ravenna - Assessorato alla Cultura, MAR Ravenna
Data della mostra
da martedì a 22 febbraio – 14 giugno 2015
Vernice riservata alla stampa: sabato 21 febbraio 2015 dalle 11.00 alle 15.30
Conferenza stampa: sabato 21 febbraio 2015 ore 12.30
Inaugurazione: sabato 21 febbraio 2015 ore 18.00
Biglietti
intero € 9, ridotto €7, studenti €4
Con la collaborazione di
Galleria d’Arte Moderna di Genova
Sponsor ufficiale
Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna
Con il contributo di
Camera di Commercio di Ravenna
Media partner
QN - Il Resto del Carlino
Sponsor tecnico
XL Group Insurance Reinsurance
Partner per i servizi di audioguida e radioguida
Antenna International
Si ringrazia
IKEA FAMILY, Teleromagna
Catalogo
Sagep Editori S.r.l. (€27 in mostra)