Balla nel 1891, a vent'anni
MIA BIOGRAFIA: GB
Elena Gigli
Giacomo Balla
nato Torino
verde violetto – sfaccettato [sic]
uomo – intuitivo trascendentale
Pittore Futurista – dinamismo.
astrazione – stato d’animo.
equivalenti plastici – compenetrazioni
ed altro che poi si vedra'.
Vita turbine tempesta.
maree – vittorie – allenamento
lotta x lotta batte record
divertimenti o godimenti milioni
noie O x O – Soddisfazioni
esistere per dare.
difetti – semicircolari
Scrive Giacomo Balla su un pezzo di carta da lettera tagliata a meta': e' un efficace autoritratto databile al 1915 per le allusioni nel testo e per la grafia della firma. Nato a Torino il 18 luglio 1871 (a mezzogiorno) in via Moncalieri, non lontano dal Po e da Piazza Vittorio Emanuele (Comune di Torino, Atto di nascita 2008, Ufficio I, anno 1871) da Lucia Gianotti, una signora “piccoletta, autoritaria e despota” e da Giovanni, chimico e matematico oltre che interessato alla fotografia. Gia in tenera eta' Balla si interessa alla pittura: al compimento degli otto anni, fotografato da Manfredi sul cavallo a dondolo, gli viene regalata una scatola di colori. “Ho cominciato dai primi anni della mia vita a pensare: voglio fare un quadro. Nessuno mi aveva spiegato cosa ci voleva per dipingere. Io non avevo idea alcuna per l’esecuzione di un’opera e volevo fare un quadro, ora bisogna spiegare che mai persona mi ha dato forza e aiuto per raggiungere il mio ideale, dalla morte di mio padre ho sempre sopportato tutte le privazioni che la vita sociale puo' dare, e poco per volta mi sono allontanato dal mondo e mi avvicino sempre piu' alla natura”. Dopo la morte del padre (1879) deve abbandonare la scuola per lavorare in una tipografia: tuttavia riesce a frequentare dei corsi serali. Dopo aver seguito il programma triennale del corso preparatorio all’Accademia Albertina di Torino sotto l’insegnamento di Giacomo Grosso, frequenta le lezioni di psichiatria e di antropologia criminale del prof. Lombroso e lo studio del fotografo Oreste Bertieri attraverso il quale entra in contatto con Giuseppe Pellizza da Volpedo. L’insieme di queste lezioni all’Accademia come negli studi vengono a far parte di quel suo bagaglio pittorico che si portera' con se durante tutta le sua vita di pittore sperimentalista. E’ dal catalogo della 50 Esposizione alle Belle Arti di Torino che apprendiamo la prima opera di Balla esposta: Tramonto.
Nell'inverno del 1919 l'allievo Toto Fornari fotografa Giacomo Balla con la moglie Elisa e un visitatore statunitense nel suo studio di Via Paisiello popolato di nuove ricerche di futur natura
“Il pittore completo che ama la verita' eterna nell’espressione della NATURA, quando viene pittoricamente suggestionato da essa, le correnti trasmissive sono ingenuamente prive di qualunque scuola, metodo, regola, maniera ecc. e sono verginalmente sincere, NATE solo perche'hanno trovato quei dati specialissimi sensi o nervi scrupolosamente adatti alle creazioni artistiche. Solo continuando lavorare altrimenti fabbrica della moda. L’opera d’arte deve nascere come e' nato lo stile dei popoli passati, i gotici, gli Egizi, i romani ecc.. Allora dalle immutabili abitudini presenti – e mai passate o future – si spiega l’opera d’arte. In questo modo quando le correnti si manifestano al Verista Poeta o Filosofo ecc. pure la variabilita' dei quadri sara' straordinaria”, si legge in uno dei tanti taccuini di Balla. E ancora: “mi alimento della purezza buonissima della natura per cui figlio di essa non accetto nessuna affermazione. Ho un carattere ne’ cosi' ne’ cosa', sono natura fatto da essa e non dagli uomini, per cui vivro' da me certissimo della mia arte che fa palese nella pittura la mia anima”. Giacomo Balla – figlio della natura – ha sempre vissuto a contatto con essa. Quando nel 1895 si trasferisce a Roma da Torino, dopo vari piccoli e veloci traslochi (a via Piemonte 121 lo troviamo nel 1896), va ad abitare con l’anziana madre e la giovane sposa Elisa Marcucci nella casa-convento tra via Parioli 6 (oggi via Paisiello) e via Nicolo’ Porpora: dal balcone che unisce le varie stanze-cella Balla studia e dipinge la natura di Villa Borghese, le statue della Villa, le fontane dalle acque ricche di riflessi, il sole come la luna, la giovane Elisa sorridente o la piccola Luce che raccoglie le margherite, l’amico Cambellotti che – in atto di incidere una medaglia – esprime il moto del martelletto nel suo rapido gesto. Il Futurismo e' gia' in atto: non a caso Maurizio Fagiolo costruendo una mostra con le opere di questo periodo l’ha intitolata Verso il futurismo e non prima del futurismo
Infiniti sono i pezzettini di carta (a volte anche grandi) dove Balla coi suoi pastelli rappresenta gli alberi spogli della campagna romana o una strada tra i verdi prati dall’alto orizzonte: tutti studi della luce che troviamo attaccati con le puntine sulla parete della sua abitazione-studio di Via Piemonte. Grandi vedute di Villa Borghese come la citta' che avanza (per usare una terminologia futurista) le troviamo nello studio di via Parioli dove Balla ci va a abitare nel 1904 e vi restera' fino al 1926. In un altro taccuino si legge: “Animali, piante, mari, monti, cielo, terra stagioni, paesi, climi freddi e calori tutti e giorni allegri e tristi ecc. tutto insomma diventa arte – nuova - immutabile”. Ogni angolo della sua strada come della sua vita diventa il teatro della sua tela: da sperimentatore guarda, analizza, studia tutto quello che gli capita a tiro. Gli eucaliptus di Villa Borghese, l’ombra che la sua casa - covento fa sul prato al di la della ringhiera, le torri del Museo Borghese illuminate dalla luna, il volto della moglie Elisa o il correre della piccola Luce nel raccogliere le margherite, gli amici intenti al lavoro (lo scultore Enrico Glicenstein viene ritratto in un’opera dispersa in Russia nel 1909), le agavi al mare di Anzio… tutto diventa arte – nuova – immutabile. Ritrovato per caso da Fagiolo nel 1967 sul retro di una fotografia all’eta' di quattro anni scattata dal Bertieri, il primo autoritratto realizzato da Balla appartiene a questo momento.
Siamo al 1902: ha oltrepassato la soglia dei trent’anni come si vede nella fotografia dove appare con lo sguardo verso l’alto, verso il futuro, verso il futurismo.
Il 15 giugno 1904 Giacomo Balla sposa Elisa Marcucci in Campidoglio: il fratello della sposa, l’idealista educatore Alessandro, e lo scultore Duilio Cambellotti sono testimoni (lo stesso Cambellotti che Balla ritrae col martello in mano intento a scolpire una medaglia in un movimento gia' futurista). Il 13 dicembre 1904 nasce la primogenita Lucia: nel periodo futurista il suo nome diventera' Luce. In questi primi anni Dieci molte e internazionali sono le mostre dove Balla partecipa: e' presente a quasi tutte le edizioni degli Amatori e Cultori di Roma mentre a Venezia espone solo nel 1906. All’inizio de secolo lo troviamo esporre al Glaspalast di Monaco di Baviera come allo Stadtische Kunstpalast di Dusseldorf, alla Italian Exhibition di Londra come alla Exposition Internaticional di Barcellona. A fine decennio la consacrazione europea: espone al Salon d’Automne di Parigi e invia un quadro del polittico Dei Viventi a Buenos Aires. Ma stanco forse della troppa quotidianita'’ pittorica, pronto a sperimentare il nuovo, Balla si libera “del fardello della esperienza, della celebrita', e di tutte le sue opere, rinverginato con rinnovato ardore irradiante di Fede, molta intuizione, ottimismo, fresco come una rosa fresca; felice di sentirsi nuovo di bucato, incomincio' in mezzo a un camerone vuoto bianchissimo a tracciare sopra fogli di carta le linee di auto in corsa, oggettive prima, sintetiche in seguito (linea sintetica di velocita') basi fondamentali e formidabili delle personalissime forme-pensiero: creazioni sue inconfutabili” (Giacomo Balla). A questo punto possiamo concludere che tutto cio' che il nostro sperimentatore del XX secolo vede nella sua semplicita' e riporta sulla tela o sulla carta diventa – quindi - la principale fonte di ispirazione durante tutta la sua vita: “Ogni volta una nuova soluzione al problema visivo, proprio come avviene nel procedimento sperimentale che lo portera' a dipingere tante volte lo stesso volo di rondoni o il movimento dell’automobile, che lo portera' tante volte a guardare Mercurio davanti al sole oppure le linee di paesaggio…”, mi diceva Maurizio Fagiolo. Quasi nulli sono gli autoritratti realizzati nell’attivo momento futurista, se escludiamo gli esperimenti realizzati con le parole (alcuni provenienti da Casa Balla). L’11 febbraio 1910, su invito degli allievi Umberto Boccioni e Gino Severini, sottoscrive il Manifesto dei pittori futuristi insieme a Carra’ e Russolo; l’11 aprile sottoscrive La pittura futurista. Manifesto tecnico: “la nostra brama di verita' non puo' non essere appagata dalla Forma ne’ dal Colore tradizionali! Il gesto, per noi, non sara' piu' un momento fermato del dinamismo universale; sara', decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale. Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non e' mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza delle immagini sulla retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono. cosi' un cavallo da corsa non ha quattro gambe: ne ha venti, e i loro movimenti sono triangolari”. Un anno prima, il fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti afferma che “la magnificenza del mondo si e' arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocita'. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, e' piu' bello della Vittoria di Samotracia”.
L’arte di Balla parte sempre dall’analisi della realta': la natura di Villa Borghese come le gambe di un cane al guinzaglio o quelle della sua bambina Luce che corrono sul balcone, la mano che suona il violino come il volo delle rondini tra la grondaia, le automobili che corrono in via Nazionale a Roma, le vele di alcune barche mosse dal vento sul mare di Viareggio….Alfredo Petrucci prende in esame il movimento come un problema d’arte contemporanea esaminando opere di artisti del suo tempo a confronto con opere classiche: “Preoccupazione dei futuristi, fu invece la durata dell’apparenza. E fermo in questo concetto, il Balla, prima che Boccioni giungesse alle audaci sue astrazioni plastiche, fisso' in alcuni dipinti i suoi studi sulle figure in movimento”.
1912: anno del movimento, della luce. Ospite della contessa Nerazzini dipinge il movimento nella tela di Buffalo (USA) Guinzaglio in moto e nel giugno a Roma nella tela della Collezione Grassi Bambina x balcone, ospite dei Lowenstein a Dusseldorf nel 1912 dipinge le luce nelle Compenetrazioni iridescenti. Leggiamo le lettere che invia alla famiglia rimasta a Roma: “Tutto diventa, per la qualita' della luce, piu' misterioso e velato, e la materia meno reale. I profili della citta' di Dusseldorf si delineano velati con punte aguzze. Il Duomo – nell’interno le alte vetrate colorite delle piu' vaghe tinte, brillano tra le altissime arcate gotiche. Belle vetrate colorate a triangoli e quadretti gialli e blu”; “Molto carissimi, O prima di tutto godetevi un pochetto quest’iriduccio perche' son piu' che certo vi piacera': dovuto tale risultato ad un’infinita’ di prove e riprove e trovando finalmente nella sua semplicita' lo scopo del diletto. Altri cambiamenti portera' nella mia pittura tale studio e l’iride potra' mediante l’osservazione del vero avere o dare infinita' di sensazioni di colori”. La stessa luce, le stesse compenetrazioni luminose degli studi conservati a Torino (GCAM) e delle grandi tele e nei bozzetti la troviamo nel concentrato e luminoso progetto per la decorazione di Casa Lowenstein. Durante tutta la sua vita Balla ha conservato queste opere in Casa ritenendole degli esperimenti sulla luce: infatti solo dal 1954 troviamo esposte le compenetrazioni iridescenti.
1913: il volo delle rondini. Dal balcone della sua casa-convento ai Parioli Balla guarda e studia le rondini nel loro andirivieni sulle grondaie: “Ma ci sono i rondoni che volano e fanno festa intorno al tetto della casa e per tutta quella stagione fino alla primavera inoltrata resta occupato a studiare il volo dei rondoni; e' questo uno studio difficile e complesso poiche', oltre i susseguirsi dell’immagine degli uccelli mentre volano, egli intuisce e vuole rendere le linee del movimento dell’osservatore, mentre con passo lento si sposta camminando”. Molti sono gli studi schizzati con piu' o meno uccelli che si sommano tra loro quasi in una sequenza cinematografica nei fogli donati da Luce Balla nel 1994: i semplici studi stenografici sul volo si vengono a complicare poi dall’ambientazione nello spazio fino ad arrivare alla sintesi ben rappresentata nella tela acquistata nel 1948 da Alfred H. Barr.
Parallelamente allo studio delle rondini, Balla analizza il movimento dell’automobile: “fatto si astrae con equivalenti che dal loro punto di partenza vanno all’infinito” si legge su un foglio di taccuino dove Balla ha schizzato uno delle prime macchine che vede sfrecciare a via Nazionale a Roma; e ancora nella cronaca dell’epoca si legge che Balla sta elaborando un quadro “rappresentante via Nazionale nella esuberanza e grandezza del tumulto veicolare”. Tale soggetto e' stato ritenuto dai Futuristi e da Balla stesso molto significativo per la loro nuova poetica al punto che se da un parte troviamo subito esposti alcuni quadri della serie, dall’altra sara' il volume di Boccioni, Pittura scultura futuriste del 1914 a trasmettere all’Europa prima (e agli USA poi) questa nuova ricerca, ovvero la penetrazione dinamica di una automobile nella luce della velocita'.
1914, 30 ottobre: a Roma nasce la secondogenita Elica. Nel suo nome il pittore del movimento fissa l’idea dinamica della velocita' e quella guerresca del volo. Il 7 novembre il pianeta Mercurio passa davanti al sole. Il fenomeno e' visibile in Italia e Giacomo Balla con il suo cannocchiale si sofferma a studiare l’evento e prende appunti con matita e pennelli: “con tutta calma si prepara il vetro affumicato per osservare col suo cannocchiale il passaggio di Mercurio davanti al sole che verra' nel mese di giugno. L’avvenimento astronomico e' raro e Balla, appassionato di astronomia non lo perde davvero. E traccia disegni e bozzetti in cui si sente l’artista che cerca di rendere gli oggetti con tecnica quasi aerea – non compatta – poi due tempere grandi l’una piu' complicata l’altra piu' sintetica con linee che danno la sensazione del movimento dell’osservatore, al cannocchiale, il quale si sposta guardando fuori e dentro di esso”. In poche settimane l’artista realizza una dozzina di lavori sperimentali piu' o meno complicati nelle linee e nei colori: tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido dall’analisi alla sintesi, verso un’altra ricerca sperimentale che si apre e si chiude per lasciare posto ad un’altra analisi verso un’altra sintesi in un crociano rincorrersi storico. Gli anni Dieci del Futurismo si intrecciano al momento bellico della Grande Guerra: davanti all’Autoritratto interventista si fa fotografare con abiti futuristi intorno agli anni Venti.
Balla con la sua chitarra
Roma 12 aprile 1917: al Teatro Costanzi va in scena la rappresentazione di Feu d’artifice per i Ballets Russes di Diaghilev, “continui e forti giuochi di luce e sbattimenti d’ombre variate” dentro “costruzioni in legno e stoffa, a punta, a cono rovesciato, mostruosita' geometriche, mezzo sferiche e mezzo cilindriche” ideata e realizzata interamente da Balla. E queste “costruzioni in legno e stoffa, a punto, a cono rovesciato, altro non sono che elementi di un paesaggio globale modificato dalla luce pronto a diventare una forza di paesaggio quando si viene ad unire alle sensazioni private del pittore. La Grande Guerra sta per concludersi e dopo il momento bellico durante il quale Balla ha dipinto le cosiddette opere interventiste, proprio per continuare l’esperienza dell’analisi a catena riprende due temi a lui tanto cari: il paesaggio e la linea di velocita'. “Il copioso lavoro, gli studi e la realizzazione della scena di Fuochi d’artificio sono stati per Balla una grande esperienza; infatti tutta quella serie di quadri che dipinse fra il 1916 e il 1918 intitolati linee forza di paesaggio rappresentano un ambiente, una scena - sempre la stessa – su cui si riflettono le varie sensazioni dell’artista come sulla scena le luci”. Nell’ottobre del 1918 – la Grande Guerra e' ormai finita – Balla espone nella galleria di Bragaglia quaranta opere: sedici sono dedicate alla serie Forze di paesaggio (piu' sensazioni varie). cosi' ne parla Anton Giulio Bragaglia: “Balla guardando lo stesso paesaggio lo ha influenzato con colori e deformazioni che gli suggerivano la visione mentale”. Il ricco cataloghino di 18 pagine e' cosi articolato: viene pubblicato il Manifesto del colore firmato da Balla e la lista delle 40 opere viene intervallata dalle illustrazioni grafiche di alcune opere esposte (Estate, Forze - paesaggio, Colpo di fucile). Come nel primo decennio del XX secolo, anche ora la casa-studio di Balla e' ricca di opere, attaccate alle pareti come appoggiate per terra. Esistono delle fotografie scattate dall’amico Fornari dove Balla in compagnia di una amico americano ci appare come lo ricorda Filippo Tommaso Marinetti: “Balla, massimo pittore d’oggi, rassomiglia forse a una nuvola temporalesca irta di folgori o meglio ad un ciclone che da’ l’assalto ai ruderi. E’ un pittore dotato di una straordinaria abilita' manuale alleatissima”. In alto, verso sinistra, si riconosce una grande tela dal tema della Linee forze di paesaggio mentre in basso troviamo un Colpo di fucile domenicale. Nella mostra da Bragaglia, oltre ai quadri troviamo anche esposta la Fluidita' di forze rigide della Marchesa Casati, ovvero l’assieme plastico pubblicato sulla copertina della rivista “Il Mondo”. Un’altra forma che da pensiero diventa ritratto, ovvero assieme plastico. Balla, sempre vicino alla natura (come ricorda la figlia Elica), resta colpito da una nuova sensazione: un colpo di fucile che viene a rompere il silenzio di una domenica a Villa Borghese e' il soggetto di tre tele esposte alla galleria di Bragaglia nel 1918. La natura, con le sue mutazioni metereologiche legate al trascorrere del tempo, diventa il tema di un altro ciclo sperimentale che Balla sviluppa in questi anni: Stagioni. In Casa Balla esistevano tre tele dalle bizzarre cornici eseguite dallo stesso artista dove venivano proposte la primavera, l’estate e l’autunno: un bel giorno un accanito collezionista voleva acquistare solo la primavera ma le signorine Elica e Luce gli dissero che le tre tele dovevano restare insieme a formare un trittico. E cosi' fu: un altro ciclo sperimentale che si e' aperto e richiuso dentro un trittico artistico.
Viareggio 15-30 settembre 1919. In compagnia della moglie Elisa e delle due figliole, Giacomo Balla trascorre un periodo di vacanza ospite da una amica di famiglia a Viareggio. Colpito dalle onde del mare ne scrive all’anziana mamma rimasta a Roma: “carissima, Aspetto tue notizie. Noi andiamo al mare, grandi bagni. Siamo neri come i mori – Grande appetittoooooo – Stai tranquilla. Saluti Balla”, accanto allo schizzo del mare aggiunge: “Oh Bep. Tieni la mammina, ti portero' un regalino” (15 settembre); “grande mare agitato, niente bagni. Spettacolo magnifico – tutti appetito – tuo figlio” (20 settembre). Partendo sempre dalla natura (il verde del paesaggio prima, il blu del mare ora), Balla sviluppa un altro ciclo sperimentale unendo alle nuove linee forza di mare i diversi stati d’animo: l’amico Virgilio Marchi parla di “movimenti svolazzanti di certe piume bersaglieresche rimanti col moto fragroso del Tirreno sulle scogliere” dove “Balla stabilisce che il mare respira e anche le piume dei bersaglieri respirano”. Oltre alle cartoline e a diversi bozzetti Balla realizza un compatto ciclo composto da una “dozzina di dipinti a olio su tela dello stesso formato (cm.70x100), che affrontano tutte le tematiche del mare e delle vele al vento. La cornice a onde sferzanti, presente in tutti i quadri della serie, concorre a precisare il senso dinamico e insieme decorativo della ricerca: una sigla ripetuta del dinamismo. Non ho ancora idea di quale sia la finalita' di questo ciclo: probabilmente una mostra da tenere nel 1920, vista la compattezza della ricerca che sembra condotta in un breve periodo di tempo (inverno 1919-1920). E un’altra sintesi sperimentale sta per lasciare il posto ad un’altra analisi: l’idealismo.
“Col Manifesto tecnico della pittura futurista e colla prefazione al catalogo dell’Esposizione futurista di Parigi (firmati da Boccioni, Carra’, Russolo, Balla, Severini) […] il futurismo pittorico si e’ svolto, in 6 anni, quale superamento e solidificazione dell’impressionismo, dinamismo plastico e plasmazione dell’atmosfera, compenetrazione di piani e stati d’animo. Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioe' ricreandolo integralmente. Troveremo degli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell’universo, poi li combineremo insieme, secondo i capricci della nostra ispirazione”, scrive Balla nel 1915 firmandosi con Depero astrattista futurista. Dal maggio 1919 inizia ad apparire sul giornale “Roma Futurista” la propaganda che invita a visitare la casa futurista di Balla: “Visitate la Casa Futurista di Balla. Via Nicolo’ Porpora, 2. Roma. Sulla scia del desiderio di abbellire l’utile, di ricostruire l’universo coloratissimo e luminosissimo, Balla partendo dalla sua casa, dalla quotidianita', progetta e realizza suppellettili futuriste. Sulla rivista “Rassegna dell’arte e del lavoro” del 1922 troviamo un disegno firmato Balla Futurista dove si riconoscono un paravento una lampada accanto al mobiletto per il fumo: “l’interesse per l’arredamento testimonia la volonta' di uscire dalle ristrette dimensioni del quadro per entrare nell’ambiente della vita: […] decorare uno spazio per la vita diventera' l’idea-fissa del pittore artigiano; prima di ricostruire l’universo comincia ad allietare il suo piccolo bozzolo”. E la sua casa, il suo bozzolo diventa il nucleo da visitare dove la famiglia Balla realizza opere di arredamento futurista per venderle: visitando questa particolare officina si puo' incontrare il pittore che “come un buon operaio si metteva al lavoro e quelle mani delicate, abilissime che avrebbero potuto con quattro pennellate eseguire un’opera passatista ricavandone migliaia di lire, preferivano impiastricciare colla, segare legni, tagliar carta e cartone per ricostruire lampade, paralumi, paraventi, giocattoli e venderli l’indomani a poche lire”, come ci ricorda Elica Balla. Francesco Cangiullo, testimone del laboratorio di Balla, ne scrive: “Magia caleidoscopica di colori aggressivi. Carte variopinte sgargianti che si riflettono in lamine stagnole, occhi di celluloide che lucevano tremolanti in un quadro, lampade fantastiche di carta velina gialla e verde, accese dal sole, studi futuristi di velocita' astratte, e lacche violente e vermiglie, vernici cristalline, raso damasco, e Balla che vivificava vertiginosamente il suo ambiente pirotecnico, cantando, ballando e accompagnandosi, invasato col petto compresso sotto la chitarra”.
La casa di Balla – ai Parioli fino al 1926, poi al quartiere Delle Vittorie – si presenta sempre come una fucina dove inventare, progettare e realizzare oggetti utili al lavoro ma anche belli e magici. Occorrono dei cavalletti trasportabili per andare a dipingere in aperta campagna, e allora vengono costruiti affinche'si possano facilmente trasportare insieme alle scatole di colori e alle tele… Occorrono dei mobili per la camera dei bambini con gli angoli smussati affinche'non ci si faccia male e si usano bambini schematizzati a formare le gambe… Occorrono dei fiori per rallegrare la casa e allora si tagliano dei legni e si incastrano tra loro senza viti ne chiodi fino a darci l’immagine di un tulipano rosa o di un cactus giallo.
Occorrono oggetti per la cucina, un portauovo con dei galletti viene costruito insieme a un mobiletto per il fumo, uno sgabello insieme a un portariviste dai colori piu' diversi…. Una proposta di semplicita' e di montaggio, scomposizione e ricomposizione, movimento e compenetrazione come in ogni ciclo del continuare mutare che e' la vita.
Intorno al 1922 si presenta con il sorriso sornione e gli occhietti brillanti, in almeno cinque autoritratti: si va da quello dove si traveste da cuoco, impugnando il mestolo come un pennello a quello con i frammenti alle spalle della messinscena di Feu d’artifice Le note di Emilio Cecchi sono volte a cogliere il valore sperimentale dell’Autoritratto in veste da cuoco: “Documenta l’arte del Balla nell’aspetto realistico piu' intenso e spiritoso. Nella figura e nell’ambiente, il quel assedia e punge la figura con svolazzi di panni e lustri di metalli, la ricerca del movimento e della concordanza luminosa e' cosi' esasperata che sembra trovarsi davanti al Balla dei notissimi ed ingegnosi esperimenti futuristi”.
“La pittura futurista vuole distruggere l’immobilita' in ogni cosa trasportata nell’impressionante caos dell’azione dinamica universale dipingendo non solo la successione dei movimenti nel loro spostamento con delle analisi oggettive – esempio: cane con guinzaglio e ritmo violino – ma superando immediatamente queste difficolta' entrando nel grande dominio dello stato d’animo plastico con delle nuove forme astratte equivalenti. Niente=tutto” scrive Balla in un taccuino gia nel 1914, punto d’arrivo della distruzione del passato per una costruire qualcosa di nuovo per i “tempi futuri che saranno colorradioiridesplendoridealluminosisssssssimiiiiii”. Spesso Balla ha rappresentato due forze contrapposte: il positivo e il negativo, il no e il si, il nero e il bianco…. Nascono opere del tipo E’ rotto l’incanto accanto ai Numeri innamorati o al Pessimismo e Ottimismo o Scienza contro Oscurantismo dove il mistero della luce e del movimento si confrontano con lo stato d’animo (due elementi del futurismo anni Dieci): elementi cuneiformi o lineari vengono sempre a insinuarsi nella dimensione della tela, fino quasi a darci l’illusione del taglio. Nella primavera del 1925 il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospita la Terza Biennale dove Balla espone nella “sala futurista” organizzata da Filippo Tommaso Marinetti una decina di opere tra le quali Pessimismo e Ottimismo, Sorge l’idea e Merli futuristi. In alto, sotto l’Autospecchio, campeggia in tutta la sua importanza storica (ancora tuttavia da studiare) la grande tela Fascismo e sovversivismo incorniciata da scritte di chiara ispirazione fascista, come si vede nella fotografia della sala pubblicata da Roberto Papini.
New York gennaio 1926: Exhibition of Modern Italian Art, mostra organizzata dal Ministero Italiano della Pubblica Istruzione, de Balla invia ben sette quadri come si legge nella dichiarazione autografa di prestito. In realta' verranno esposte solo tre opere: Forest Motivation, Sensation of spring, Idea. Dal 1923 Balla collabora con il quotidiano “L’Impero”: “Roma risorge. Mussolini, l’Artefice intuitivo, costruisce l’Italia nuova, ma l’ingranaggio artistico e' ancora nelle mani dei mestatori della vecchia Italia. […] Siamo ancora in tempo, il Duce ha gia aperto la via all’Arte Nuova, la quale ispirata dall’Ideale Fascista, sapra' esaltare i grandi avvenimenti”. A Milano il Duce insieme a Margherita Sarfatti inaugura la mostra Novecento Italiano dove Balla invia il “quadro fatto in occasione dell’impresa di Fiume che rappresentava un gruppo di arditi i quali, in vari atteggiamenti, coi loro pugnali formavano la stella d’Italia. Il quadro venne, per caso, accettato e quindi notato dal capo del governo (Il quadro fu poi donato dai Direttori dell’Impero Carli e Settimelli a Mussolini)”.
Nel maggio 1926 la famiglia Balla deve abbandonare la casa-convento ai Parioli: si devono lottizzare i terreni dove verra' costruito l’attuale quartiere Parioli. Giunto lo sfratto, i Balla si trasferiscono per un breve periodo in una villetta a Valle Giulia della famiglia Ambron. Dello stato d’animo del pittore ci restano due disegni sintetici realizzati a china e un suo appunto autobiografico: “ma… qui viene il bello; Balla ricco di conquiste e di inesauribile volonta', non puo' non deve finire inpantofolato sulla defunica poltrona! Due avvenimenti vedeva chiaramente: l’agonia del passato, il risveglio avvenire. […] sano ottimismo, entusiasmo sincero, operosita' assillante, virtù elevatissime alimentate da forze naturali ignote al volgo”. L’amico architetto Virgilio Marchi “passando un anno fa da via Paisiello” vide “la celebre casa di Giacomo Balla squarciata dal piccone demolitore. Lo spacco inesorabile dei muri mi riporto' all’epoca quando le chiare pareti interne facevano da sfondo e da teatro al futurismo romano. Come a Milano nella Casa di Marinetti, a Roma nella casa di Balla affluiva gente di oggi”. Gli anni Venti sono per Balla caratterizzati dalle due valenze della vita in pittura come nella vita: il positivo e il negativo, l’ottimismo e il pessimismo, il bianco e il nero, lo sfratto e la ricerca della nuova casa…..
Giacomo Balla con il quadro "Autocaffe'", 1928
Quando nel giugno del 1929 la famiglia Balla si trasferisce definitivamente nell’abitazione di via Oslavia, porta con se molti oggetti e mobili dell’abitazione ai Parioli. La sala da pranzo verde e gialla dei Parioli diventa la camera da letto di Elica Balla, un piccolo locale con la finestra sulle scale viene decorato in rosso e diventa lo studiolo rosso, pieno fino all’inverosimile di oggetti e di quadri, di panchetti e libri…, il grande salotto ancora con pochi quadri appesi alle pareti viene fotografato dal giornale “Oggi e Domani” (Roma 6 aprile 1931): in primo piano, insieme alle creature di suo padre, sdraiata sul tappeto appare pensierosa la figlia Elica: “la casa fu arredata alla meglio, lo studio in principio ospito' prevalentemente i quadri futuristi, alcuni attaccati e altri appoggiati alle pareti” . Sempre col pennello in mano e lo sperimentalismo nel cuore, Balla vi restera' fino alla morte, avvenuta il 1 marzo 1958. L’attivita' artistica e' sempre piu' frenetica e va di pari passo con le esposizioni: presenta 20 opere figurative alla Mostra del Centenario della Societa' Amatori e Cultori mentre ben 52 sono i quadri della mostra antologica organizzata dalla Galleria del Dipinto (Roma 1930): “Considero il pittore Giacomo Balla come il tipico genio torinese. Infatti, coll’ampio ordine geometrico e l’operosita'’ tenace che caratterizzano la capitale del Piemonte, Balla organizzo e militarizzo' la sua tumultuosa potenza creatrice. A 25 anni, stabilitosi a Roma, non subisce l’atmosfera languida e le nostalgiche ceneri gloriose. Sua madre, intelligente e ferrea popolana, seduta vicino al cavalletto, vigila perche'la fragranza dei giardini non rallenti il suo scattante pennello: con tenacia piemontese suo figlio deve fissare sulla tela tutte le magie della luce romana. […] Balla, massimo pittore d’oggi, rassomiglia forse ad una nuvola temporalesca irta di folgori o meglio ad un ciclone che da l’assalto ai ruderi. piu' volte m’apparve come uno stregone negro di Rio de Janeiro educatore di pappagalli policromi”. L’anno seguente e' invitato a esporre alla I Quadriennale dove, accanto alla sala XII dove presenta tre ritratti contemporanei, espone La seggiola dell’uomo strano vicino a due opere futuriste degli anni Venti.
Intento a ritrarre la tranquilla vita della sua famiglia, Balla riceve dal direttore del MoMA di New York – Alfred H. Barr – la richiesta di prestito dell’opera futurista Guinzaglio in moto per “una grande esposizione per celebrare il quinto anniversario della fondazione del Museo d’Arte Moderna di New York”. Con la risposta positiva del pittore inizia un fervido rapporto e un costante interesse da parte dell’America per l’arte futurista di Balla che si concretizzerra’ con la mostra personale realizzata dalla galleria Origine (Roma 1951): “E oggi sono contento ma anche un po’stupito di tirare fuori le vecchie tele futuriste che avevo messo da parte vent’anni fa. Credevo fossero cose che riguardassero soltanto la mia intimita' di artista: invece riguardano anche la mia storia. Tanto meglio”. Divenuto Accademico di San Luca nel giugno del 1935 (vi si dimeterra’ nel 1947), attraverso l’interessamento del pittore Onorato Carlandi, Balla espone con
le figlie Elica e Luce alla Antonina: in catalogo vengono riprodotte Zuleika e l’olio Contrasti col titolo Bianco e Nero, opere realizzate da Balla in vista della II mostra d’Arte Coloniale di Napoli. Lo studio di Balla si va ad arricchire di tele dove appaiono le giovani figlie da sole o in compagnia, le amiche del piano di sopra, i vasi di fiori e la frutta sul tavolo, la nuda realta' che vede dalla finestra o sulle rive del fiume Tevere, i pini di Grottarossa appena fuori Roma o i giardini di viale Mazzini, la luce di Villa Borghese…. Ogni singolo oggetto, ogni particolare visione diventa una fonte luminosa da tradurre coi pennelli in opera d’arte: “tutto diventa arte – NUOVA – immutabile”.
Nel 1937, sul giornale “Il Perseo” Balla declama la sua “convinzione che l’arte pura e' nell’assoluto realismo, senza il quale si cade in forme decorative ornamentali, percio' ho ripreso la mia arte di prima: interpretazione della realta' nuda e sana”: Un ghigno contro l’arte del Novecento e’ l’espressione della tavola proveniente dalla Signora Grassi di Como (gli stessi che donarono nel 1962 molti capolavori dell’arte italiana al Comune di Milano): tanto ci crede Balla che si fa fotografare con la moglie Elisa e la giovane Elica mentre tiene in mano l’Autoghigno.
Il primo di febbraio 1942 si inaugura alla Galleria d’Arte San Marco (via del Babuino a Roma) si inaugura la Mostra personale di Giacomo Balla dove vengono presentate una cinquantina di opere scelte tra le piu’ recenti: “E’ dell’Ottocento ed e' di domani; continua il filone d’oro della miniera che nasce dalla verita' naturale animata dal mistero della creazione, perpetua l’ansia che e' nell’uomo designato. Il pittore lo ripete spesso: la visione e' chiara, la verita' e' presente. Egli e' giunto dopo lunghi anni di nobile tirocinio alla conoscenza della forma e della luce, a esprimere questa in armonia con dignita' plastica preziosa. I maestri di Balla sono: la verita' la tenacia l’amore”.
Tra queste mura di via Oslavia 39b, ho iniziato i mie studi per la tesi nel lontano 1988, accompagnata quasi per mano dalle due vestali, le Signorine Luce e Elica Balla. Prima con Giacomo, poi con le due figliole, Casa Balla e’ sempre stata aperta agli studiosi come ai collezionisti (troppi forse). I due poli opposti che Balla ha perseguito per tutta la vita li possiamo ritrovare nelle due fanciulle: Luce da una parte annota sulla Agenda le opere ancora conservate in Casa, Elica ne scrive la biografia. All’inizio degli anni Novanta la casa si chiude agli studi: Elica muore nel gennaio 1993, Luce il 30 aprile 1994. Ne resta solo il Fantasma che da vita – a volte – ai fiori sulla terrazza di via Oslavia….
Insieme a Giorgio de Chirico, Giacomo Balla e' tra i pittori che si autoritraggono piu' volte (sono piu' di novanta gli autoritratti fino a oggi catalogati) Rispecchiando il suo volto sulla tela, Balla arriva anche a doppiare tutta la sua vita e anche la sua pittura, con tutti i cambi di stile. Fino quasi alla conclusione della sua vita, avvenuta a Roma il 1 marzo 1958, troviamo nella sua arte la sua ironia, la sua coscienza di sperimentalista assoluto, il suo sorriso che si tramuta in smorfia o in ghigno, come ha scritto in un suo primo autoritratto in parole: “Balla futurista torinese - altezza 1.60 anni 39 peso 67 chili – temperamento sanguigno [cancellato] - colorito [cancellato carnagione] roseo occhi cilestri - barba ramata capelli castagni - temperamento non si sa mai - mangia e veste a modo suo - conclusione prezzo al quadro lire 2.000”.
VELOCITA’ ASTRATTA + RUMORI, 1914 ca.
cm 27,2 x 38,3
Giacomo Balla nel 1914, con una cravatta futurista
PIEDIGROTTA IN VELOCITA' + RUMORE, 1914 ca.
cm 49 x 36
FIGURA + PAESAGGIO, 1915 ca.
cm 32 x 22
RUMORISTICA PLASTICA BALTRRR, 1916
cm 38 x 26
Balla con la moglie Elisa
LA GUERRE, 1916
cm 64 x 94
Giacomo con Elisa e un visitatore, nella casa di via Paisiello, vengono fotografati da Antonio Fornari, 1918
ESPLOSIONE PRIMAVERA, 1917 ca.
cm 26,5 x 30
LINEE FORZA DI PAESAGGIO + ESPLOSIONE, 1918 ca.
cm 38 x 28
Giacomo Balla appoggiato sul balcone della sua abitazione a via Paisiello (un monastero abbandonato nel quartiere periferico dei Parioli).
PAESAGGIO, 1920 ca. cm 26 (diametro) |
PAESAGGIO SCOMPOSTO IN PIANI COMPENETRATI MOTIVO DECORATIVO, 1920 CA. |
Info Mostra
GIACOMO BALLA - Coloratissimo e luminosissimo
Galleria d'Arte Cinquantasei srl
Via Mascarella 59/b
Bologna
dal martedì al sabato 10-13 e 15.30-19
domenica e lunedì 15.30-19
25 aprile aperti al pomeriggio 15.30-19.30
29-30 aprile - 1 maggio la galleria è chiusa
Galleria d'Arte 56
Bologna Direzione Generale
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