La seduzione della materia
Scultori italiani da Madardo
Rosso alle generazioni recenti
Spazio Oberdan, Milano
Palazzo Isimbardi, Milano
23 Marzo - 12 Maggio 2002
Tema della rassegna – che è già
stata ospitata nei più importanti musei giapponesi (Yokohama, Kagoshima, Mito,
Sapporo, Matsue) per iniziativa del nostro Ministero degli Affari Esteri e dalla
Fondazione Italia in Giappone 2001 – è la centralità della materia nella ricerca
plastica del XX secolo, dei suoi significati e della sua capacità di
coinvolgimento attraverso una selezione di opere scelte nei momenti di maggiore
incidenza storica provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private,
fondazioni e archivi degli artisti stessi.
Il percorso espositivo muove
dall’inizio del Novecento (da Medardo Rosso, Adolfo Wildt, Duilio Cambellotti, a
Giacomo Balla e Umberto Boccioni); prosegue negli anni tra le due guerre,
documentando sia le diverse interpretazioni della tradizione classica (Arturo
Martini, Marino Marini, Francesco Messina e altri artisti) sia le ricerche
espressioniste di Giacomo Manzù, Luigi Broggini e della Scuola Romana (da Mirko
Basaldella a Pericle Fazzini a Antonietta Raphael Mafai e Leoncillo).
Tra le sculture esposte figurano
alcune rare testimonianze del periodo futurista, come Forme uniche della
continuità nello spazio di Umberto Boccioni. Ne parlò con esaltazione
Roberto Longhi nel 1944: “Mai si era giunti ad un’imitazione più alta ed
imperativa della visione puramente plastica. Sintesi di articolazione – fissata
nell’Espansione spiralica – sintesi carnosa – nei Muscoli in velocità – si
uniscono qui in un solo corpo, di costruzione perfetta. Le qualità freddamente
enumerate nell’analisi del dinamismo si intrecciano fra loro inesprimibilmente”.
Lo stesso Boccioni considerava quest’opera come il suo lavoro “più liberato”.
Effettivamente l’artista è riuscito in quest’opera a dare la sintesi più coesa e
balzante del suo sistema costruttivo a linee spiraliche intrecciate a segmenti.
Le fusioni di questa opera eseguite nelle varie epoche sono sei o sette.
Altra scultura paradigmatica
dell’Avanguardia futurista in mostra è opera di Giacomo Balla, Linee-forza
del pugno di Boccioni (1915-1956). Quest’opera ha un’importanza storica
senza pari perché rappresenta la sintesi estrema della concezione delle forme di
Balla e di tutto il movimento futurista. Essa assurge, infatti, a emblema del
Futurismo sulla carta intestata del gruppo; viene pubblicata su “Italia
futurista” in occasione della morte di Boccioni nel 1916; è presente sul
manifesto della mostra futurista alla Galleria Reinhardt di Parigi nel 1921. In
quegli anni il “pugno argomento” entra a far parte degli idoli futuristi insieme
all’eroismo, alla guerra, allo sport, alla velocità. Balla stesso definisce il
pugno come “base fondamentale delle mie forme pensiero” mentre Boccioni è il
grande artista del movimento, allievo a Roma di Balla, al quale aveva scritto
l’anno stesso della sua morte nel 1916: “Carissimo e grande amico! I tuoi quadri
mi hanno entusiasmato! Sei grande! Sei sopra una linea sempre più alta! Bravo!
Tu sei capace di qualsiasi prodigio di genio e volontà!”. Dell’opera ci sono un
cartone e diversi studi più un acquerello, mentre l’originale, fatto di cartone
e legno (da cui sono state tratte una decina di copie in lamiera di ottone) è
conservato nella collezione Winston nel Michigan ed è l’unica scultura autografa
rimastaci di Balla (a parte i fiori futuristi del 1920-30, in legno colorato ad
incastro, più simili ad oggetti di design e d’arredo che a vere e proprie
sculture).
Linee-forza del pugno di
Boccioni mima l’impatto del pugno di un uomo in corsa (Boccioni stesso)
riducendo graficamente lo slancio nella sua traiettoria nello spazio. È un
simbolo dell’irruenza e della prorompente energia che Balla ha sempre cercato di
riversare nel quotidiano, se si pensa che questo coinvolgimento emotivo delle
forme e dei colori lo aveva adattato totalmente all’arredamento della sua
abitazione e lo aveva sperimentato in studi e realizzazioni di vestiti,
cravatte, maglioni, vasi di fiori, buste per dischi, cornici. Una ricerca di
sintesi plastiche e dinamiche che lo ha visto impegnato anche in ambito
teatrale, musicale e cinematografico, come nella realizzazione delle scenografie
per i balletti di Diaghilev sulla musica di Feu d’artifice di
Stravinskij (1916) e nel film Vita futurista (1917). Nel 1921 apre al
pubblico, la domenica, la sua casa futurista, uno spazio abitabile che incarnava
le sue teorie sul colore, le forme, la luce, l’arte, il mondo. (dal catalogo
della mostra, Milano, 2002)
Altri due capolavori della scultura
del XX secolo sono a firma di Arturo Martini (Nena, proveniente dalle
raccolte della Presidenza della Repubblica) e di Marino Marini (Gentiluomo a
cavallo , di proprietà della Camera dei Deputati).
Il primo Astrattismo è documentato
da Lucio Fontana e da Fausto Melotti con la Scultura n. 21 del Civico
Museo d’Arte Contemporanea di Milano e, nel secondo Dopoguerra, da Umberto
Mastroianni, Lorenzo Guerrini, Alberto Viani, Pietro Consagra, Andrea Cascella,
Umberto Milani, Edgardo Mannucci, Arnaldo Pomodoro, Francesco Somaini, Ettore
Colla, Giuseppe Uncini. Una nuova coscienza civile trova esiti figurativi nelle
opere di Agenore Fabbri e di Luciano Minguzzi.
Per gli anni Sessanta e Settanta
sono presenti le opere ambientali di Mario Ceroli, Eliseo Mattiacci, Pino
Pascali di cui si propone lo spettacolare allestimento di 9 mq di
pozzanghere della Pinacoteca Provinciale di Bari, opera recentemente
restaurata, e quelle di Giuseppe Spagnulo.
La mostra prosegue con i lavori
degli artisti legati all’esperienza dell’Arte Povera (Michelangelo Pistoletto,
Giuseppe Penone, Gilberto Zorio) e con le opere di Giuliano Vangi, di Alik
Cavaliere, di Luigi Mainolfi e di Roberto Gnozzi, che documentano il recupero
concettuale e materico della scultura.
Le generazioni recenti sono
rappresentate da Nunzio, Giacinto Cerone, Sergio Ragalzi, Claudio Palmieri,
Lucilla Catania, Maria Dompè, artisti che hanno colto, pur nella novità delle
soluzioni proposte, la persistenza della forma e della materia, ovvero i
fondamenti espressivi della scultura.
La sezione di mostra ospitata nel
chiostro di Palazzo Isimbardi è dedicata ad una scelta di scultura en plein air,
realizzate a partire dagli anni Cinquanta da artisti quali Milani, Guerrini,
Somaini, Consagra, Cascella, Mannucci, Pomodoro, Viani, Uncini, Spagnulo, fino a
Alik Cavaliere con il suo grande Albero rovesciato del 1970 .
a cura di Cesare Biasini Selvaggi
Spazio Oberdan
Viale Vittorio Veneto, 2
Milano
Orario: 10-19.30, martedì e giovedì fino alle 22.00
chiuso il lunedì
Ingresso: intero € 6.20 / ridotto € 4.10 - 3.10
Palazzo Isimbardi
Corso Monforte, 35
Milano
Orario: 10.00-13.00 / 14.00-18.30 da martedì a domenica
chiuso il lunedì.
Ingresso: libero
Ufficio stampa:
Provincia di Milano
Tel. 0277406358/63598/2217
Informazioni al pubblico:
Spazio Oberdan
Catalogo edito da Silvana Editoriale,
Milano - tel.: 0261836330, fax: 0261836392, prezzo: € 36.00
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