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Avvenimenti nazionali ed internazionali sul Futurismo e su altri temi correlati ampiamente documentati da comunicati stampa, testi critici ed immagini fotografiche.
 




LITTORIA - Sibò


Futurist & Co Art gallery, Roma

10 maggio - 30 settembre 2018



a cura di Giancarlo Carpi















Futurism Art Gallery








L'areopittura trasformativa di Pierluigi Bossi
Giancarlo Carpi

Benché di uno stile personale, a volte riconoscibile in quadri anteriori anche uno o due decenni, le espressioni della pittura futurista con visione dall’alto sono state caratterizzate da alcune categorie condivise. Nell’analizzare un pittore quasi interamente da riscoprire, come Pierluigi Bossi, la sua cifra e la categoria che lo rende parte del discorso aeropittorico sono entrambe spiccate. Parlando della seconda, il pittore assomiglia a altri come Osvaldo Peruzzi, e non, a esempio, Tato, Crali - fatta salva qualche eccezione - o Gerardo Dottori, per la rappresentazione semplificata dell’aeroplano, come una sagoma. Con quello di Peruzzi o a volte di Crali, inoltre, l’aeroplano di Bossi condivide il carattere “animato”, ponendosi, così, dentro un’altra categoria estetica dell’aeropittura (e del futurismo) che è quella della personificazione. Che è espressa nell’aeropittura o come analogia diretta tra parti del mezzo meccanico e parti del corpo umano - a esempio in Korompay - o come soggettificazione, causata dalla presenza di una sola parte dell’aeroplano stesso - come nelle eliche di Tullio Crali. O, come, appunto, evidenza della sovrapposizione della sagoma umana e della sagoma dell’aereo, diciamo così, orientata dal contesto o da piccoli particolari - a esempio la testa circolare nella posizione dell’elica in alcuni lavori di Peruzzi. Ecco che Bossi si è ritagliato una sua particolare modalità per far sembrare umane le sagome degli aeroplani vicina a quella di qualche Crali1: sfruttando lo stemma aeronautico come “occhio” dell’aeroplano stesso. O, e lo fa molto di frequente, rappresentandolo solo su una delle ali, cosicché, quel segno cattura l’attenzione spiccando su una superficie omogenea. L’aereo sembra “fare capolino” dalla sua ala. Mantenendo un’essenza di “macchina”, pare occhieggiare dalla sua natura metallica, e di oggetto. Per altro verso, mi pare che gli aeroplani sagomati di Bossi evochino anche vere e proprie “squadre”, perché prendono parte al tema ricorrente dei suoi quadri, l’edificazione della città nuova, di Littoria, di Sabaudia, di Aprilia. Ma allora, non saranno questi aeroplani vere e proprie “trasfigurazioni” di uomini a lavoro nella costruzione della città? Peraltro, nei quadri di Bossi, a volte parti dell’aereo, soprattutto le ali, appaiono come, o in strettissima analogia con, elementi delle architetture delle città. Si tratta, in questi casi, di un’altra riduzione a oggetto, come di uomini-aerei che non solo costruiscono ma diventano parte della città che stanno edificando. Quest’altra caratteristica riattiva tutta la tradizione futurista della compenetrazione tra uomo e ambiente, e più in particolare quella della teoresi architettonica, di una archittettura-organica - a partire dalle proposte di Enrico Prampolini negli anni Dieci. Una compenetrazione, però, a volte non del tutto pacifica, tanto che vorrei rispendere un termine dello stesso Bossi, “aberrazioni strutturali”4, che calza e non solo per certi particolari delle sue aeropitture ma varrebbe da chiave critica a ritroso per il rapporto uomo-oggetto nel Futurismo. Tornando alle squadre, come uomini a lavoro: questo per situarlo fuori da altre categorie come la Metafisica. È vero anche che, l’uso ricorrente delle scie tricolori, potrebbe far pensare a quella dimensione di festa, ottimistica, altrove spesso suggerita, nel Futurismo, dalla rappresentazione degli aeroplani. E certo Bossi ha fatto suo il motivo del tricolore come manifestazione di una gioia espressa dalle forme lineari a un livello di astrazione prossime a sovrapporle alle irrigazioni del territorio o alle sue arature. Lo specifico originale di Bossi, la forte suggestione di una dimensione lieta sì, ma contaminata dall’estraneità del nuovo, risuona per l’ancoraggio al dato localizzato di un’opera terrena, condivisa quasi da tutta l’umanità. Pensando a uomini trasfigurati, divenuti aeroplani, infatti, il passo è breve verso una dimensione non più terreste né del tutto aliena. Come si vede nella, davvero unica congiunzione in un sol quadro di terreni fertili e masse astrali6. Siamo vicini alla colonizzazione fantascientifica, quasi che quei mondi o quelle lune orbitassero intorno a una Neo-Terra. Su concetto di realtà futuribile, lo stesso artista si esprimeva in una intervista del 1992: «[il dato reale] Era alla base, certamente non era mai volutamente statico e in alcuni lavori non era neanche apparente. Guarda tutte le composizioni dedicate alle conquiste spaziali che io ed altri futuristi abbiamo fatto; in esse erano espresse delle situazioni e delle sensazioni che in quel momento sembravano favole ma la storia ci ha dato ragione, perchè dopo qualche decennio sarebbero divenute realtà»; «le figurazioni tridimensionali futuriste volevano esaltare il moderno, mettere in evidenza che era possibile fare ed arrivare a certe mete di sviluppo, si esprimevano, futuristicamente, concetti e cose appartenenti alla realtà.»; «uno deve guardare sempre davanti a se, a un futuro che domani si può realizzare».
Forse Forse Bossi semplificava per spirito di gruppo: è stato rilevato come, basate sulla realtà, le sue pitture cosmiche fossero diverse anche da quelle prampoliniane. Come mi sono trovato a verificare criticamente se si considerano l’edificazione delle città nuove e la trasformazione di un’intera area geografica come l’accadere del futuro nella realtà, e vi si collega poi il tema cosmico.
Si è partiti da un’opera concretissima e riconoscibile, la bonifica pontina, ecco perché, sono ancora differenti da rappresentazioni come il Dinamismo di mondi di Gerardo Dottori. Ecco, Dottori, un pittore che, come Bossi, ha avuto un soggetto reale e riconoscibile, il lago Trasimeno come motivo ispiratore e ricorrenza iconografica. Ma la dimensione di Dottori è diversa, contemplativa, non in divenire, per quanto possa darsi anche in lui un certo livello di trasfigurazione del reale.




Sul perturbante, a partire da un dattiloscritto inedito

Formalmente, i quadri e le opere su carta di Pierluigi Bossi hanno un “disordine orchestrato”, che può tenere insieme fughe prospettiche ben evidenti, passaggi da una prospettiva multipla a una prospettiva naturalistica, specie nelle parti che rapprFormalmente, i quadri e le opere su carta di Pierluigi Bossi hanno un “disordine orchestrato”, che può tenere insieme fughe prospettiche ben evidenti, passaggi da una prospettiva multipla a una prospettiva naturalistica, specie nelle parti che rappresentano il lago-mare di Sabaudia. Nel tardo e prezioso scritto a macchina intitolato “Il mio futurismo”, finora inedito, questa inclinazione è dichiarata più volte: 7) Nel deambulare le linee prospettiche si intersecano tra loro in una confusione geometrica causata dalle successive simultanee visioni 12) «Le visioni si sovrappongono e si compenetrano restando alcuni istanti attive nelle nostre retine anche dopo cessate» 13) «Si verificano pertanto aberrazioni strutturali dovute alle sensazioni ottiche in movimento» 15) «La visione globale risulta spesso la somma di infinite visioni simultanee interferenti tra loro». 16) «Va tenuto conto dell’effetto psicologico che l’ambiente storicamente assunto può influenzare l’elaborato» 17) «Non escludere una componente emozionale raggiungibile creando disagio nell’osservatore ad opera di voluti contrasti anomali ».
Se alcune di queste considerazioni ricordano evidentemente gli asserti del manifesto tecnico della pittura futurista8 e alcuni aspetti del manifesto dell’aeropittura (punto 7 e 12), che peraltro si ritrovano nella moltiplicazione della torre di Littoria, c’è però, a mio avviso, un’inclinazione personale per gli effetti visivi di distorsione e per le sue conseguenze psicologiche. Lo stesso pittore, nell’intervista del 1992, ne faceva cenno: «spesso inserisco o dispongo più elementi o creo squilibri nelle masse per stimolare conturbanze nel fruitore affinché la visione più viva e meno statica ».
Il punto è che Bossi ha applicato la poetica sintetica e contemplativa dell’aeropittura, già appagata di aver trovato una nuova prospettiva (dall’alto e in movimento) sull’oggetto - il paesaggio - a un oggetto terrestre “in divenire” come apparivano i lavori di trasformazione di una intera area geografica10. Per questo la visione dall’alto di Bossi è trasformativa, non contemplativa e lirica; una visione deformata ancorata al dato fattuale. E le stesse alterazioni ottiche del paesaggio sono servite non tanto a ridare formalmente l’esperienza umana del volo in aeroplano, quanto quella di un territorio in trasformazione, il suo enorme smottamento. Con una sovrapposizione logica tra lo sguardo dall’alto che deforma e il territorio dal basso che si deforma, e uno sdoppiamento dei soggetti. Si può bene immaginare la potenza sconcertante del cogliere - con lo sguardo allargato permesso dalla visione dall’alto - la trasformazione di un territorio vastissimo, una trasformazione di fatto sovrannaturale, ma operata dall’uomo. Significativo di ciò, è un piccolo lavoro a tecnica mista, Era il 1930, 1936, dove la scia a spirale deformante dell’aeroplano coincide con una depressione geografica, con una deformazione reale del territorio. Volendo trovare un polo opposto nell’aeropittura, ecco le visioni iconiche, con al centro il Colosseo, di Tato.
Questa “disarmonia”, o incoerenza, e lo dico anche confrontando altre aeropitture come quelle appunto di Dottori, o anche di Crali - dove le prospettive molteplici sugli elementi del paesaggio sono riassorbiti in unità plastica di paesaggio - è, per certi versi, molto futurista. Se il futurismo è anche senso della contraddizione e del caotico e, soprattutto, ingerenza del concetto sulla forma, per cogliere la contingenza. Questo disordine si spiega anche con il carattere narrativo di alcuni quadri, dove, perciò, è importante che gli elementi ci siano, che siano rappresentati, non tanto che si ano in armonia tra di loro. Anzi, questa loro importanza, l’importanza del loro esserci, risalta proprio nella loro indipendenza dalla regola formale. Ed ecco che così essi esprimono anche la gioia del semplice rappresentarli. A volte, il sole, a esempio, ingigantito. Si può forse parlare di una disposizione infantile, in questo incontrarsi discordante senza una regola di unità, e in questa predilezione dell’invenzione all’armonia formale? D’altra parte, Pierluigi Bossi è stato un notevole colorista, e un certo livello di unità nei suoi lavori è provocato proprio dalla ricerca di colori caldi, verdi, gialli, arancio, delle terra fertile, e dal maggiore valore strutturante dei colori rispetto alle forme. Il colore è unitivo in alcune aeropitture che fanno uso degli accorgimenti prospettici dell’aeropittura come la curvatura dell’orizzonte, e la sintesi plastica del territorio in una deformazione ottica - a mo’ di Tato - benché anche in questo quadro si legga un, quasi simbolico contrasto tra la zona di edificazione di Littoria, resa a linee e forme più geometriche, e la natura vergine del paesaggio in profondità.




La quadridimensionalità e lo sguardo dal futuro

Dalla terra in trasformazione, e dalla terra fertile, è giunto a fertilizzare l'universo. Nella sua particolare rilettura dell'Idealismo cosmico prampoliniano, incentrata, a partire dalla commessura tra organico e cosmico, sulla fertilità e fecondità della vita vegetale, delle sementi. Pure tramite un recupero del linguaggio divisionista di forme punteggiate, feconde, produttive.. Come in La conquista dello spazio, 1938, forse esposto alla BDalla terra in trasformazione, e dalla terra fertile, è giunto a fertilizzare l’universo. Nella sua particolare rilettura dell’Idealismo cosmico prampoliniano, incentrata, a partire dalla commessura tra organico e cosmico, sulla fertilità e fecondità della vita vegetale, delle sementi. Pure tramite un recupero del linguaggio divisionista di forme punteggiate, feconde, produttive. Come in La conquista dello spazio, 1938, forse esposto alla Biennale di Venezia quello stesso anno. La sovrapposizione immaginaria tra le stelle e le gemmazioni, in questo universo florido, è una originale sintesi del macrocosmo e del microcosmo. I bulbi/mondi dai quali dipartono delle curve organiche, di ascendenza prampoliniana, sono felicemente ambigui. Non rinuncia, il pittore, a inserire in questo contesto l’aeroplano - cioè l’uomo. Significativamente, è dallo stemma aeronautico che, come da un occhio, diparte un’altra spirale nelle stelle.
Si può ipotizzare un’influenza di Bossi su Prampolini, confrontando Dall’Agro al Cosmo, 1938, e Bonifica cosmica, 1939, per la circoscrizione del terreno arato come fosse parte della pompa di bonifica. Gli esiti però sono quasi opposti, laddove Prampolini sottolinea il risucchio della macchina come acqua e vuoto cosmico, Sibò vi inserisce un elemento apparentemente sentimentale come il promontorio del Circeo - risultando a prima vista di un sentimentalismo che sarebbe dei siciliani, D’Anna, Rizzo. Si tratta di un quadro che ha più senso leggere in modo non narrativo, come giustapposizione. O, come uno sguardo rammemorante - ma “estraneo”, gettato dal cosmo e dal futuro verso la nostra Terra. Voglio suggerire che, partendo da un’opera reale avveniristica, la bonifica pontina, sviluppandone il motivo nel tema cosmico, e mediando il concetto di relatività spazio-tempo dalla teoresi futurista, Bossi ha forse rappresentato realmente la simultaneità del futuro e del presente - che, come si sa, nel Futurismo nacque come nesso bergsoniano tra memoria e presente -: la realtà scientifica della relatività. Quello sguardo sarà dunque quello gettato dal nostro futuro comunicante con il nostro presente, da un’umanità evolutasi dalla realtà. Forse non abbiamo ancora conquistato le stelle ma senza dubbio se così interpretate alcune visioni cosmiche di Pierluigi Bossi hanno prefigurato a pieno titolo alcune espressioni a noi contemporanee, film come “Interstellar”.




Sibò: mio padre

La vita, con me, è stata molto generosa: mi ha fatto nascere figlia di Sibò.
Purtroppo ho acquisito la consapevolezza di questa fortuna solo dopo la sua morte, evento che ha segnato la mia esistenza più di quanto potessi immaginare. Quando il destino inesorabilmente ci separò , infatti, le emozioni furono egoisticamente e semplicemente stravolte dal dolore, mio e solo mio, per la perdita di un papà che, nonostante la cospicua differenza di età che ci separava, era sempre stato presente, con grande discrezione, nella mia La vita, con me, è stata molto generosa: mi ha fatto nascere figlia di Sibò. Purtroppo ho acquisito la consapevolezza di questa fortuna solo dopo la sua morte, evento che ha segnato la mia esistenza più di quanto potessi immaginare. Quando il destino inesorabilmente ci separò , infatti, le emozioni furono egoisticamente e semplicemente stravolte dal dolore, mio e solo mio, per la perdita di un papà che, nonostante la cospicua differenza di età che ci separava, era sempre stato presente, con grande discrezione, nella mia turbolenta e complicata vita riuscendo, vista la prematura scomparsa di mia madre quando avevo solo 19 anni, ad essere per me anche un riferimento materno ed accogliente.
Poi, piano piano, ho messo ordine in quelle emozioni cercando, nei limiti del possibile, di guardare a Sibò non solo come padre, ma come uomo, da un punto di vista che non fosse solo il mio, limitato dall'egoismo della rabbia che provavo per la sua perdita (che non riuscivo ad accettare, quasi fosse stato possibile nutrire la speranza che questa separazione potesse non avvenire a dispetto del ciclo della vita che invece la impone) ma fosse il più possibile al di sopra, oggettivo. Ho cercato di mettere ordine fra tutto il materiale che mi aveva lasciato in eredità (documenti, quadri, ritagli di giornale, la sua biografia scritta da un laureando in Storia dell'arte come tesi di laurea nel 1992, libri, manoscritti, colori, pennelli, appunti, fotografie…) ed ho conosciuto prima ed approfondito poi la sua vita, quando io ancora non c'ero, vita di cui papà non mi aveva mai parlato e di cui io, purtroppo, non gli avevo mai chiesto.
Ed ho scoperto un uomo meraviglioso, umile, ma coltissimo, soprattutto un artista a tutto tondo, o meglio un cultore dell'arte, che aveva vissuto una vita lunga “un secolo (o quasi), il secolo forse, per l'uomo, il più interessante di tanti trascorsi e l'ho percorso ad occhi aperti…”.
A quel punto ho sofferto, se possibile, ancora di più, per le cose non sapute o non apprezzate appieno quando lui era ancora in vita, i rimpianti per le cose non dette o non fatte nella illusoria certezza che, tanto, ci sarebbe stato ancora tempo.
È il tempo, che all'improvviso mi venne rubato dalla sua dipartita, che ho voluto ricreare in sua memoria, forse anche e soprattutto perché avevo, ed ho, bisogno di sentirlo ancora con me, nel momento in cui ho deciso di condividere, con tutti coloro che potessero apprezzare, questa memoria, questa storia, questa vita, questo percorso, che, obiettivamente, non erano, e mai avrebbero potuto essere, solo miei.
Perché le sue opere gli sopravvivono a testimonianza della sua immortalità.
È la sua immortalità che coltivo, attraverso la ricostruzione, peraltro non facile, della sua eredità di cui, dopo una “tappa” della mia vita che si è conclusa impetuosamente una decina di anni fa, sto ancora operando per rientrare in possesso.
Ma da papà, il grande Maestro Sibò, ho ereditato anche la tenacia e, spero!, l'intelligenza per proseguire in questa opera, attraverso la quale ho trovato anche la mia strada, il mio metro di paragone nella vita. Perseguire una grandezza pari alla sua, per me, è diventato “il sogno della vita”, ambizioso e stimolante, ma realizzabile. Si, realizzabile grazie all'essenza della mia natura e del mio essere, risultato dei “geni” e degli insegnamenti del mio papà, perché Sibò è stato un Futurista, nell'arte come nell'approccio alla vita ed al progresso.
Le sue opere possiedono la magia di tutte le emozioni che hanno rappresentato per lui e che oggi rappresentano per me. Possiedono l'energia della Storia e la forza del movimento. Il loro valore non riguarda solo l'autorevole firma, ma abbraccia le Storie ed i sentimenti della vita di Sibò e della mia vita.
Questi quadri rappresentano sì il movimento, ma soprattutto la vita. Quella vita che i futuristi sapevano vivere a testa alta con fierezza, guardando solo avanti, con la straordinaria capacità di rappresentare, attraverso l'arte, il vortice delle sensazioni e della ricerca del futuro. In una parola la vita stessa, la visione a colori europea e mondiale, il coraggio e l'orgoglio dell'uomo, l'infinito al di là di qualunque confine o limite dello spirito umano, la volontà sopra gli ostacoli, l'intelligenza contro qualunque barriera o pregiudizio.
Così io ho imparato a guardare sempre al futuro, ma ho respirato e per certi versi fatto miei i ricordi della vita di mio padre senza nostalgie. Il Futurismo per me si è tradotto in uno stile di vita che, attraverso le numerose testimonianze che ho ereditato da papà, posso toccare con mano. Libri, manoscritti, quadri (moltissimi quadri) che rappresentano la produzione artistica di una vita di Sibò. E poi quadri di altri autori, tra cui tre di Giacomo Balla, uno a doppia firma con Enrico Prampolini ed altri Amici con i quali papà scambiò dei lavori per suggellare il valore ed il senso di un'amicizia che allora aveva davvero un sapore profondo, diverso da quello delle amicizie dei nostri giorni e di cui ho il ricordo nei racconti di mio padre, quando capitava che si trovasse a riprendere in mano queste opere e la Storia tornava ad essere protagonista insieme alle emozioni di quella porzione di vita che ciascuna opera rappresentava per lui.
Io ricordo papà quando mi spiegava l'utilizzo dei colori per “dare vita alla carta” o quando mi raccontava degli amici futuristi, in particolare del creatore del Movimento Futurista Filippo Tommaso Marinetti, tutti uomini che hanno firmato il più grande impulso culturale dell'epoca moderna ed hanno posto la loro firma anche sulle vite dei loro figli, con l'insegnamento di una visione e di valori che oggi fanno davvero la differenza.
Questa è Storia, sentimento, arte, cultura: Vita.

Dott.ssa Simona Bossi
Dei Conti Bossi di Montonate
A modo mio un po' Sibò anch'io

Cenni di Vita del Maestro Sibò

1907 Pier Luigi Bossi, in arte Sibò, nasce a Milano il 16 Dicembre da Gian Guido Bossi ed Angela Maria Carcano, entrambi appartenenti alla borghesia milanese. 1914-1919 Pier Luigi frequenta le scuole elementari a Milano. 1919 La famiglia di Bossi si trasferisce in Toscana e precisamente sul Monte AmiataCenni di Vita del Maestro Sibò

1907 Pier Luigi Bossi, in arte Sibò, nasce a Milano il 16 Dicembre da Gian Guido Bossi ed Angela Maria Carcano, entrambi appartenenti alla borghesia milanese.

1914-1919 Pier Luigi frequenta le scuole elementari a Milano.

1919 La famiglia di Bossi si trasferisce in Toscana e precisamente sul Monte Amiata in un paese nella provincia di Siena: Abbadia San Salvatore, dove il padre lavora come condirettore alle miniere di mercurio. Sibò da questo anno al 1922 frequenta a Montepulciano le scuole tecniche (oggi scuole medie).

1923-1926 Frequenta l'Istituto Tecnico Tommaso Pendola a Siena. Contemporaneamente prende lezioni d'arte private da Dario Neri e pubbliche da Arturo Viligiardi frequentando “abusivamente” le sue lezioni presso l'Istituto di Belle Arti di Siena.

1927-1929 Esercita la libera professione di geometra per progettazioni e direzione di lavori per la Società “Monte Amiata” e per la Provincia di Siena.

1929-1930 Frequenta il Corso Allievi Ufficiali e il Servizio “Prima Massima” a Torino nei Ferrovieri del Genio. In questa città ha modo di avvicinarsi, senza prenderne direttamente parte, al gruppo dei futuristi torinesi.

1931-1934 È a San Casciano dei Bagni dove collabora alla stesura del progetto generale per la Bonifica della Val di Paglia, divenendone Capo Sezione. In questi anni comincia a disegnare progetti architettonici di stampo futurista e aeropitture consistenti in disegni a matita colorata su carta. È del 1932 il primo lavoro aerofuturista rappresentante la Bonifica della Valle del Paglia.

1934 Nel mese di marzo viene trasferito a Littoria come Capo Sezione del Comune. Stringe amicizia con il collega Dario Di Gese condividendo con lui l'entusiasmo per l'arte futurista.

1935 A Littoria progetta e sistema il giardino in Piazza del Littorio.

1936 Dal 3 al 10 maggio partecipa alla I Mostra di Arte Provinciale di Littoria tenutasi a Sabaudia con le seguenti opere: La grande bonifica (con Di Gese), Paesaggio italico, Sabaudia, Traslazione, Rustico, Frate francescano, Teatro lirico (con Di Gese), L'ombra della torre, Poesia del golfo, La battaglia dei campi. Conosce F.T. Marinetti che gli cambia il suo nome in Sibò e gli permette di frequentare la sua casa a Roma. Sempre in maggio si costituisce il Gruppo Futurista di Littoria di cui fanno parte Di Gese e Bossi, che viene presentato in una trasmissione radiofonica del 22 maggio da Benedetta. Nel settembre, insieme a Di Gese, Sibò esegue una pergamena in ricordo della Legione degli Italiani all'estero reduci dall'Africa Orientale Italiana, commissionata dagli ufficiali per offrirla al console Grillo. Realizzano poi l'opera: Nel Vortice della Gloria. Sintesi plastica dell'apoteosi di Giorgio De Blasi, donata il 16 ottobre dal Comune di Littoria a S.E. prof. Dante De Blasi, padre del pilota aereo deceduto presso Capo Portiere vicino a Littoria. Nell'ottobre-novembre a Roma partecipa, in coppia con Di Gese, con due bozzetti: La guerra in A.O. e L'Assedio economico, presso i Mercati Traianei, alla II Mostra di Plastica Murale, firmandone anche il Manifesto pubblicato nel catalogo della mostra. In dicembre ordina e organizza la Galleria di Arte Moderna di Littoria, inaugurata dal Capo del Governo il 18 aprile dello stesso mese.

1937 In febbraio allestisce, insieme a Di Gese, nei saloni dell'Albergo Littoria, tre pannelli polimaterici in occasione della festa organizzata dal Dopolavoro rionale “Gattuso”. I temi trattati sono: Marcia su Roma, nella Sala della Rivoluzione; La Bonifica della Palude Pontina, nella Sala della Bonifica; La conquista dell'Impero, nella Sala dell'Impero. In marzo partecipa al Congresso di poesia ed arti corporative che si tiene a Littoria. È firmatario del manifesto insieme a Benedetta, Brizzi, Buccafava, Carta, Tullio D'Albissola, Di Gese, Farfa, Pino Masnada, Prampolini, Luigi Scrivo, Sanzin, Ignazio Scurto, Tedeschi e Trecca. In maggio partecipa alla Mostra Nazionale delle Colonie Estive, a Roma, ed espone due pannelli polimaterici in coppia con Di Gese: La Bonifica; Forza, Luce, Aria; e un modellino della Colonia estiva di Torre Olevole. A novembre in occasione del XIX annuale della Vittoria il Comune di Littoria prepara una pergamena commemorativa per la quale Sibò cura decorazione ed esegue le miniature.

1938 In marzo allestisce la Mostra delle Massaie Rurali a Littoria nelle sale dell'Albergo Littoria. A maggio, insieme con Di Gese, fornisce alcune rappresentazioni grafiche per l'allestimento della Mostra della Produzione Pontina tenutasi a Littoria. Da maggio a settembre partecipa con il gruppo dei futuristi aeropittori d'Africa e Spagna alla XXI Esposizione Internazionale Biennale di Venezia con un'opera: La conquista dello spazio.

1941-1945 Partecipa alla guerra nei Ferrovieri del genio.




Sibò - Agropontino




Veduta aerea di Sabaudia
Veduta aerea di Sabaudia, 1939 ca.





Battaglia aerea su mare - lago
Battaglia aerea su mare - lago, 1936





Spirale sulla torre di Sabaudia
Spirale sulla torre di Sabaudia, 1937





Virata su Sabaudia
Virata su Sabaudia, 1936 ca.





Dalle paludi alle città, 1936-37
Dalle paludi alle città, 1936-37





In volo su Pontinia
In volo su Pontinia, 1936





Volo sulle torri di Littoria
Volo sulle torri di Littoria, 1936 ca.





Spirale tricolore su Sabaudia
Spirale tricolore su Sabaudia, 1936-37





Spirale tricolore su Littoria
Spirale tricolore su Littoria, 1936-37





L'ombra della torre
L'ombra della torre, 1936





Sorvolando Littoria
Sorvolando Littoria, 1937





Partenza della prima crociera atlantica di I. Balbo
Partenza della prima crociera atlantica di I. Balbo, 1936





Tramonto su Circeo
Tramonto su Circeo, 1936





Virata sulle torri comunali di Littoria
Virata sulle torri comunali di Littoria, 1937 ca.





Il grande bonificatore
Il grande bonificatore, 1936





Nascita di Aprilia
Nascita di Aprilia, 1937





Virata su Sabaudia
Virata su Sabaudia, 1937





Nascita di Littoria
Nascita di Littoria, 1936





Virata circolare
Virata circolare, 1936 ca.





Sibò - Dall'agropontino al cosmo







La conquista dello spazio biennale
La conquista dello spazio biennale, 1938





Aeropittura cosmica
Aeropittura cosmica, 1938






Voli notturni
Voli notturni, 1936







Vortici astrali, 1938
Vortici astrali, 1938








Dall'Agro al cosmo
Dall'Agro al cosmo, 1938







Interferenze astrali
Interferenze astrali, 1937




Prampolini, Di Bosso, Tato e Littoria







Bonifica cosmica
Bonifica cosmica, 1939








Piazza del Littorio
Piazza del Littorio, 1936








Sorvolando il mare lago di Sabaudia
Sorvolando il mare lago di Sabaudia, 1940















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