Si è inaugurata a Palermo, nei
locali della Galleria Sessantuno una mostra di notevole interesse storico che
conferma ulteriormente l’importanza e la peculiarità del movimento futurista in
Sicilia. La mostra presenta circa cinquanta opere, in gran parte inedite, che
svelano icone e fantasie fino ad oggi ignote dello stupefacente e personalissimo
immaginario di Pippo Rizzo, Vittorio Corona, Giovanni Varvaro e Giulio D’Anna.
«Il Futurismo di Pippo Rizzo si
genera da fasci di luce, che si intersecano e illuminano dall’alto, come le
luci-scanner degli odierni locali notturni, con in più un non so che di mistico,
che dà vita ai soggetti rappresentati, luce che, distribuendo i piani, riesce a
creare un particolare panorama iconografico, in cui, per lo più, il paesaggio –
là dove c’è – sfumato in lontananza sullo sfondo ad onde, diventa contrappunto
lirico della rappresentazione. Rizzo pratica un dinamismo alla Balla, meno
dirompente ed esplosivo rispetto ad altri, prediligendo in genere un maggiore
rigore geometrico nell’impaginazione, una più densa campitura cromatica, una
sorta di straniamento statico che allontana da sé le immagini per farne un puro
oggetto pittorico, quasi una tecnica fotografica, da immobilità di camera da
posa. E particolarmente significativa a riguardo è la grande nuova scenografica
tela de La mattanza , evento tipico della vita del Sud, emblematico
dell’eterna lotta per la sopravvivenza, un’ora della verità caratterizzata da
scene drammatiche, con cui Rizzo, uomo pacifico, alieno dalla violenza, si
scontra puntando più che sulla crudezza della scena o sulla dinamicità dei corpi
o sulla tensione e lo sforzo della lotta, sulle figure dei pescatori,
sull’intensità dei loro volti, stilizzati, delineati con sintesi
espressionistica».
«Vittorio Corona, “un grande
pittore futurista capace di fare quello che vuole” come lo definì Marinetti in
un’intervista rilasciata a Brancati nel 1928, di cui nel 2001 è ricorso il
centenario della nascita, ha pure un suo particolare modo di interpretare il
Futurismo guardando soprattutto a Boccioni e a certa Metafisica di Carrà e di De
Chirico: a Corona interessa la cinesi, il dinamismo in atto, sin dai suoi primi
esercizi, anteriore agli anni ’20, sul treno o sull’aereo, che ne fanno uno
degli antesignani dell’aero-pittura, esercizi presenti anche in alcuni degli
acquerelli e tempere venuti alla luce. (
) Alcune icone risultano più efficaci
nella resa, altre più piatte e incerte nel segno, ma tutte rivelano l’intenso
studio e il momento di passaggio dell’arte di Corona da un’inevitabile
imitazione di elementi ormai canonici del futurismo classico ad un futurismo più
personale, quale si affermerà nelle grandi tele degli anni 1924-1927 (Onda
marina + sirena del mare, La caduta delle stelle, Armature
d’amore, etc.). Altre immagini anteriori rimandano ad una simpatetica
attrazione finora non emersa nelle sue opere più note, per la metafisica di
Carrà e De Chirico, coeva a quella per i maestri classici del Futurismo,
Boccioni e Balla. Le sagome dei manichini-atleti e la violenza cromatica
(giallo, verde, rosso, nero) che inonda e spezzetta i corpi rivestendoli quasi
di tute arlecchinesche, che li fanno vibrare, dando contemporaneamente fuoco e
ritmo allo spazio circostante, eccitano con le loro note apparentemente
dissonanti la captazione visiva sulla planimetria d’insieme, solo a poco a poco
facendo padroneggiare l’immagine nei suoi particolari e consentendo di leggerla
dettagliatamente. (
) Dominano quadrati, triangoli appuntiti, trapezi riempiti
di una fantasmagoria cromatica, che crea oscillazioni e vibrazioni luminose e
dinamiche sulla superficie pittorica, un’alchimia di colori che nelle immagini
più riuscite, Corsa ad ostacoli, Corridore, Discobolo,
Bugatti , allertano i sensi e sorprendono per l’intensa carica di
fisicità che emanano. (
) Altro topos che ritorna in queste carte svelate è
quello della macchina, sia nella sua versione già documentatissima dell’aereo,
sia in alcune particolarissime icone che fanno riferimento alla realtà
industriale isolana come la macchina spremi-agrumi e la macchina tessitrice. A
Corona non interessa qui tanto la raffigurazione del movimento del motore,
quanto la fascinazione dell’oggetto-macchina nella varietà e complessità dei
suoi ingranaggi, statico in sé, ma sollecitante strumento di suggestioni
pittoriche».
«Varvaro, di cui finora assai poco
si conosceva di futurista, con le sei tele ritrovate appare più attento alle
esperienze avanguardistiche e consolida una sempre più scoperta inclinazione
all’onirico e al surreale, pur sullo sfondo di una tematica metropolitana. (
)
Varvaro da buon sognatore optò per un surrealismo favolistico e naïf: delicato e
sognante, il suo olio in cui il mare si distende ondeggiante con la vela
solitaria sotto la luna e sotto un bel cielo blu (Solitudine tra cielo e
terra), simili anche in Vita campestre, ne Gli amanti, e
in Emozioni musicali, tenere e surreali, pur attraverso il filtro di
una gioconda ironia, le figure dei ciclisti in miniatura nell’ampio spazio
urbano di una piazza cittadina, assai simile a quella nota di Città +
riflettori del 1928. (
) Un’altra di queste tele riscoperte, Emozioni
musicali – La casa balla , è un delizioso scoppiettio di immaginario:
un’atmosfera musicale sprizzante ritmo e movimento, con suggestivi effetti di
surrealtà simbolica, coinvolge e mette in moto sensibilità, stati d’animo,
reazioni fisiche, che agitano persino le strutture edilizie, una casa, un cubo
trasparente dentro cui un uomo balla alle sollecitazioni della musica».
«Aeropittore della seconda
stagione, quella dei tempi del Manifesto della aeropittura futurista
del 1931, che forse egli stesso avrebbe sottoscritto con Marinetti e con gli
altri, se fosse stato a Roma, D’Anna realizza alcune delle prove migliori di
tutta l’aeropittura, caratterizzandole con la forza del suo cromatismo tutto
mediterraneo. È pittore prolifico, attento soprattutto alle cromie calde e
solari con una forte preponderanza di gialli, rossi e arancioni, lucidamente e
solidamente campiti in un’impaginazione sicura, sagomata delle icone, in cui,
accanto agli elementi aeropittorici noti, che ne fanno uno dei più significativi
aeropittori di tutto il movimento, un aeropittore che guarda soprattutto al
fascino dell’oggetto-aereo, si consolida la suggestione sensuale, ma talvolta
anche ironica, del fascino femminile, delineato con grazia erotica e lirismo,
inquadrato in un altrettanto delicato paesaggio fatto di casette e colline verdi
naïf , con efficaci scelte tonali e con qualche piacevole ammiccamento
a Fillia, ma anche agli esempi della migliore cartellonistica pubblicitaria
coeva, interpretata in chiave pittorica.
Da segnalare di D’Anna tra i nuovi ritrovamenti una versione di Luci sullo
stretto diversa a quella nota del 1931, Luci d’artificio sullo stretto
, molto più sicura questa recente e più solidamente futurista nella forza
geometrica del gioco delle linee, che attraversano la tela dipartendosi dal faro
e resecandola con fasci di luce che tagliano e riempiono lo spazio marino:
certamente una delle sue più riuscite prove futuriste».
(A. M. Ruta, Svelamenti, Inediti siciliani dal Divisionismo al Futurismo,
catalogo della mostra, Palermo 2002)
La mostra è accompagnata da un
prezioso catalogo, con un saggio e una puntuale schedatura delle opere a cura di
Anna Maria Ruta, già attenta studiosa del movimento futurista (è
autrice di vari testi sull’argomento: Il Futurismo in Sicilia, Fughe e
ritorni – Presenze futuriste in Sicilia ; nel 1998 ha curato per il Comune
di Palermo, ai Cantieri Culturali della Zisa, una mostra di tutto il Futurismo
siciliano, con una sezione dedicata a Benedetta Marinetti, la prima in Italia,
allestita nel Palazzo delle Poste, per cui la moglie di Marinetti aveva dipinto
nel 1934 cinque grandi pannelli sul tema delle comunicazioni).
Il catalogo della mostra è
sicuramente un indispensabile strumento di studio per ricercatori, appassionati,
collezionisti della celebre Avanguardia italiana del XX secolo. Non può mancare
il nostro plauso anche alla Galleria Diomedea Arte di Palermo che ha
sponsorizzato generosamente l'elegante volume.
a cura di Cesare Biasini Selvaggi