Giacomo Balla: futurismo in scena. Con questo titolo si apre
la Museo Teatrale alla Scala una mostra dedicata all’attività scenografica del
geniale artista, che vede esposta una corposa rassegna di suoi bozzetti per il
teatro.
Le opere, di alto valore pittorico, appartengono alla
raccolta del Museo Teatrale alla Scala, a cui sono state donate nel 1978 da Luce
ed Elica Balla, figlie dell’artista.
La mostra è stata curata con competenza e passione da Ada
Masoero, che firma anche uno dei tre saggi in catalogo, nel quale sono state
riprodotte a colori tutte le opere esposte.
Nel suo testo dal titolo Balla: luci, forme, suoni, colori,
la Masoero, ricostruisce l’affascinante "avventura" teatrale di Balla partendo
dai progetti, spesso su carta di recupero, e da alcuni bozzetti, lucenti per i
colori vivi e le carte argentate, elaborati per il balletto Feu d’artifice
di Stravinskij, messo in scena il 12 aprile 1917 al Teatro Costanzi di Roma.
La portata rivoluzionaria dell’invenzione scenica di Balla è
stata ben descritta da Margherita Sarfatti: "Appariranno sul palcoscenico, non
scenari dipinti né persone, ma niente altro che forme. Costruzioni in legno e
stoffa, a punta, a cono rovesciato, mostruosità geometriche, mezzo sferiche
mezzo cilindriche, come le creature mitiche della favola, metà umani e metà
bestiali; organate secondo un’architettura alogica e, nel senso proprio della
parola, eccentrica, proietteranno sulla scena ombre e luci asimmetriche, in
rispondenza con gli accordi enarmonici di Stravinskij (...). Continui giochi di
luce e sbattimenti d’ombre variate, raggi colorati e riflettori elettrici
potentissimi, imprimeranno espressione di mutevole dinamica alla statica
dell’apparecchio scenico. Il singolare spettacolo dura non più di cinque minuti
ed è composto esclusivamente dalle vibrazioni dell’etere, onde luminose e onde
acustiche, concorrenti attraverso l’occhio e l’orecchio a determinare nel
riguardante la suggestione magnetica di stati di sensibilità ora lieti ora
tristi, ora di agitazione, ora di riposo."
In mostra si possono ammirare tre bozzetti a colori di Feu
d’artifice su carta, due ad olio, uno a tempera (fig. 1 e 2). Uno illustra
la scena nella sua interezza, gli altri due zoomano sui dettagli di quelle
"mostruosità geometriche, mezzo sferiche mezzo cilindriche" che tanto avevano
colpito Margherita Sarfatti. Tutte queste invenzioni di Balla sono supportate da
un rigoroso lavoro di progettazione, come si può facilmente apprendere da un
corpus di schizzi a matita presenti in mostra. Le preziose indicazioni del genio
futurista hanno, così, permesso ad un artista contemporaneo, Elio Marchegiani,
assistito sapientemente dal Professor Maurizio Fagiolo dell’Arco, di ricostruire
un modello in scala della scenografia di Feu d’artifice.
Come ricorda la Masoero nel suo saggio, Feu d’artifice
fu l’unica scenografia di Balla ad essere realizzata, ma non l’unica progettata
dal vulcanico artista. Verso il 1914 "aveva abbozzato scena e costumi per una sintesi teatrale intitolata Macchina tipografica, con testo, scena e
coreografia di sua invenzione." Di questo lavoro restano il bozzetto della
scena, sulla quale sono riportati a caratteri cubitali le lettere della parola
TIPOGRAFIA, uno schizzo della coreografia (fig. 4), il testo
dell’onomatopea rumoristica che avrebbe costituito la colonna sonora dello
spettacolo e il bozzetto di un costume (fig. 5).
Poco si conosce, invece, della sintesi scenica Inferno,
"della quale ci restano il bellissimo bozzetto di un personaggio avvolto da
simboliche fiamme, che pare uscire da una pastiche neomedievale, tracciato da
Balla sul verso di un foglio intestato Istituto Editoriale del Littorio, e due idee per la scena, in una delle quali Balla fonde le rigide
punte delle Compenetrazioni iridescenti con le lingue sinuose delle
fiamme."
In mostra sono presenti, poi, quattro dei sei bozzetti di Primavera o Mimica sinottica del 1915: quello della scena e i tre
relativi ai costumi della Donna Cielo (fig. 8), delle due Donne Valle e delle
Donne Albero (fig. 9). "Balla inventa per il balletto forme organiche, morbide e
sinuose, che sembrano da un lato concludere i cicli dei dipinti sulla prediletta
stagione primaverile avviati negli anni prefuturisti nella casa di via Paisiello,
dall’altro anticipare le ricerche sulle stagioni condotte a partire dal 1917,
accanto a quelle sulle Linee-forza di paesaggio."
Chiude la rassegna espositiva, una tela di piccole dimensioni
di Balla, ascrivibile alla metà degli anni Venti, raffigurante un bozzetto per
balletto futurista, riletto attraverso le influenze delle tendenze
dell’art déco.
Il secondo saggio presente in catalogo, intitolato Una
lettera per Ada Masoero, reca la firma di uno dei massimi studiosi
dell’opera di Giacomo Balla: il Professor Maurizio Fagiolo dell’Arco. A quest’ultimo
si devono numerosissime pubblicazioni, saggi, mostre che analizzano l’intero
arco della complessa e poliedrica attività artistica di Balla e il catalogo
generale dell’opera dell’artista, di prossima pubblicazione.
Nella sua lettera aperta alla curatrice della mostra, Fagiolo
dell’Arco ripercorre i suoi replicati incontri con la ribalta di Balla durante
tre decenni. "Tutto partì – ricorda Fagiolo – dal ritrovamento in casa Balla di
molti fogli e foglietti che erano sfuggiti al capillare censimento della mostra
curata nel 1963 da Enrico Crispolti nel Museo di Torino. Ovviamente, si era data
la precedenza all’esposizione delle scene colorate, l’intero e le vedute
parziali. In quei foglietti si potevano ritrovare, invece, tutte le fasi delle
progettazione (e oggi le rivedo emozionato): dallo schizzo germinale della scena
all’idea per le singole forme alla ribalta, dai progetti esecutivi per i
falegnami alla sequenza delle luci sulla scena."
Fagiolo prosegue raccontando l’affascinante e appassionata
avventura di Balla con il teatro, vicenda da lui illustrata esaustivamente in
occasione della mostra Sipario del 1997, presso il Castello di Rivoli,
insieme a Ida Gianelli.
Lo studioso, quindi, si avvia alla conclusione del suo
intervento in catalogo, illustrando le novità emerse dopo Sipario, come
un bozzetto di costume per Piedigrotta di Cangiullo progettato da Balla
per Léonide Massine nel 1915 e riapparso sul mercato londinese, presso la casa
d’asta Christie’s.
Fagiolo illustra, infine, alcune preziose anteprime sul tema:
un libro di Ida Gianelli, Feu d’artifice e i Balli Russi – Un’altra utopia di
Giacomo Balla, che ricostruirà l’intricata vicenda romana dei Balli Russi; e
una grande mostra, a cura del Teatro San Carlo di Napoli, dedicata ai rapporti
tra i Balli Russi di Sergej Diaghilev e l’Italia, evidenziandone i rapporti con
la città partenopea.
Ultimo saggio presente in catalogo, dedicato alla sfera
musicale, è a firma di Matteo Sartorio e s’intitola Igor Stravinskij: Feu d’artifice,
fantasia per orchestra op. 4.
Cesare Biasini Selvaggi
Museo Teatrale alla Scala
Via Filodrammatici, 2
20121 Milano
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e-mail: scala@energy.it
Catalogo edito dal museo teatrale
alla Scala, Milano