home page chi siamo collaborazioni museali curriculum mostre contattaci link
 
Esposizioni
IERI
Avvenimenti nazionali ed internazionali sul Futurismo e su altri temi correlati ampiamente documentati da comunicati stampa, testi critici ed immagini fotografiche.






 

ROBERTO MARIA BALDESSARRI
Composizione fascista
-Aeroritratto del Duce-
(1935)













 

FORTUNATO DEPERO
Sintesi Fascista
(1924)







 

A.GAURO AMBROSI
Aeroritratto di Benito Mussolini aviatore
(1938)












 

MARIO SIRONI
La vittoria alata dell'anno XVIII dell'era fascista
(1939)

 

 

L'arte per il Consenso

da Sironi a Depero



 

 

Museo Casa natale di Benito Mussolini

Comune di Predappio - Predappio

12 Aprile – 4 novembre 2001









Casa natale Benito Mussolini







L’arte, la cultura in genere, si sono spesso piegate, se non asservite, alle necessità dei regimi totalitari. Questo è accaduto a più latitudini, per le motivazioni più diverse, ma che sostanzialmente si possono ridurre alla necessità di "sopravvivenza" degli artisti e dei movimenti artistici, da una parte, ma anche da un’aperta “adesione” ideologica, dall’altra.

Il rapporto con gli artisti è sempre stato cercato, ma anche temuto, da parte dei regimi, proprio perché essi avevano l’estrema necessità del “consenso popolare” e, grazie agli artisti, all’immaginario collettivo che essi sapevano evocare, essi potevano delineare una cultura di massa che si nutrisse soprattutto di se stessa. In altre parole una cultura che servisse a creare l’impressione, verso l’esterno ma anche e soprattutto al suo interno, che “la vita nel paese fosse sana e che tutti i cittadini fossero onesti e patriottici”, come osservava uno studio di R. Tannenbaum. Sotto quest’aspetto l’Italia fascista superò persino la Russia stalinista.

Ma come si crea il consenso ad un regime totalitario? Quali gli strumenti?

In un’epoca nella quale non esisteva ancora la televisione i media privilegiati furono, da una parte, sia i manifesti murali che tappezzavano con insistenza le città, sia le opere degli artisti più celebrati e, dall’altra, la cosiddetta “rete delle riviste” ovvero un serie di pubblicazioni dirette a vari segmenti della popolazione, secondo l’età, la professione e la fascia sociale, che erano legate tra loro dal sottile filo della propaganda continua, all’inizio camuffata poi via via sempre più invadente, sino a divenire becera ed opprimente. In un secondo tempo a questi media se n’aggiunse un altro che divenne uno strumento formidabile per la diffusione “in tempo” reale dell’ideologia del regime: la radio. Tramite la radio, infatti, erano diffusi non solo i numerosissimi discorsi del duce, ma anche proclami, direttive comportamentali, pubblicità autarchiche (il famoso “acquistate prodotti italiani”), ma anche informazione, intrattenimenti e varietà, tutti invariabilmente controllati e manipolati dal regime.

 

Insomma, il rituale della “vita dinamica e fascista” grazie alla rete della propaganda, copriva tutto, conservava tutto, salvava tutto e liberava tutti dalla libertà, ottenendone, in cambio, il consenso.

Ma ottenere il consenso era un’arte. E fu appunto per questo che il regime chiamò a raccolta gli artisti che via via furono “normalizzati”, cioè inquadrati. E una volta che un artista o uno scrittore si fosse inserito nell’appropriata istituzione fascista, era relativamente libero di produrre ciò che voleva. In questo senso il regime fascista si distinse per una politica di tolleranza, e dunque il suo impegno per un totalitarismo culturale e intellettuale fu soprattutto organizzativo.

Ma quale arte serviva al regime per creare il consenso?

Nel 1926, Mussolini, in un discorso pronunciato all’Accademia di Perugia, affermò, in maniera del tutto contraddittoria, che l’arte dell’Italia fascista doveva essere «tradizionalista e moderna». Si trattava di un’antinomia di termini che vedeva la sua origine in una questione allora ancora irrisolta: ovvero se accettare le proposte di rinnovamento dei futuristi, oppure se rivolgersi verso una rivalutazione della cultura neoclassica, ed in particolare del monumentalismo della Roma Imperiale, il cui fascino in termini d’immagine sollecitava non poco le mire di grandeur del regime. Fu, nel 1932, la Mostra della rivoluzione fascista, a sancire l’affermazione di una serie di valori e dei relativi stilemi: monumentalismo romano, lettering cubitale ed architettonico, effetti scenografici, colorismo rude e segno rozzo, ritenuto virile. Insomma l’affermazione del movimento antagonista del futurismo, e cioè il Novecento di Margherita Sarfatti, con le sue componenti di «coralità» socializzante, e del quale il principale cantore era Mario Sironi, già futurista della prima ora. Affermazione alla quale i futuristi risposero riproponendo l’Aeropittura e «lanciando» la Plastica Murale, che però si rivelò fin troppo «sperimentale», appunto troppo d’avanguardia per un gusto ormai già sempre più ingessato nel «cupo» stile dei novecentisti.

 

Museo Casa Natale di Mussolini
Predappio - Forlì e Cesena - (ingresso Piazza Garibaldi)
Tel.: 0543921222 / Tel.: 0543921738
e-mail:urp@comune.predappio.fo.it
http:www.comune.predappio.fo.it



Catalogo a cura di Massimo Cirulli e Maurizio Scudiero.
Per Informazioni: max.so@libero.it
Tel. 051580562


 

L'arte per il consenso

 

torna indietro